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lunedì 15 giugno 2015

Odio e Amore. Meno politica più figa?

Meno politica più figa?

























Non appoggio il capitalismo o il comunismo, ma il ‘Clitoridismo’ anche se in tutta sincerità vedo l’anarchia come soluzione finale”
John Fante

Ognuno di noi sopraffatto dalla frustrazione, deve migliorare o comunque cambiare quello che vede non scendendo in strada e facendo attività politica, bensì gettando uno sguardo profondo su altre possibilità e alternative fabbricate dalla sua testa”.
Philip K. Dick

No! Non disquisirò di politica, ma di arte e letteratura.
John Fante e Philip K. Dick sono due scrittori al quale ho dedicando diverso del mio tempo, due artisti del linguaggio che adoro perché anche loro in modo diverso erano assillati dall’idea della morte, ma chi non lo è? Suvvia! Siate onesti ognuno di noi in un modo nell’altro è ossessionato dalla morte, poi c’è chi riesce a nasconderlo e chi invece vi si cala dentro e tenta di esorcizzarla.
Gli artisti spesso per superare la paura della morte utilizzano la propria opera, e John Fante, il cui umore abituale raccontano andasse dall’incazzato al molto incazzato, cercava nell’amore per la scrittura, e la descrizione di piccoli gesti riflessi, di mostrarci gli effetti positivi che da questa nascono e si rivelano. Il suo metodo consisteva nello scolpire la scrittura alla ricerca di quelle particelle d’amore esistenti in ogni di noi che trovava e metteva in luce con riflettori empatici.






















Dal canto suo Philip K.Dick supera l’ossessione della morte studiando e analizzando a fondo la questione e innescando la sua fantastica capacità di controllare lucidamente la follia del pensiero come pochi sono riusciti e riescono a fare tutt’oggi. Secondo me lui era una sorta di Dante Alighieri dell’era moderna e non un semplice visionario come stupidamente ha scritto qualcuno al quale vorrei dire “magari ad averne di questi sognatori così lucidi”. Utilizzando la fantascienza un genere letterario considerato erroneamente minore Dick riesce a raccontare a tutto tondo la condizione della società contemporanea americana e a criticarla aspramente.
Mentre J. Fante cesella la sua scrittura come farebbe Pinturicchio con il suo pennello, Dick va giù di getto alla Pollock senza lasciarsi tentare da sperimentalismi linguistici e probabilmente anche da questo è dipeso il riconoscimento tardivo della sua opera. Elemento distintivo di entrambe gli scrittori quello del riconoscimento postumo accusati entrambe in vita di essere stati comunisti o simpatizzanti tali. 























Questo sicuramente non aiutò i due scrittori americani ad avere successo, ma il ritardo nella comprensione del talento di questi due magnifici scrittori fu dovuto per lo più all’incapacità della critica e non dei lettori appassionati che hanno ben presto capito la loro grandezza. Un destino che li accomuna a molti altri artisti incompresi poi rivalutati nel momento in cui una società di massa, quasi sempre, in ritardo rispetto al genio recupera il gap di svantaggio.
Pensate che Fante al terzo rifiuto per mano di un editore che aveva lodato - la sua meravigliosa scrittura - ma non aveva gradito secondo una personale sensazione - l’effetto noioso della ripetitività - aveva deciso di bruciare il manoscritto non appena glielo avessero restituito. Grazie a dio il tempo intercorso prima che questi tornasse indietro fece stemperare la sua notoria furia e “La strada per Los Angeles” pubblicato postumo divenne uno dei libri più importanti della letteratura americana tanto che qualcuno lo paragona addirittura a “The catcher in the rye” di J.D. Salinger.

Quando leggo il mio caro John ho come la sensazione che cerchi la propria e altrui salvezza nell’amore, ma non in quello di cui scrive nelle pagine dei suoi libri, ma in quello nascosto tra lo spazio bianco di una riga e l’altra delle sue storie e che riesce a trasmetterti ipnotica-mente, grazie alla sua singolare capacità di prosa dura e amorevole allo stesso tempo, emozioni allo stato solido che ti rimangono addosso come un vestito stretto.
Al contrario il mitico Philip cerca la salvezza attraverso la descrizione e la denuncia dell’odio di cui il genere umano è portatore. Grazie alla sua curiosità intellettuale, alla sua attenzione per il quotidiano in ogni suo aspetto sociale, alla sue conoscenze scientifiche, nonché alla sua straordinaria capacità speculativa riesce con estrema intelligenza a inventare storie impensabili con trame spiazzanti e incredibili traendo da ogni elemento che lo ispira riflessioni e indizi sufficienti per la costruzione di mondi originali, impensabili. Costruisce come piace dire a lui “Universi che cadono a pezzi”. Universi che conducono la mente di chi legge in mondi alternativi che danno origine a una serie di considerazioni, ragionamenti e meditazioni che come micro chip si installano nel pensiero aiutandoti a sopravvivere al caos che ti circonda.

L’amore e l’odio, presenti rispettivamente nei libri di John e Philip sono sentimenti che smuovono le coscienze umane e che non li pongono in antitesi ma li unisce. È stato infatti scoperto che l'amore e l'odio sono attivati dalle stesse aree e dai medesimi meccanismi biochimici che convivono nel cervello umano. Pare che gli scienziati studiando la natura fisica dell’odio abbiano riscontrato che alcuni dei circuiti nervosi del cervello responsabili per i sentimenti più negativi sono gli stessi di quelli che attivano il sentimento dell’amore.
Del resto doveva averlo capito anche Catullo con la sua celebre poesie che dice: «Odi et amo». E anche grazie a loro e molti altri scrittori io continuerò a vivere, si! io vivrò.



Pubblicato sul sito di “Artribune” il 18 maggio 2013


In foto:
Una mia opera di fotocomposizione dei ritratti di Philip Kindred Dick e John Fante.
Una mia opera di fotocomposizione dei ritratti di Dante Alighieri e Jerome David Salinger.
Una mia opera di fotocomposizione dei ritratti di Jackson Pollock e Bernardino di Betto Betti più noto come Pinturicchio.
Una mia opera di fotocomposizione dell’effige di Gaio Valerio Catullo.

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