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giovedì 5 febbraio 2015

TOPOPHILIAS :: Kreuzberg Pavillon, Berlin :: 14.02.2015 :: 8pm


OPENING 14.02.2015, 8pm 
TOPOPHILIAS
REBECCA AGNES - STEFANIA MIGLIORATI - IVANA SPINELLI
L'artista è un radicante, un rizoma, ripensando alla definizione deluziana-guattariana del termine nel capitolo omonimo di Mille Piani. Un rizoma è una radice, ma di un particolare tipo. Una radice che non vive di vita propria ma come protuberanza che si sviluppa da un'altra. La sua principale funzione è quella di riserva di sostanze che permettono la vita della radice a cui è attaccato. Potremmo definirla una radice-relazionale.

Un'illuminante pensatore del nostro tempo, Éduardn Glissant, difensore della diversità e dell'unicità che tutti ci distingue scrive:

Non è per il fatto di essere aperte che le identitàrelazione non sono radicate. Ma la radice non è più un perno, an chouk, non uccide più quello che trova intorno a sé, corre (…) a incontrare altre radici con le quali condivide il succo della terra. Così come sono esistiti gli Stati-nazione, ci saranno nazionirelazioni. Come ci sono state frontiere che separano e distinguono, ci saranno frontiere che distinguono e collegano, e che non distingueranno se non per collegare.

Il lavoro di Stefania Migliorati, Geografie domestiche, parte da quest'idea di radice che vive proprio della relazione con l'altro. Una serie di fotografie lavorate a computer e stampate su carta d'acquerello ritraggono una serie di piante regalate all'artista da vari visitatori che passarono per il suo appartamento di Berlino: ad ogni pianta corrisponde nella fotografia il nome di colui che la regalò, il nome biologico della pianta, il suo paese di provenienza. 

Le piante nell'immaginario dell'artista registrazione delle persone che passarono per la sua casa e le fecero questo regalo. Sono tracce di identità, metamorfosi di un passaggio. Il lavoro dell'artista si fa metafora di una botanica classificazione spaziale e relazionale, un catalogo degli incontri, dei passaggi, fermati in questi disegni, come testimonianze delle persone che passando per la casa dell'artista diedero inizio a quel legame relazionale che la pianta testimonia.

La "stanza superflua" presente nel vecchio appartamento di Mitte, permise all'artista di ospitare molte persone per periodi più o meno lunghi. L'artista chiedeva a ogni visitatore di lasciare nel Libro degli Ospiti un disegno, un pensiero, un ricordo legato alla permanenza nella sua casa. 


Il libro si fa dunque memoria di uno spazio e della condivisione quotidiana tra l'artista e gli ospiti che vi passarono tra il giugno 2008 e il marzo 2013, quando si è trasferita in un'altra casa in un diverso quartiere perchè nel palazzo dove si trovava sono cominciate opere di ristrutturazione; L'opera è un documento di tracce, condivisioni che l'artista rivive nel gesto del ricamo: disegni e parole scritte vengono ricamati a mano dall'artista, a filo d'erba, e riportati su stoffa. 

Rebecca Agnes si riappropria in questo modo dei loro gesti; ripercorre la presenza dell'altro, non solo con il ricordo, ma attraverso la più diretta gestualità mnemonica.

Ivana Spinelli comincia qualche anno fa ad osservare e disegnare le cellule delle radici, scoprendo poi (attraverso la neurobiologia vegetale) che quel micro-mondo complesso è un sistema pienamente intelligente che entra in relazione e comunicazione tra il suo interno e il mondo esterno. 


Rileggendolo in scala macroscopica, il lavoro dell'artista si fa metaforica lettura dell'umana tendenza alla relazione e al contatto con l'altro, come le cellule, che contaminandosi tra loro danno vita a nuove forme particellari.  

Cannot see all è il titolo dell'opera un'installazione composta da un disegno eseguito a matita e inchiostro di china, ed elementi scultorei che continuano il disegno nello spazio. Movimenti minimi di fusione e separazione. Incontri vitali. Non completamente visibili (dunque non completamente disegnati). È di questi dettagli minimi che si compongono i nostri rapporti e le nostre relazioni. 

Di questi dettagli sfuggenti e non del tutto decifrabili, si formano le nostre infinite interconnessioni, con altri esseri umani e con tutto il non-umano (natura, luoghi, oggetti..). L'artista prova a cercare nelle cellule delle radici questo tutto relazionale di cui si compongono le nostre esistenze, ma sa di non poter vedere tutto; il contatto è invisibile agli occhi.

L'altro vive in noi e noi viviamo nell'altro. L'artista, al quale la relazione con l'altro è implicita, vive di questi contatti, di questi gesti scambiati, ripetuti, condivisi. Vive sul confine, tra sé e l'altro, fedele alla sua unicità, e aperto alla relazione che ogni rizomatica radice richiede per rimanere in vita.


                                                           Arianna Miotto

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*Patrick Chamoiseau, Édouard Glissant, Quando i muri cadono, Edizioni Nottetempo, Roma, 2008

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