Drin! Drin! Drin! Nessuno risponde... risuono il campanello. Silvia fa capolino, apre e trapassando l'uscio mi accompagna nei suoi interni. Imperturbabile mi osserva, siede senza annuire. Nei suoi occhi la scrittura di un racconto di pittura: dipinge la sua storia, pura contemplazione, un incontro, un'istantanea odierna, distonia descrittiva, geroglifico moderno. Questo viaggio muove dalla pittura, la silente austerità le fa da padrona e il colore non sembra smentirla. Sussurra la sua arte, metafisica visione, intima allucinazione. Balza a prendere la tela, la dipinge.
Silvia bilancia, con attenzione scruta, si volta, e poi riguarda: scorge la tradizione, l'eco del passato prossimo. Il silenzio è evocato, muta comunicazione: Silvia telegramma!
Ma chi è Silvia, quali le sue tele? Silvia in una stanza, l'intimità. Silvia isolata, di rare e smentite comparse. Silvia congettura, la stanza perversa del tempo.
Lancette, frequenze, scansioni: dittico o prospettico? Fronte del retro? Trinità o quadrata visione?
Una vicenda, ridondante di parole assenti, oggetti trasposti, incarnazione di dialoghi muti, di luoghi dell'io, dell'astensione altrui. È una trama dove l'oggetto viene dipinto dalla mente, pura narrazione.
Silvia disegna la reale apparenza della blasfema finzione. Lo spazio pare assente, è una bozza. Tra le fughe delle mattonelle si dipartono fughe nel quotidiano: proiezioni.
Silvia e dintorni, Silvia capo-giro, e poi un altro! Seduta ritta, voltata, assorta, in contemplazione, tacitamente Silvia. Sulle note degli stadi pittorici, parla sola, pensa ad alta voce: circostanza.
Silvia ascolta, non parla, comunica sola, è seduta e presente. Attraverso le cerniere delle tele, cornici e perimetri di ambienti. Nel frattempo la porta si è chiusa, il campanello suona ancora, questa volta è il mio. Rispondo, ma solo quiete, controllo la posta e aprendo la busta: vernice di una mostra… sacri ossequi Silvia!
Lucas De Laurentiis
L'arte di Ester Grossi è un ciak improvviso, un probabile inizio di una storia da raccontare, una locandina di presentazione.
Rimanda a un invisibile sottotesto, a una voce senza suono, a sguardi decisi che pretendono lo scambio con la realtà esterna e i suoi stimoli.
Il mondo pop-olare manipolato dalle arti umane, viene rielaborato in scatti netti, definitivi, privi di sfumature.
L'occhio sceglie di osservare ogni cosa con una neutralità tipica del grigio, prima di gettarsi nell'evoluzione grafica dei colori primari, che esplodono geometrici, con tutta la loro carica emotiva, relegandosi ognuno al proprio dettaglio da riempire e permanendo con nitidezza solo in quello.
Attingendo costantemente dal suo background personale, eclettica valigia preparata con le arti del cinema, della musica, dello spettacolo, Ester allestisce poco a poco una vetrina di personaggi che, icone mute del tempo che scorre, non fanno altro che manifestarsi.
Manifesta Carmen Miranda. Con il suo sguardo deciso in iride azzurra, con le sue sopracciglia di inchiostro grigio, virgole a inciderne dei pensieri, l'espressione.
Manifesta, con la passione amaranto delle labbra sul lenzuolo del viso, una allegra e sensuale frivolezza da parata, il giallo intenso di cui la sua anima si imbeve.
Manifestano un uomo e una donna, protagonisti in primo piano di un intimo spettacolo. Affidano il loro morbido dondolio sensuale a una perfetta orchestrazione dei toni grigi, pellicola in chiaroscuro delle tensioni che si trasformano, poi si sciolgono in un respiro di luce e, infine, muoiono nel sospiro rosso e sanguigno di una bocca.
Manifestano i personaggi resuscitati da un film di Romero, in un sorprendente dialogo cromatico, omaggio a un bianco e nero che si arricchisce di tinte emotive.
Manifesta un uomo il suo terrore, percependo una minaccia crepuscolare provenire dall'alto.
Il plumbeo viola del pericolo decolora il suo viso e inghiotte la testa di una donna, confinandone la paura nel dettaglio delle mani e nel tremore delle gambe, imprigionate nel verde di una terra generatrice di mostri.
Manifesta Ester Grossi affidando la sceneggiatura dei suoi lavori all'involucro muto e deciso dei colori.
Stefania Benizzi