Con i propri occhi,
MAURO
MAGNI
DAL 6
AL 27 GIUGNO 2015
Inaugurazione
sabato 6 giugno 2015, dalle ore 18.
Catalogo:
a cura di Sissi Aslan
Testi
di Sissi Aslan e Alberto Gianquinto
Dove:
Via Antonio Bertoloni, 45 (zona Parioli), 00197 Roma
Costo:
Ingresso libero
Telefono:
(+39) 06 45 555 970
La PHILOBIBLON GALLERY di Filippo Rotundo
e Matteo Ghirighini è felice di presentare "Con
i propri occhi, Mauro Magni", una mostra dedicata all'opera dell'artista
romano. L'esposizione consente un percorso di circa dieci anni attraverso
dipinti, anche di grandi dimensioni, su tela, su metallo e su carta, e
terrecotte.
Con i propri occhi, al
suo secondo appuntamento, è un progetto che coinvolge due artisti romani,
cinquantenni, Angelo Colagrossi, la
prima delle due mostre (in svolgimento dal 9 al 30 maggio) e Mauro Magni (6-27 giugno), in due
eventi espositivi presso la Philobiblon Gallery di Via A. Bertoloni 45 a Roma.
Le mostre personali sono accompagnate da due cataloghi curati da Sissi Aslan,
con testi critici di Sissi Aslan e Alberto Gianquinto. Le opere esposte, dipinti, carte e sculture in terracotta, sono il risultato delle ricerche
artistiche che Colagrossi e Magni hanno sviluppato negli ultimi anni trovandosi
a percorrere strade comuni che confluiscono nel titolo stesso del progetto Con i
propri occhi. Le due mostre propongono indicano e suggeriscono il
racconto e la prospettiva di Colagrossi e Magni attraverso declinazioni
e strutture differenti ma articolate secondo una storia comune, quella del loro
amore nei confronti della pittura e del loro disagio verso la perdita
d'identità.
Con i propri occhi
MAURO MAGNI
Per Mauro Magni
si deve parlare di nuovi tracciati, formali e iconografici, pur rimanendo
ancorato ad una disciplina di visione che ha reso il suo percorso estetico–semiotico
sempre conformato all’idea di sincerità
in pittura. Magni si è, in questi ultimi dieci
anni, diretto verso la ricerca di una soluzione impellente dei malesseri suoi e
del mondo, descrivendo ossessivamente e per cicli le Montagne, prima, (suoi e
nostri Montagne Sainte Victoire e Fujiyama),
le Torri dopo, dal colore, pieno e spesso invadente, al bianco e nero, e infine
gli incendi pensati come purificazione. Le seconde declinate nella vasta serie
delle Torri di Babele (Nella confusione di Migdal, datato 2012,
è il primo grande quadro del ciclo). "Nelle Torri ‑ scrive Sissi Aslan in catalogo ‑ il
nostro artista maschera, ancora una volta, lo stordimento del conoscere e del
superare nella dimensione iniziale dell’oggetto e della narrazione. Con ciò
voglio dire che Magni segue un percorso di reiterazione ossessiva partendo,
sempre, dalla rappresentazione naturale per concludere tale percorso seriale
nella visionarietà. La grande tela Nella
confusione di Migdal (2012) è solo l’inizio del cammino. E
non solo di tale reiterazione ma, e soprattutto, della visceralità della
visione via via sempre più dominante ... Tutto è caos silente,
ossimoro che serve per indicare esattamente il pensiero di Magni connesso al
plurale della storia ma direi di tutte le storie. In effetti tutte le opere di
quest’artista sono desolatamente silenti e mai percepibili come azione futura,
semmai come passato agito meditazione su questo, forse come futuro possibile e
desolante" (da Sissi
Aslan, Sulla
linea dell’orizzonte, acqua aria terra fuoco).
Relativamente al percorso iconografico di Magni Alberto
Gianquinto scrive "Il monte si trasforma per diventare torre: torre di
Babele, che si arricchisce di blisters, i contenitori in plastica di
medicinali, opalescenti ai mutamenti della luce, sorta di alveari dei malanni
del mondo, che necessita anche di placche di sostegno alla fragilità del suo
essere e delle sue strutture sociali. Strutture complesse, fino ad architetture
di forma quasi romanica, sovrastate da gabbie e antri, su un accenno di mare (o
di lago), che è anche traccia di un orizzonte, indice di spazio
tridimensionale. ... Poi c’è Android’s
Dream, altra torre ormai quasi azteca e
torre infine che si infiamma, vulcano di una società apocalittica, che si
autodistrugge. La sintassi costruisce qui anche sul nero, con antri e gabbie e
luci di contrasto, che mettono in campo strutturazioni bruegeliane. Svolta positiva,
compare il fiore di loto e, dopo un bianco monolitico, quasi concettuale e
granitico, la torre assume quasi forma e dimensione di pagoda, dove i colori si
fanno preziosi nell’argento e nell’oro" (da Alberto Gianquinto,
Natura che tramuta e narra lo spessore
dell’inconscio).
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