Gabriele Arruzzo celebra il decennale della sua prima personale a Milano con una mostra dal titolo Apocalisse con figure, per quest'occasione sarà pubblicato un catalogo con un saggio introduttivo di Alberto Zanchetta.
"Per quanto tempo sarà ancora possibile dipingere una crocifissione come atto politico? È il dilemma su cui si è arrovellato Gabriele Arruzzo mentre preparava questa sua nuova mostra personale, stretto nella morsa che vede contrapporsi il "mistero" dell'immagine e un empito iconoclasta di antichissima memoria (prima bizantino, poi calvinista, ora jihadista).
L'artista si è inoltre chiesto se esista una pittura che non sia una forma di religione per il pittore, vale a dire un'immacolata immaginazione che non ha valore religioso di per sé, ma in quanto verità assoluta per l'autore stesso. Arruzzo è così giunto a formulare un proprio sillogismo: se il Figlio di Dio si è fatto carne ed è stato possibile rappresentarlo, allora Egli stesso è Natura della rappresentazione, origine stessa dell'Opera come quadro crocefisso al muro.
Nei "quadri devozionali" di Arruzzo troviamo figure oranti che alludono all'insegnamento, alla devozione e al patimento. Lo stesso dicasi per le effigi stereotipate di alcuni pittori che stazionano davanti ai loro sacri rettangoli. Come i martiri, l'autore-testimone è anche la vittima designata dei patimenti e delle estasi che comporta l'ars picta, concepita dall'artista come una gabbia-superficie da cui non è possibile uscire. L'identità bidimensionale dell'immagine – antirealista proprio perché piatta – trova nei solidi platonici un aggravio: le geometrie prospettiche avverano uno spazio tridimensionale che però non consente di spingersi al di fuori dal quadro. Quella di Arruzzo è però una gabbia dorata, un'ideale di bellezza che sollecita i nostri desideri e piaceri.
Intrinsecamente promiscua, la pittura di Gabriele Arruzzo spazia da Holbein ai prontuari per la gioventù hitleriana, dai Preraffaelliti ai vecchi manuali di catechismo. Le sue opere possono essere paragonate a degli ipertesti in cui ci è data l'opportunità di assistere al frenetico stratificarsi di segni, simboli, significati. Filosofeggiando con i pennelli in mano, l'artista si sforza di combattere i regimi totalitari che avversano l'arte figurativa e le dittature imposte dalla stessa pittura. Resistendo e sopravvivendo a queste tirannie, i quadri si convertono in atti di fede, ossia in una visione personale. Questa "rivelazione di cose tenute nascoste" ha un nome preciso: Apocalisse (in questo caso è un'Apocalisse "cum figuris" che prende spunto dall'opera grafica di Albrecht Dürer). Arruzzo è infatti convinto del fatto che i pittori come i profeti siano destinatari di rivelazioni che li connaturano nel rango dei veggenti, di "coloro che vedono".
Accompagna la mostra un catalogo che è stato pensato alla maniera di un libro d'artista, ove il lettore potrà scoprire le variegate fonti iconografiche e comprendere il denso e complesso immaginario dell'artista."
Gabriele Arruzzo: Apocalisse con figure
catalogo con saggio di Alberto Zanchetta
Inaugurazione giovedì 24 settembre ore 18
25 settembre - 31 ottobre 2015
Galleria Giuseppe Pero Via Porro Lambertenghi, 3 20159 Milano
Da lunedi a venerdì dalle 14 alle 18.30, mattina e sabato su appuntamento
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