SPAZIO OPHEN VIRTUAL ART GALLERY
1887 - Kurt Schwitters &
Marcel Duchamp “UNIVERSI POSSIBILI / Verso La Globalità
Intelligente” a cura di Giovanni Bonanno.
Dal 6 maggio 2017 al 26 novembre 2017–
Due proposte internazionali presentate in contemporanea con la 57th Biennale
Internazionale d’Arte di Venezia 2017
“UNIVERSI POSSIBILI / Verso La Globalità
Intelligente”
Kurt Schwitters “1887 - KURT MERZ /
ECOLOGY”
Testo critico di
Giovanni Bonanno
KURT SCHWITTERS / 1887- Kurt Merz/Ecology
Lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery, in occasione della 57° Biennale di
Venezia 2017 intende dedicare l’attenzione come evento indipendente e
contemporaneo presso il “Pavilion
Lautania Virtual Valley”, a due artisti dadaisti
come Kurt Schwitters e Marcel Duchamp
nati nel 1887, che sintetizzano magnificamente il concetto d’indagine inteso come il luogo privilegiato
per rilevare i sogni e le utopie che nella dimensione metafisica e mentale
suggeriscono mondi e immaginari
collettivi. Una invenzione a tutto campo
giocata su “universi possibili” tra la libertà della creazione e la globalità
intelligente del fare arte.
Lo Spazio Ophen dopo aver dedicato l’attenzione nel 2015, in occasione della precedente
Biennale di Venezia a due artisti giapponesi come Shozo Shimamoto e Ryosuke
Cohen, “dentro e fuori il corpo”, (The
World's Futures / Inside and outside the
body), intende ora indagare il lavoro dei
due artisti dadaisti e globali tra “Aperto e Chiuso / Closed and Open” con due
rispettive mostre a loro dedicate volte
ad approfondire ciò che sottende il processo creativo. Lo studio abitazione dell’artista, nella dimensione creativa,
temporale e spaziale definisce l’estensione
verso l’altro nella necessità di
metabolizzare e trasformare la realtà.
Per questa prima mostra collettiva internazionale dedicata a Schwitters,
in occasione della ricorrenza dei 130 anni dalla nascita (Hannover, 20 giugno 1887 – Kendal, 8 gennaio
1948), sono state inviate a diversi
artisti contemporanei delle postcard con
la foto del primo Merzbau, per intenderci quello di Hannover del 1923 - 1943,
l’assemblaggio nella casa dell’artista, distrutto nel 1943, chiedendo a loro,
nel rispetto del pensiero di arte totale di Schwitters, un intervento “aggiuntivo” di ideale condivisione, un intervento per “continuare” coscientemente e coerentemente
l’opera di Schwitters, che essendo “un work
in progress” non è destinato in
alcun modo ad un possibile e definitivo completamento dell’opera.
Del resto, i
tre Merzbau, hanno avuto il triste destino di essere stati o distrutti
(come per esempio quello di Hannover) oppure di rimanere
non completati a causa della morte improvvisa dell’artista tedesco. In
questa collettiva internazionale sono presenti 66 opere di altrettanti
importanti artisti che hanno voluto condividere
tale proposta come artisti di frontiera
a margine di un possibile confine e spartiacque al sistema ufficiale dell’arte.
Cos’è Merzbau?
Kurt Schwitters, protagonista
solitario e isolato del dadaismo tedesco, dopo una breve fase
espressionista e cubista, decise ben presto di abbandonare i modi tradizionali di fare pittura per preferire l’utilizzo di
materiali poveri sotto forma di collage
con oggetti recuperati di ogni tipo. Uno dei suoi primi collages porta
il titolo di Merzbild (1919), dal frammento della parola (Com)merz che vi compare. L’opera Das Merzbild del 1919, risulta già un
assemblage con una composizione di vari materiali: fili e maglia metallica con
corde, carta e cartone di vario tipo.
Nella parte centrale dell’opera è
presente in modo evidente la scritta “Merz”, ricavata da un’inserzione della
Kommerz - und Privatebank. Quest’opera è andata dispersa dopo essere stata
esposta in modo dispregiativo nella mostra nazista dell’arte e considerata
degenerata. La parola Merz, come quella di “Dada”, nata casualmente senza alcun significato,
verrà attribuita a tutto diventando la cifra personale di tutta l'attività
successiva dell’artista tedesco.
Senza alcun dubbio la sua creazione più nota è
un'installazione intitolata il Merzbau, costruita, con
materiali trovati, detta dallo stesso artista “Cattedrale della
miseria erotica”, esistita ad Hannover tra il 1923 e
il 1944 prima di essere distrutta dai bombardamenti. All'interno di questa
costruzione ambientale, l'artista
aggiungeva sviluppando lentamente
frammenti di cose di recupero trovate. L'opera, intesa come un work in
progress volutamente provvisorio, non si concluse mai. Dopo
il 1945 si stabilì ad Ambleside e, grazie a un finanziamento del
Museum of Modern Art di New York, poté dedicarsi alla realizzazione del
terzo Merzbau, rimasto, dopo il secondo anch’esso incompiuto a causa della prematura morte dell’artista in
Gran Bretagna nel 1948.
Tutto il suo
lavoro ruota sul concetto di “ecologia e
arte totale” inteso come recupero di oggetti rimessi nell’ambiente. Hans Richter scrive di
Schwitters: “tutto ciò che era stato gettato via, tutto ciò che amava è
ripristinato con onore nella vita per
mezzo della sua arte”. Noi
consideriamo “rifiuto” la materia che ha esaurito la sua normale funzione
mentre potrebbe essere ripresa,
riutilizzata come fonte di una nuova vita, ristrutturata per un nuovo scopo, per
una nuova creazione. Secondo Schwitters, “la
materia può essere trasformata, ma mai rimossa”. Tutto è rifiuto, per cui
le cose devono essere costruite necessariamente utilizzando i frammenti delle
cose trovate, non a caso possiamo parlare di “pensiero ecologico”.
Questa
idea verrà applicata a vari livelli e ad
ogni aspetto del suo lavoro, dal collage alla grafica, dal testo poetico alla
musica. L’opera d'arte rappresenta con lui la visione essenzialmente ecologica e cosciente
dell’arte e del mondo, con l’urgente bisogno verso il recupero dei materiali
usati che gli altri considerano rifiuti. Alla base di questa insolita poetica
nulla viene scartato ma riutilizzato e rimesso a nuovo uso. L’opera, quindi, intesa come riuso di oggetti
di rifiuto trovati diventa il fondamento di tutta l’attività dell’artista
tedesco.
Per usare la terminologia della cultura popolare e contadina – secondo
noi – “Schwitters usa ogni parte del maiale”, perché del maiale si adopera tutto e non si deve buttare nulla, neanche le
ossa. Nel Merzbau di Hannover, l’artista
ha immesso le stesse idee sulle quali si fonda tutta la produzione dei suoi collage, solo
che diversamente dai collage di carta, lui stesso poteva vivere all'interno
dello spazio, in una sorta di “collage tridimensionale” che conteneva i
quartieri, le grotte e gli angoli nascosti dei ricordi e della memoria. Nel
Merzbau del 1923, come per il territorio di una città, l’artista vi distingueva
diversi quartieri e frazioni con una “cattedrale della miseria erotica”, la cava dell’omicidio sessuale” in cui era
presente una sorta di corpo femminile fratturato dipinto in rosso, una “grande
grotta dell’amore” e “una grotta di
Goethe”. Praticamente un insolito labirinto ambientale, con una struttura
costruita nel tempo a recuperare ossessioni oscure e memorie autobiografiche.
Rimane l’opera
omnia intesa come zona cupa della mente, di conseguenza, cresce a dismisura come
una grande città e le cavità, le valli,
le grotte devono avere necessariamente una vita, una struttura propria e un
carattere autonomo; una cavità ospita il tesoro scintillante dei Nibelunghi,
mentre la grotta sex-crimine ha un orrendo cadavere mutilato di una ragazza
sfortunata. Lo stesso Schwitters descrive la costruzione del
primo Merzbau: “It grows the way a big city does…I run across
something or other that looks to me as though it would be right for the KdeE,
so I pick it up, take it home, and attach it and paint it, always keeping in
mind the rhythm of the whole…As the structure grows bigger and bigger, valleys,
hollows, caves appear, and these lead a life of their own within the over-all
structure…Each of the caves or grottoes takes its character from some principle
component. One holds the glittering treasure of the Nibelungs…and the Goethe
grotto has one of his legs and a lot of pencils worn down to stubs…the
sex-crime cave has one abominable mutilated corpse of an unfortunate girl…an
exhibition of paintings and sculptures by Michelangelo and myself being viewed
by one dog on a leash…a 10% disabled war veteran with his daughter, who has no
head but is still well preserved…”(Schmalenbach,
132-33).
Ognuna delle grotte, quindi, prende il suo carattere da qualche elemento principale;
integrati all'interno della struttura vi erano i singoli santuari dedicati a molti amici e autori dadaisti, con
oggetti e frammenti del proprio corpo (una piccola bottiglia di urina, un’unghia, interruttori rotti, bottoni, biglietti del
tram, etichette colorate di formaggio Camembert, un mozzicone di sigaretta,
bicchieri capovolti e persino una ciocca di capelli), utilizzati allo sviluppo
e alla crescita progressiva dell’installazione ambientale. Con quest’opera non
possiamo più parlare semplicemente di scultura, oppure di arredamento totale
alla maniera delle ambientazioni del Bauhaus o di quelle futuriste.
Ormai, l’opera
deve dilatarsi oltre il quadro estendendosi in tutto lo
spazio della stanza che lo ospita. Inizialmente l’artista di Hannover incominciò
a occupare lo spazio del suo studio con una prima colonna centrale, aggiungendo
poi anche le altre due costruite con una religiosità laica in maniera estensiva
e casuale. In circa vent’anni di lavoro, questo particolare “environment”
divenne una sorta di autoritratto autobiografico e speculare dei sui pensieri e
dei contatti sociali con gli altri. Un
diario intimo fatto di immagini, di oggetti e di spazio con una
costruzione in corso in fase di definizione. Luogo concreto e
vivibile, dunque, in cui l’artista
depositava i pensieri e i propri oggetti più cari, le testimonianze più vere
che gli consentissero di colmare il
vuoto e la distanza tra la vita di ogni giorno e l’arte.
La struttura
tridimensionale crebbe in maniera apparentemente disordinata e caotica carica di particolari richiami simbolici e affettivi divenendo, di fatto, “l’opera
ecologica e globale di una intera vita” destinata a rappresentare
simbolicamente un sistema olistico, ovvero, una
particolare concezione totale.
Di
certo, nel Merzbau vi sono contenuti e accumulati una
vasta e svariata gamma di
allusioni e di archetipi culturali addensati nello spazio a definire un
procedere ciclico e temporale che emula e imita il procedere della vita
cronologica nel suo farsi e disfarsi, con momenti passati sommersi e nascosti
da quelli più recenti, come accade in una naturale crescita geologica o
biologica. L’uso della ricercata
funzione simbolica olistica da parte di Schwitters rende il Merzbau una
occasione appropriata per riflettere “in
senso ecologico” su una particolare visione del mondo e sull’intero ecosistema
del pensiero umano.
Giovanni
Bonanno 13 aprile 2017.
Kurt Schwitters ‹švìtërs›,
- Pittore
(Hannover 1887 - Ambleside 1948). Studiò
all'accademia di Dresda (1909-14) e, dopo una fase espressionista e
cubista, nel 1918 creò le sue prime opere astratte.
Per la sua
personalità e il carattere estroso, Schwitters. viene spesso accomunato al
movimento dada, del quale tuttavia non fece mai parte effettiva, nonostante
l'amicizia che lo legò prima a T. Tzara e H. Arp, poi a R. Hausmann e Hanna
Höch, esponenti del dada berlinese. Ben presto abbando’ i tradizionali
materiali pittorici, immettendo sulla tela, con la tecnica del collage,
gli oggetti di scarto più disparati, da biglietti del tram a frammenti di
giornali, stoffe, spugne, tappi, bottoni. Uno dei suoi collages porta
il titolo di Das Merzbild (1919), dal frammento della parola (Com)merz che
vi compare.
Una composizione equilibrata con vari materiali: fili
metallici, corde, maglia metallica, carta e cartone di vario genere, in cui in
posizione pressappoco centrale compare la scritta “Merz”, ricavata da
un’inserzione della Kommerz- und Privatebank. Il quadro è andato disperso dopo
essere stato esposto in modo dispregiativo nella mostra nazista dell’arte
degenerata.
Nato casualmente, questo termine Merz accompagnò
e caratterizzo’ tutta l'attività successiva di Schwitters. Pertanto, egli
chiamò Merzplastiken i suoi rilievi, Merzdichtungen le
composizioni in prosa o in poesia, formate da frammenti di frasi, parole, modi
di dire, come An Anna Blume (pubblicato su Der Sturm)
e ancora Die Blume Anna e Memoiren Anna Blumes in
Bleie. Nel 1921 fece un ciclo di conferenze a Praga con
Hausmann e H. Höch e sulla sua scia compose una Ursonaate, basata
sullo stesso principio di sfruttamento della sonorità della voce umana.
Nel 1922-23 fu in Olanda con T. van Doesburg. Nel
gennaio 1923 uscì il primo numero della rivista Merz e
nello stesso anno iniziò il primo Merzbau (distrutto da un
bombardamento nel 1943), una costruzione che attraversava i varî piani
della sua casa di Hannover, fatta di oggetti eterogenei, aggiunti di giorno in
giorno. Sempre in contatto con i movimenti di avanguardia, Schwittars. fece
parte dei gruppi "Cercle et Carré" e
"Abstraction-Création". Nel 1937 lasciò
la Germania per stabilirsi in Norvegia, dove a Lyvaker iniziò un
secondo Merzbau, anche questo distrutto.
Nel 1940, invasa la
Norvegia dai nazisti, l’artista si rifugiò in Inghilterra e fino
al 1945 rimase internato in un campo di prigionia. Dopo
il 1945 si stabilì ad Ambleside e, grazie a un finanziamento del
Museum of Modern art di New York, poté dedicarsi alla realizzazione del
terzo Merzbau, tuttavia, rimase incompiuto nel 1948 per l’improvvisa morte.
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