DA BRAQUE
A KANDINSKY A CHAGALL.
AIMÉ MAEGHT E I SUOI ARTISTI.
Ferrara
Palazzo dei Diamanti
28 febbraio - 2 giugno 2010
Aimé Maeght promosse l'attività di maestri affermati e contribuì alla nascita di un nuova stagione della loro arte incoraggiandoli a utilizzare, oltre alla pittura, anche di grande formato, altri linguaggi come il mosaico, la ceramica, la pittura su vetro, l'incisione o il libro d'artista. Allo stesso tempo tuttavia si dimostrò attento alle ricerche delle generazioni più giovani, dando prova di saper competere con le gallerie nordamericane protagoniste del rinnovamento artistico del secondo dopoguerra. Inoltre, la sua instancabile attività di editore fece della Galleria, della Fondazione e della sua stessa abitazione un punto d'incontro del mondo artistico e intellettuale, dal cui confronto nacquero straordinarie creazioni collettive.
Per approfondire la conoscenza di questo affascinante capitolo della vita artistica e culturale del secondo dopoguerra, Ferrara Arte organizza la mostra Da Braque a Kandinsky a Chagall. Aimé Maeght e i suoi artisti, la prima in Italia dedicata alla Galleria Maeght e alle vicende che ne segnarono la storia. L'esposizione, a cura di Tomàs Llorens e Boye Llorens, è anche l'occasione per studiare un aspetto della storia dell'arte del Novecento fino ad oggi poco indagato ma assolutamente fondamentale: il mercato dell'arte e i suoi principali animatori, i mercanti e i galleristi.
Un centinaio di opere – soprattutto dipinti, ma anche sculture, ceramiche, disegni, incisioni, affascinanti fotografie e volumi illustrati delle Edizioni Maeght – permettono di ripercorre il ventennio d'oro che intercorre dall'apertura della galleria parigina nel 1945 all'inaugurazione della Fondazione nel 1964, momento culminante di questa storia sia dal punto di vista creativo che della notorietà internazionale.
La rassegna è suddivisa in undici sezioni tematiche, legate tra loro, come un filo rosso che si snoda lungo tutta la mostra, dall'attività editoriale della galleria e dalla rivista Derrière le miroir, le cui uscite accompagnavano ogni esposizione con funzione di catalogo, entrambe originali traguardi raggiunti nell'intento di far dialogare le altre discipline con quelle figurative.
Il tema della prima sezione della mostra è proprio l'intima amicizia che legava Aimé e Marguerite ai propri artisti, un legame nutrito anche della sensibilità e dell'ospitalità che la donna seppe sempre dimostrare loro. Ne sono testimonianza i ritratti di Marguerite realizzati da Matisse nel 1944 e da Giacometti nel 1961, due icone che ne esaltano l'una il fascino della maturità, l'altra l'autorevolezza e la profondità dell'età avanzata. In mostra li affianca il bellissimo dipinto di Bonnard, Fanciulla distesa (Jeune fille étendue) del 1921, che Marguerite custodiva nella propria camera, un esempio dell'ineguagliabile capacità dell'artista di restituire, con un tono commosso e malinconico, un frammento di vita reale.
Tramite la figlia di Matisse, Marguerite, nel 1945 Aimé conobbe Georges Braque con il quale in breve nacque un'amicizia profonda e uno scambio fecondissimo. Fondatore del cubismo assieme a Picasso, Braque era allora un maestro indiscusso dell'arte moderna: il contratto in esclusiva che firmò con Aimé e la mostra allestita nel 1947 rappresentarono il primo traguardo importante della carriera del gallerista. Questi, a sua volta, incoraggiò Braque a riaccostarsi alla litografia e a realizzare libri illustrati: in mostra sono esposte alcune tavole eseguite per La libertà dei mari (La Liberté des mers) di Pierre Reverdy, un poema che ispirò a Braque una raffinata integrazione di testo e immagine e un sottile gioco di analogie e rispondenze. Aimé acquistò l'intera produzione dell'artista, di cui la rassegna presenta alcune delle opere più significative. Tra queste figurano gli imponenti pannelli decorativi con motivi mitologici del 1931, una rilettura in chiave arcaicizzante del tema del nudo classico caro a Picasso e Matisse che, nell'uso gesso inciso, riflette l'interesse di Braque per le proprietà tattili dei materiali; oppure uno dei celebri Ateliers del 1950-51, considerati uno dei suoi vertici espressivi, per l'armonia ricca di risonanze musicali che regna tra le componenti formali, vere protagoniste dell'opera.
In mostra viene riproposto il catalogo con la provocatoria copertina ideata da Duchamp, sulla quale è applicata una protesi di seno femminile in gomma, accompagnata dalla didascalia "si prega di toccare", in cui viene ribaltato, in modo dissacrante, il rapporto tradizionale con l'opera d'arte. Viene inoltre presentata la celebre tela Superstizione – Serpente di Miró, una teoria di motivi arcaicizzanti dipinti dall'artista catalano su di una lunga striscia ondulata di tessuto.
La mostra del 1947 fu per Aimé l'occasione per avviare una collaborazione estremamente fruttuosa e stringere una grande amicizia con Alberto Giacometti, che sino alla metà degli anni Trenta aveva militato nelle fila del surrealismo, in seguito abbandonato per tornare a rappresentare la figura.
Nel corso degli anni Cinquanta, anche grazie alle mostre che si tennero presso la Galleria Maeght, Giacometti vide crescere enormemente la propria fama, fino a diventare una delle figure più rappresentative dell'arte del dopoguerra e, più in generale, della scultura del Novecento.
I bronzi riuniti nella quarta sezione della mostra, e in particolare La foresta (La Forêt) del 1950, sono rivelatori della capacità di Giacometti di trasmettere, con un linguaggio assolutamente nuovo, il senso di solitudine e di precarietà dell'esistenza umana che accomunava le generazioni che avevano vissuto da vicino la seconda guerra mondiale. La composizione riunisce otto figure di diverso formato, immobili come alberi in una foresta, che si fiancheggiano senza guardarsi. Nelle sculture degli anni Cinquanta le proporzioni si allungano a dismisura dando alla figura umana un aspetto sempre più ieratico, come mostra la celeberrima serie delle Femme de Venise del 1956, di cui sono esposti tre splendidi esemplari.
Sono inoltre accostate alcune tele di Giacometti e di Braque a sottolineare una comune sensibilità esistenziale; un'affinità confermata anche dal commosso disegno di Giacometti, toccante testimonianza che ritrae la testa dell'amico Braque sul letto di morte.
Tra i grandi nomi che la Galleria Maeght rappresentò in esclusiva c'era anche Chagall, che vi espose per la prima volta nel 1950 una selezione di dipinti, gouaches, incisioni e ceramiche. La sezione a lui dedicata riunisce un analogo ventaglio di tecniche esplorate dall'artista russo per ricreare visivamente il proprio mondo poetico: vedute parigine, il pittore con la tavolozza, coppie di amanti, galli fantastici, asini alati, violinisti e fiori provenzali. In dipinti della maturità, come il celebre Sole giallo (Soleil jaune) del 1958 o il più tardo Fiori secchi (Fleurs sechées) del 1975, il colore è intenso, steso a pennellate sciolte e sembra fluire spontaneamente dando corpo alla rappresentazione, mentre la luce è quella penetrante e gioiosa scoperta nel 1952 in Grecia con la seconda moglie Vava. A ulteriore riprova dell'amicizia che univa la famiglia Maeght ai suoi artisti, e tra questi Chagall, è esposto anche il dono fatto dal pittore per il figlio di Aimé: la gouache Per Paule et Adrien (Pour Paule et Adrien) del 1956, che offrì all'artista l'occasione per tornare su uno dei suoi temi prediletti, l'abbraccio degli amanti.
Una piccola sezione della mostra è dedicata a due artisti che, pur appartenendo alla generazione dei "maestri", ottennero una tardiva notorietà negli anni Cinquanta in seguito al rapporto stabilito con la Galleria Maeght, Bram van Velde e Pierre Tal-Coat. Entrambi operavano nell'ambito dell'astrazione, il primo con una marcata espressività affidata ai contrasti cromatici, il secondo più lirico e tonale. Accanto ai loro dipinti, vengono presentati due preziosi numeri di Derrière le miroir a loro dedicati, con testi di intellettuali della levatura di Samuel Beckett.
Nel giro di pochi anni la Galleria si era imposta come il principale punto di riferimento delle figure riconosciute come maestri del movimento moderno. Al contempo aveva scelto di rappresentare artisti meno noti, quali Pierre Tal-Coat e Bram van Velde, o talenti emergenti, come Kelly e Chillida, discostandosi ulteriormente, in questo, dall'orientamento prevalente nelle gallerie contemporanee. Per tale ragione, la mostra propone un affascinante confronto generazionale, accostando opere di Léger e Chillida che trovano una comune fonte di ispirazione negli elementi naturali: le possenti forme sbalzate da Léger nel 1941 ricordano ad esempio un intreccio di rami e il complesso disegno delle radici, mentre protagonista della terracotta di Chillida Terra XXIX (Lurra XXIX) del 1979 è proprio la terra con impressi i segni primordiali della presenza dell'uomo. Il lavoro dell'artista basco nasce, infatti, da una riflessione sui materiali, le cui leggi governano la costruzione dell'opera.
La mostra si chiude con un'ampia sezione dedicata alla Fondazione, un progetto che, sin dalla sua genesi, deve molto agli artisti di Aimé. Dopo la tragica morte di Bernard, figlio giovanissimo del gallerista, Braque e Léger lo incoraggiarono ad aprire in sua memoria un centro dedicato all'arte moderna. Maeght raccolse l'idea e pose mano alla realizzazione di una sorta di "opera d'arte totale", un luogo dove i diversi linguaggi espressivi potessero dialogare tra loro.
Una selezione di affascinanti fotografie storiche ricostruisce la nascita e i momenti della vita di questo straordinario complesso, dalla fase progettuale, che vide la stretta collaborazione dell'architetto catalano Josep Lluís Sert con Aimé e la sua cerchia di artisti, fino all'inaugurazione e alle Nuits de la Fondation Maeght, animate dalla partecipazione dei massimi nomi della musica e della danza contemporanee, come Duke Ellington, Olivier Messiaen, John Cage, Karlheinz Stockhausen, Terry Riley o Merce Cunningham.
Uno degli angoli più compiuti e intensi della Fondazione è il cortile terrazzato che ospita le grandi sculture di Giacometti: affacciato sul cielo e su una pineta esso enfatizza la forza drammatica e la tensione verso l'assoluto trasmessa dalle scarne silhouette della Donna in piedi I (Femme debout I) e dell'Uomo che cammina I (Homme qui marche I) del 1960, cui, in mostra, viene accostato il celebre Cane (Le Chien) del 1957.
La mostra, a cura di Tomàs Llorens e Boye Llorens, è organizzata da Ferrara Arte in collaborazione con le Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea, il Comune di Ferrara, la Provincia di Ferrara, la Fondazione Cassa di Risparmio di Ferrara, la Cassa di Risparmio di Ferrara e Parsitalia Real Estate.
fonte: www.palazzodiamanti.it
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