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sabato 10 giugno 2017

GLI ORGANIZZATORI DI “VAN GOGH ALIVE - THE EXPERIENCE” ESTRANEI AI FATTI DI PALAZZO CORVAJA A TAORMINA



"La mostra multimediale autorizzata e ufficiale è a Bologna e resterà a Bologna"


Bologna, 10 giugno 2017. In relazione ai recenti articoli apparsi su alcuni organi di stampa, relativi alla mostra multimediale su Van Gogh programmata in giugno a Taormina e successivamente annullata, si precisa che questa nulla ha a che vedere con l'esposizione multimediale "Van Gogh Alive - The experience" i cui diritti sono della GRANDE Exhibitions, attualmente a Bologna fino al 30 luglio, salvo proroghe. 

"Van Gogh Alive - The Experience" (il cui titolo è stato ricalcato da terzi) è ad oggi organizzata in Italia dalla società di produzione Ninetynine ed è la mostra multimediale internazionale su Van Gogh più appezzata e vista al mondo, sia per la qualità immersiva delle immagini e del commento musicale, sia per l'avanzato sistema tecnologico ed espositivo utilizzato su grandi superfici. 

E' stata esposta con straordinario successo anche a Milano, Firenze, Torino, Roma e attualmente visitabile presso l'ex chiesa di S. Mattia a Bologna. 

Gli organizzatori perseguiranno ogni azione legale a tutela dei loro diritti per la divulgazione di informazioni errate e l'uso improprio di immagini che possano generare confusione tra "Van Gogh Alive - The Experience" e la mostra della Bicubo Srl o analoghe ulteriori iniziative promosse in futuro da terzi. 

La presente comunicazione viene fatta per dovere di rettifica di quanto impropriamente pubblicato, a difesa dei diritti e dell'immagine delle società GRANDE Exhibitions e Ninetynine Srl. 



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www.CorrieredelWeb.it

giovedì 8 giugno 2017

Gió Marconi @ Art Basel | Booth S20 | 15.06. - 18.06.2017

 
  
 
Art | Basel 2017
Booth S20
June 15 - 18, 2017

Kerstin BRÄTSCH
Alex DA CORTE
Nathalie DJURBERG & Hans BERG
GüntherFÖRG
Allison KATZ
Oliver OSBORNE
Markus SCHINWALD
Fredrik VÆRSLEV

Art | Basel
Messeplatz 10
4005 Basel
Switzerland

Art Basel | Parcours
June 12 - 18, 2017


Nathalie DJURBERG & Hans BERG
Who am I to Judge, or, It Must be Something Delicious

Born 1978 in Lysekil and Rättvik, Sweden
The artists live and work in Berlin, Germany
Mixing animation, sculpture, and sound, Nathalie Djurberg & Hans Berg create psychologically charged scenarios dealing with human and animalistic desires. The artists’ interdisciplinary collaborations increasingly blur the cinematic, sculptural, and performative in immersive environments that pair moving images and musical compositions with related set pieces or built objects.
Who am I to Judge, or, It Must be Something Delicious looks at human nature’s capricious and erotic inclinations, capturing those moments when one succumbs to carnal pleasure without thought for morality or social standards. Working collaboratively, Nathalie Djurberg’s claymation vignettes are
overlaid with soundtracks produced by Hans Berg, with both sonic and visual elements being edited and combined to create one pulsating environment, complemented by a sculptural installation.

Giò Marconi | S20; Lisson Gallery | B8


Gymnasium am Münsterplatz
Münsterplatz 13
4051 Basel
Switzerland



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GiòMARCONI
Via Tadino, 20
20124 Milano
t. +39 02 29404373
f. +39 02 29405573
info@giomarconi.com


giovedì 1 giugno 2017

Photo Trouvè 1860/1940. Quando i fotografi erano rari

Photo Trouvè 1860/1940
Quando i fotografi erano rari
a cura di Stefano Esposito
Da una ricerca di Simone Schiavetta

8, 9, 10 giugno 2017 ore 12.00 – 19.00
Rilievi Contemporary Art
Via della Reginella 1a, Roma
Ingresso gratuito

8, 9, 10 giugno 2017 ore 12.00 – 19.00 | Rilievi Contemporary Art, Roma

Dall’otto al dieci giugno, per soli tre giorni presso la galleria Rilievi Contemporary Art in via della Reginella 1a a Roma, saranno presentate al pubblico oltre cinquanta photo trouvè, un racconto per immagini lungo ottant’anni che mostra i cambiamenti sociali, urbanistici e culturali della Città Eterna; e come si sia evoluto l’uso del mezzo fotografico dal 1860 alle soglie della Seconda Guerra Mondiale. L’esposizione, a cura di Stefano Esposito da una ricerca di Simone Schiavetta, è composta principalmente da scatti anonimi, con l’aggiunta di due grandi stampe di Tommaso Cuccioni, all’inizio incisore e commerciante, poi divenuto uno dei più celebri fotografi attivi a Roma nell’Ottocento.

Destinazione del Grand Tour, affollata da artisti e vedutisti intenti a immortalarne gli angoli più suggestivi e monumentali, con l’avvento della fotografia l’Urbe ospita numerosi autori, molti stranieri, passando da una fase puramente artigianale, da bottega a direzione familiare, verso una vera e propria organizzazione semi industriale; ma è attraversata soprattutto da non professionisti e caratterizzata da una produzione amatoriale di grande qualità. Sono i luoghi delle antiche rovine a essere prediletti, le vestigia della classicità; ancora ville piazze e giardini, basiliche e architetture moderne; fino al gusto per l’antiretorico e il quotidiano.
La mostra testimonia questa evoluzione: i ponti di Roma, la Fontana di Trevi, l’Arco di Tito, i Fori e l’Isola Tiberina lasciano il passo a ville e dimore fuori porta, allo zoo e a scorci nascosti e meno convenzionali; e ai ricevimenti di principi e papi vengono accostati i mestieri più umili fino a giungere nelle campagne durante il tempo della mietitura.

Photo Trouvè 1860/1940 è organizzata in distinte sezioni: si parte dalle tipiche vedute “da cartolina”, dagli indirizzi e siti storici. I lavori di ammodernamento di vie e interi quartieri fino agli sventramenti del Ventennio testimoniano come la città si sia trasformata proprio in quel periodo per acquisire, almeno nelle sue zone centrali, l’aspetto che ancora oggi conosciamo. La campagna è rappresentata da osterie, vita contadina, e ruderi che se un tempo sorgevano nel vuoto, nel 2017 sono inglobati nel tessuto urbano. Gli animali costituiscono un blocco a parte. Infine gli avvenimenti memorabili (dal cinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia ai festeggiamenti della fine della Prima Guerra Mondiale all’incoronazione di Benedetto XV) si fronteggiano con la quotidianità dei tragitti in tram, i galleggianti sul Tevere, le tante attività per portare a casa del cibo. Albumine e poi stampe salate: quando i fotografi erano rari ogni scatto aveva un valore.   


Info:
Contatti: espositostefano59@gmail.com



venerdì 26 maggio 2017

Non insegno tout court

Ho Esistito?






























Io non insegno l'arte tout court, io insegno (porto nelle strade) la mia arte. Nel senso che promuovo e porto l'arte contemporanea in strada, anche a tutta quella gente che neanche ne sospetta l'esistenza, è solo un inizio, un tentativo totalmente privo di pretese, di qualsiasi genere di pretesa se non quella di tentare di esistere, di esistere io, ma che forse ha indicato anche a qualcun'altro che pure lui può esistere. Vi dico questo perché se accade che più di una persona ti racconta che scoprendo il tuo lavoro di street art sono cresciute con un nuovo punto interrogativo nella mente che, addirittura in alcuni casi come sostengono, gli ha cambiata la vita (qualcuno esagerando ha detto gli ha salvato la vita), o si sono messi tutti d'accordo per prenderti per culo, oppure incominci a pensare che qualcosa di vero debba pur esserci e non puoi che esserne contento, felice che un piccolo parziale obbiettivo forse lo hai raggiunto. Se non altro HO ESISTITO, e non ho insegnato la strada per farcela a nessuno, ma ho semplicemente segnalato che ce la si può fare, ognuno troverà poi il modo più adatto per farlo. La mia opera probabilmente è solo un esortazione che tenta di svegliare quelle coscienze assopite e che cercano intorno a loro qualche informazione per trovare nuova forza dentro se stessi, ed in alcuni casi quella informazione sono stato io, e che altro dire se non che mi ha fatto piacere di essere stato utile per qualcuno? Tutto il resto sono solo chiacchiere.
Questa qui sopra la mia risposta ad un provocatorio commento su di un mio post di facebook dove segnalavo la mia intervista di Claudia Colasanti uscita su Il FATTO QUOTIDIANO il 12 maggio 2017 che potrete leggere se avete piacere a link che qui riporto qui:  
https://www.pressreader.com/italy/il-fatto-quotidiano/20170512/282132111364501






Oppure per gli amanti dell'originale qui sotto nella foto:




venerdì 12 maggio 2017

Ivano Tomat, Tracce e Sedimenti | mostra personale presso Rilievi Contemporary Art, Roma



Inaugura martedì 16 maggio, ore 18.30, presso la galleria Rilievi Contemporary Art, la mostra Tracce e Sedimenti di Ivano Tomat, che si snoda su due registri: quello del colore, con poche variazioni, prediligendo una gamma polverosa e smorzata; la contrapposizione tra pieno e vuoto, dentro e fuori, l’aggetto della materia o la sua corrosione. L’esposizione è una panoramica sugli ultimi dieci anni del lavoro dell’artista: tre opere inedite del 2016-17, prive di riferimenti grafici, che indagano ritmo e geometrie insiti negli accostamenti di toni contrastanti, vengono messe a confronto con tavole o tele dove alfabeti magici affiorano dalla superficie, e con lastre “arrugginite” che contengono in nuce entrambe le direzioni, andando fino alle origini figurative dell’autore.

Ivano Tomat (Roma, 1957) comincia come disegnatore. Dopo l’Istituto d’Arte e gli studi di illustrazione presso l’Istituto Europeo di Design si specializza in incisione a puntasecca. Nel 1993 l’acquerello diventa il suo medium, astratto, dai timbri squillanti e i profili sinuosi. Poi torna alla tela e alla commistione di mezzi e generi. Che si esprima attraverso il gesso, l’acrilico o il legno l’intera ricerca verte sull’analisi delle dualità: della materia, del pensiero, della natura, della forma.

In un secondo momento compaiono simboli misteriosi, chiavi di accesso a mondi arcani, lettere indecifrabili e foglie stilizzate. I caratteri runici, primitivi; le continue cancellazioni, i graffi; la fascinazione per l’ignoto, l’oscuro, caratterizzano queste immagini e contaminano molte delle prove seguenti.

Oggi è focalizzato su dipinti che diventano bassorilievo. Una cadenza regolare, pieno-vuoto-pieno-vuoto, accompagna lo studio dell’incontro tra primari, secondari, complementari. Rosso, verde, viola, attutiti e mai strillati. «Il colore è emozione istantanea, non c’è un segno da leggere, basta uno sguardo, ti colpisce subito» (cit. l’artista).

Sebbene abbia cominciato a esporre nel 1995, è dal 2000 che le occasioni di presentare i propri lavori si fanno più frequenti. Sono da segnalare le collettive: Universo mare, I classificato nella sezione installazioni del Concorso Nazionale Romanatura organizzato dalla Regione Lazio al Porto di Ostia (2003); Sagome 547, a cura di Horti Lamiani Bettivò (2005); L’arte seduta, Vitarte, Viterbo (2006); Impronta Globale, a cura di Daniele Arzenta all’ISA Istituto Superiore Antincendi, Roma (2009); Marche d’acqua, Premio internazionale di acquerello, Fabriano (2010); Insieme, Banca d’Italia, col Patrocinio dell’Ambasciata del Guatemala (2011). 

Con la mostra Tracce e Sedimenti Ivano Tomat, a quasi dieci anni di distanza dall’ultima personale al Museo degli Strumenti Musicali di Roma, propone una visione completa degli sviluppi della propria indagine che, pur nelle diverse direzioni prese, rimane sempre fedele a determinati presupposti: la magia della pittura, l’azione che scava nella profondità del piano, il gusto per la qualità non sofisticata degli elementi.



Ivano Tomat, Tracce e Sedimenti
mostra personale di pittura

Inaugurazione: martedì 16 maggio 2017 ore 18.30
Dal 16 al 23 maggio 2017
Orari: dal lunedì al sabato 11.00-19.30

Rilievi Contemporary Art
Via della Reginella 1A, Roma
galleriarilieviroma@gmail.com
fb: Rilievi-Contemporary-Art



giovedì 11 maggio 2017

PAVILION LAUTANIA VIRTUAL VALLEY


SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY

 1887 - Kurt Schwitters &  Marcel Duchamp “UNIVERSI  POSSIBILI / Verso La Globalità Intelligente”  a cura di  Giovanni Bonanno. 
  
Dal 6 maggio 2017 al 26 novembre 2017– Due proposte  internazionali presentate in contemporanea con la 57th Biennale Internazionale d’Arte di Venezia  2017 



LAUTANIA  VIRTUAL  VALLEY
“UNIVERSI  POSSIBILI / Verso La Globalità Intelligente” 
Kurt Schwitters “1887 - KURT MERZ / ECOLOGY”

Testo critico di Giovanni Bonanno

KURT SCHWITTERS / 1887- Kurt Merz/Ecology

Lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery, in occasione della 57° Biennale di Venezia 2017 intende dedicare l’attenzione come evento indipendente e contemporaneo presso il “Pavilion  Lautania  Virtual  Valley”,   a due artisti dadaisti come Kurt Schwitters  e Marcel Duchamp nati nel 1887, che sintetizzano magnificamente il concetto  d’indagine inteso come il luogo privilegiato per rilevare i sogni e le utopie che nella dimensione metafisica e mentale suggeriscono  mondi e immaginari collettivi.  Una invenzione a tutto campo giocata su  “universi possibili” tra la libertà della creazione e la globalità intelligente del fare arte. 

Lo Spazio Ophen dopo aver dedicato l’attenzione nel 2015, in occasione della precedente Biennale di Venezia a due artisti giapponesi come Shozo Shimamoto e Ryosuke Cohen,  “dentro e fuori il corpo”, (The World's  Futures / Inside and outside the body), intende ora indagare il lavoro dei  due artisti  dadaisti e globali  tra “Aperto e Chiuso / Closed and Open” con due  rispettive mostre a loro dedicate volte ad approfondire ciò che sottende il processo creativo. Lo studio abitazione dell’artista, nella dimensione creativa, temporale e spaziale definisce l’estensione verso l’altro nella  necessità di metabolizzare e trasformare la  realtà.

Per questa prima mostra collettiva internazionale dedicata a Schwitters, in occasione della ricorrenza dei 130 anni dalla nascita  (Hannover, 20 giugno 1887 – Kendal, 8 gennaio 1948),  sono state inviate a diversi artisti contemporanei  delle postcard con la foto del primo Merzbau, per intenderci quello di Hannover del 1923 - 1943, l’assemblaggio nella casa dell’artista, distrutto nel 1943, chiedendo a loro, nel rispetto del pensiero di arte totale di Schwitters,  un intervento “aggiuntivo” di  ideale condivisione, un  intervento per  “continuare” coscientemente e coerentemente l’opera di Schwitters,  che essendo “un work in progress”  non è destinato in alcun modo ad un possibile e definitivo completamento dell’opera. 

Del resto, i tre Merzbau, hanno avuto il triste destino di essere stati o distrutti (come per esempio quello di Hannover) oppure di  rimanere  non completati a causa della morte improvvisa dell’artista tedesco. In questa collettiva internazionale sono presenti 66 opere di altrettanti importanti artisti  che hanno voluto  condividere  tale proposta come artisti di frontiera  a margine  di un  possibile confine e spartiacque al  sistema ufficiale  dell’arte. 

Cos’è Merzbau? 
Kurt Schwitters, protagonista solitario e isolato del dadaismo tedesco, dopo una breve fase espressionista e cubista, decise ben presto di abbandonare  i modi tradizionali  di fare pittura per preferire l’utilizzo di materiali poveri  sotto forma di collage con oggetti recuperati di ogni tipo. Uno dei suoi  primi collages porta il titolo di Merzbild (1919), dal frammento della parola (Com)merz che vi compare.  L’opera Das Merzbild del 1919, risulta già un assemblage con una composizione di vari materiali: fili e maglia metallica con corde, carta e cartone di vario tipo. 

Nella parte centrale dell’opera è presente in modo evidente la scritta “Merz”, ricavata da un’inserzione della Kommerz - und Privatebank. Quest’opera è andata dispersa dopo essere stata esposta in modo dispregiativo nella mostra nazista dell’arte e considerata degenerata. La parola Merz, come quella di “Dada”,  nata casualmente senza alcun significato, verrà attribuita a tutto diventando la cifra personale di tutta l'attività successiva dell’artista tedesco. 

Senza alcun dubbio la sua creazione più nota è un'installazione intitolata il Merzbau, costruita, con materiali trovati, detta dallo stesso artista  “Cattedrale della miseria erotica”, esistita ad Hannover tra il 1923 e il 1944 prima di essere distrutta dai bombardamenti. All'interno di questa costruzione ambientale, l'artista  aggiungeva  sviluppando lentamente frammenti di cose di recupero trovate. L'opera, intesa come un work in progress volutamente provvisorio, non si concluse mai. Dopo il 1945 si stabilì ad Ambleside e, grazie a un finanziamento del Museum of Modern Art di New York, poté dedicarsi alla realizzazione del terzo Merzbau, rimasto, dopo il secondo anch’esso incompiuto  a causa della prematura morte dell’artista in Gran Bretagna nel 1948.

Ecologia e arte totale
Tutto il suo lavoro ruota sul concetto  di “ecologia e arte totale” inteso come recupero di oggetti rimessi nell’ambiente. Hans Richter scrive di Schwitters:tutto ciò che era stato gettato via, tutto ciò che amava è ripristinato  con onore nella vita per mezzo della sua arte”. Noi consideriamo “rifiuto” la materia che ha esaurito la sua normale funzione mentre potrebbe essere  ripresa, riutilizzata come fonte di una nuova vita, ristrutturata per un nuovo scopo, per una nuova creazione. Secondo Schwitters, “la materia può essere trasformata, ma mai rimossa”. Tutto è rifiuto, per cui le cose devono essere costruite necessariamente utilizzando i frammenti delle cose trovate, non a caso possiamo parlare di “pensiero ecologico”.

Questa idea  verrà applicata a vari livelli e ad ogni aspetto del suo lavoro, dal collage alla grafica, dal testo poetico alla musica. L’opera d'arte rappresenta con lui  la visione essenzialmente ecologica e cosciente dell’arte e del mondo, con l’urgente bisogno verso il recupero dei materiali usati che gli altri considerano rifiuti. Alla base di questa insolita poetica nulla viene scartato ma riutilizzato e rimesso a nuovo uso.  L’opera, quindi, intesa come riuso di oggetti di rifiuto trovati diventa il fondamento di tutta l’attività dell’artista tedesco. 

Per usare la terminologia della cultura popolare e contadina – secondo noi – “Schwitters usa ogni parte del maiale”, perché del maiale si adopera  tutto e non si deve buttare nulla, neanche le ossa. Nel Merzbau di Hannover, l’artista  ha immesso le stesse idee sulle quali si fonda  tutta la produzione dei suoi collage, solo che diversamente dai collage di carta, lui stesso poteva vivere all'interno dello spazio, in una sorta di “collage tridimensionale” che conteneva i quartieri, le grotte e gli angoli nascosti dei ricordi e della memoria. Nel Merzbau del 1923, come per il territorio di una città, l’artista vi distingueva diversi quartieri e frazioni con una “cattedrale della miseria erotica”,  la cava dell’omicidio sessuale” in cui era presente una sorta di corpo femminile fratturato dipinto in rosso, una “grande grotta dell’amore” e  “una grotta di Goethe”. Praticamente un insolito labirinto ambientale, con una struttura costruita nel tempo a recuperare ossessioni oscure e  memorie autobiografiche.
Rimane l’opera omnia intesa come zona cupa della mente, di conseguenza, cresce a dismisura come una  grande città e le cavità, le valli, le grotte devono avere necessariamente una vita, una struttura propria e un carattere autonomo; una cavità ospita il tesoro scintillante dei Nibelunghi, mentre la grotta sex-crimine ha un orrendo cadavere mutilato di una ragazza sfortunata.  Lo stesso Schwitters descrive la costruzione del primo Merzbau:It grows the way a big city does…I run across something or other that looks to me as though it would be right for the KdeE, so I pick it up, take it home, and attach it and paint it, always keeping in mind the rhythm of the whole…As the structure grows bigger and bigger, valleys, hollows, caves appear, and these lead a life of their own within the over-all structure…Each of the caves or grottoes takes its character from some principle component. One holds the glittering treasure of the Nibelungs…and the Goethe grotto has one of his legs and a lot of pencils worn down to stubs…the sex-crime cave has one abominable mutilated corpse of an unfortunate girl…an exhibition of paintings and sculptures by Michelangelo and myself being viewed by one dog on a leash…a 10% disabled war veteran with his daughter, who has no head but is still well preserved…”(Schmalenbach, 132-33).
Ognuna delle grotte, quindi,  prende il suo carattere da qualche elemento principale; integrati all'interno della struttura vi erano i singoli santuari  dedicati a molti amici e autori dadaisti, con oggetti e frammenti del proprio corpo (una piccola bottiglia di urina, un’unghia,  interruttori rotti, bottoni, biglietti del tram, etichette colorate di formaggio Camembert, un mozzicone di sigaretta, bicchieri capovolti e persino una ciocca di capelli), utilizzati allo sviluppo e alla crescita progressiva dell’installazione ambientale. Con quest’opera non possiamo più parlare semplicemente di scultura, oppure di arredamento totale alla maniera delle ambientazioni del Bauhaus o di quelle futuriste. 

Ormai, l’opera  deve dilatarsi  oltre il quadro estendendosi in tutto lo spazio della stanza che lo ospita. Inizialmente l’artista di Hannover incominciò a occupare lo spazio del suo studio con una prima colonna centrale, aggiungendo poi anche le altre due costruite con una religiosità laica in maniera estensiva e casuale. In circa vent’anni di lavoro, questo particolare “environment” divenne una sorta di autoritratto autobiografico e speculare dei sui pensieri e dei  contatti sociali con gli altri. Un diario intimo fatto di immagini, di oggetti e di spazio con una costruzione  in corso  in fase di definizione. Luogo concreto e vivibile, dunque,  in cui l’artista depositava i pensieri e i propri oggetti più cari, le testimonianze più vere che  gli consentissero di colmare il vuoto e la distanza tra la vita di ogni giorno e l’arte. 

La struttura tridimensionale crebbe in maniera apparentemente disordinata e caotica  carica di particolari richiami  simbolici e affettivi divenendo, di fatto, “l’opera ecologica e globale di una intera vita” destinata a rappresentare simbolicamente un sistema olistico, ovvero, una  particolare concezione totale.  

Di certo, nel  Merzbau vi sono contenuti e accumulati  una  vasta e svariata gamma di  allusioni e di archetipi culturali addensati nello spazio a definire un procedere ciclico e temporale che emula e imita il procedere della vita cronologica nel suo farsi e disfarsi, con momenti passati sommersi e nascosti da quelli più recenti, come accade in una naturale crescita geologica o biologica. L’uso della ricercata funzione simbolica olistica da parte di Schwitters rende il Merzbau una occasione appropriata  per riflettere “in senso ecologico” su una particolare visione del mondo e sull’intero ecosistema del pensiero umano.          
Giovanni  Bonanno  13 aprile 2017.



Biografia
Kurt Schwitters  ‹švìtërs›,  - Pittore (Hannover 1887 - Ambleside 1948). Studiò all'accademia di Dresda (1909-14) e, dopo una fase espressionista e cubista, nel 1918 creò le sue prime opere astratte. 

Per la sua personalità e il carattere estroso, Schwitters. viene spesso accomunato al movimento dada, del quale tuttavia non fece mai parte effettiva, nonostante l'amicizia che lo legò prima a T. Tzara e H. Arp, poi a R. Hausmann e Hanna Höch, esponenti del dada berlinese. Ben presto abbando’ i tradizionali materiali pittorici, immettendo sulla tela, con la tecnica del collage, gli oggetti di scarto più disparati, da biglietti del tram a frammenti di giornali, stoffe, spugne, tappi, bottoni. Uno dei suoi collages porta il titolo di Das Merzbild (1919), dal frammento della parola (Com)merz che vi compare. 

Una composizione equilibrata con vari materiali: fili metallici, corde, maglia metallica, carta e cartone di vario genere, in cui in posizione pressappoco centrale compare la scritta “Merz”, ricavata da un’inserzione della Kommerz- und Privatebank. Il quadro è andato disperso dopo essere stato esposto in modo dispregiativo nella mostra nazista dell’arte degenerata.  

Nato casualmente, questo termine Merz accompagnò e caratterizzo’ tutta l'attività successiva di Schwitters. Pertanto, egli chiamò Merzplastiken i suoi rilievi, Merzdichtungen le composizioni in prosa o in poesia, formate da frammenti di frasi, parole, modi di dire, come An Anna Blume (pubblicato su Der Sturm) e ancora Die Blume Anna e Memoiren Anna Blumes in Bleie. Nel 1921 fece un ciclo di conferenze a Praga con Hausmann e H. Höch e sulla sua scia compose una Ursonaate, basata sullo stesso principio di sfruttamento della sonorità della voce umana. 

Nel 1922-23 fu in Olanda con T. van Doesburg. Nel gennaio 1923 uscì il primo numero della rivista Merz e nello stesso anno iniziò il primo Merzbau (distrutto da un bombardamento nel 1943), una costruzione che attraversava i varî piani della sua casa di Hannover, fatta di oggetti eterogenei, aggiunti di giorno in giorno. Sempre in contatto con i movimenti di avanguardia, Schwittars. fece parte dei gruppi "Cercle et Carré" e "Abstraction-Création". Nel 1937 lasciò la Germania per stabilirsi in Norvegia, dove a Lyvaker iniziò un secondo Merzbau, anche questo distrutto. 

Nel 1940, invasa la Norvegia dai nazisti, l’artista si rifugiò in Inghilterra e fino al 1945 rimase internato in un campo di prigionia. Dopo il 1945 si stabilì ad Ambleside e, grazie a un finanziamento del Museum of Modern art di New York, poté dedicarsi alla realizzazione del terzo Merzbau, tuttavia, rimase incompiuto nel 1948 per  l’improvvisa morte.


mercoledì 10 maggio 2017

A Milano "Immagine e materia:visioni contemporanee" : assaporare l'arte in tutte le sue sfaccettature, andando oltre la superficie delle cose!

Giampiero Murgia - Alter Ego
Immagine e materia: visioni contemporanee

Presso la 809 Art Gallery di Milano sarà presentata venerdì 19 Maggio la collettiva d’arte “Immagine e materia: visioni contemporanee” che vedrà la partecipazione di artisti italiani ed internazionali, volendo così fornire, come preannunciato dal titolo, una panoramica generale sul rapporto immagine-materia. 

Il potere evocativo dell’immagine che andrà ad unirsi e confrontarsi con la forza della materia, a seguito della selezione di opere realizzate attraverso stili e tecniche completamente differenti.


Michele Berlot
Le parole della curatrice:
Dalle immagini fotografiche, passando attraverso il disegno, la grafica digitale e la pittura, fino a giungere alle opere materiche e persino all’oreficeria in tale esposizione si cercherà in ogni caso di sottolineare la capacità di interazione con l’osservatore, che si esplica talvolta in un dialogo silenzioso che si coniuga alle abilità interpretative ed emotive del soggetto o ancora in un rapporto diretto dove l’opera invade lo spazio reale, imponendosi all’osservatore nelle sue forme, nella dolce fusione dei suoi materiali. Un percorso sensoriale ed emozionale che ci spinge ad andare oltre il visibile, assaporando l’arte nelle sue infinite manifestazioni.



Fabio Perotta - Lilla e rosso bassi
L’esposizione:
L’esposizione costituita da circa 25 opere, tra pittura, fotografia, digital art, disegno e oreficeria, sarà anche un’occasione per evidenziare il valore del “made in Italy” supportando il giovane orafo toscano Tommaso Lucarelli, già molto attivo all’estero, che presenterà in esclusiva in questa collettiva due sue creazioni (Collana “Esaù” e Collana “Sol 3.8”).  

La presenza dell’orafo e la scelta di esporre le opere di artisti dalle tecniche fra loro così diverse vuol essere, allo stesso tempo, un invito a guardare l’arte liberandosi dalle categorizzazioni tipiche che mirano molto spesso ad esaltare una tecnica a discapito di un’altra.



I visitatori potranno ammirare le opere materiche di Manuela Caricasole, Fabio Perotta e di Michele Berlot, gli scatti di Michela Goretti e di Valentina Brancaforte, ai quali si aggiunge l’interessante mix di tecnica pittorica e fotografica di Erica Gornati; Da non perdere le opere dell’artista tedesca Anin Nino, i disegni di Dafne Fandè Art e le opere in digital art di Giovanna Silvestri e di Alessandro Lonzardi. 

Di grande impatto emozionale, invece, le opere di Mina Mevoli, Giampiero Murgia e Luca Azzurro, molto suggestive anche per le scelte cromatiche.


Michela Goretti
Il vernissage:
La mostra che sarà inaugurata il 19 Maggio ore 18.30 con un piccolo cocktail al quale i visitatori avranno modo di conoscere gli artisti protagonisti di questo evento, sarà visitabile da lunedì a sabato fino al 27 maggio dalle 10:30 alle ore 12.00 e nel pomeriggio dalle 15.30 alle 19.00 in Via Bergamo 1 (809 Art Gallery).

Una mostra che ci spinge ad andare oltre la superficialità delle cose per assaporare l’arte non soltanto con gli occhi ma con l’anima, lasciandosi trasportare dalla suggestione delle immagini e dalla tridimensionalità data dalla materia.

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