Mostra Kaleidoscope
Artisti
in mostra Arcangelo, Davide Bramante, Marco Di Giovanni,
Francesco De Rocchi, Jorge Eielson, Andrea Facco, Debora Hirsch, Iaia
Filiberti, Lucio Fontana, Ferdinando Greco, Lelli e Masotti, Uliano
Lucas, Paola Mattioli, Ugo La Pietra, Franco Marrocco, Jorunn Monrad,
Christian Quijada, Alessandro Savelli
Luogo Saronno, viale Santuario 11
Periodo da 24 ottobre 2015 fino al 16 gennaio 2016 (finissage)
Orario da martedì a venerdì 10/12.30 – 16/18.30
Sabato 10/12.30 – domenica su appuntamento
Info www.ilchiostroarte.it - telefono 02 9622717
Kaleidoscope,
la mostra che apre la stagione del Chiostro arte contemporanea prende
spunto dalla magia delle forme e dei colori che si formano
spontaneamente e meravigliosamente nel caleidoscopio.
Strumento
fluido e creativo il caleidoscopio genera senza fine immagini
sorprendenti ottenute dal movimento di frammenti singoli che si
intersecano, si sovrappongono, si specchiano nel cilindro cannocchiale,
una metafora che calza perfettamente con la scelta degli artisti in
mostra, in cui il filo conduttore è quello delle forme e delle cromie
dominanti in ciascuno dei protagonisti.
Centrale in questa esposizione in corso fino a gennaio 2016 è l’opera di Andrea Facco RDP, un tondo multicolore e dinamico, un vortice di colori diversi che ruota su se stesso espandendo pura energia.
Andrea Facco rdp scotch su legno, diam cm 180, anno 2013
L’opera
è realizzata con i resti di nastro adesivo che l’artista recupera dalle
schermature usate nella lavorazione degli altri dipinti. L’approccio di
Facco è da tempo ritenuto uno dei più interessanti nella odierna
concezione della pittura, un concettuale recupero degli strumenti e
delle abilità speciali del Pittore, per farne con ironia e spirito
critico, un mezzo di indagine metalinguistico.
Lelli e Masotti, teatro alla Scala, 1992, pigmented fine art giclée cm 60x50
Da
questo centrale lavoro “manifesto” la mostra si srotola in una
carrellata di autori e opere dai quali emergono sontuosi i rossi del
Teatro alla Scala nelle fotografie di Lelli e Masotti, da anni interpreti attenti e colti del mondo teatrale e musicale, e i gialli degli scoppi di Dalmine di Paola Mattioli,
che ha ritratto con lucidità il processo di fusione della centrale
siderurgica insieme ai suoi artefici. Un reportage privo di retorica, ma
epico.
La tematica espositiva ci conduce a ritrovare due Principi del monocromo, Lucio Fontana nato in Argentina e Jorge Eielson
di origine peruviana; Pierre Restany dichiarava in un testo degli anni
novanta in cui trattava dei due artisti a lui cari: “collocati fianco a
fianco sullo stesso piano, un “quipus” e un “taglio” possono in effetti
apparire come il positivo e il negativo dell’unico gesto d’intervento
concepibile (moralmente) nello spazio monocromo infinito di Yves Klein”.
Il nodo di Eielson e il taglio di Fontana sono elementi esclusivi di un
linguaggio che sintetizza la forma assoluta nel colore.
Jorge Eielson, Quipus azzurro, diam cm 81, acrilico su tela su legno
Dal
grado zero di questi due punti fermi l’esposizione si apre in un
ventaglio di variabili stilistiche e di ricerca: la gestualità pittorica
e il sentimento di Arcangelo si imprimono forti sulla grande
tela grigia “Viaggio di luna”, un concentrato di arcaica poesia che
sfida una seconda opera di importanti dimensioni come “Il lago, la
montagna e la luna”, in cui domina, profondo, terribile, il nero di Ferdinando Greco.
La
sala risuona di clangori di una battaglia fra titani del fare
pittorico, che si stempera e si rasserena nelle trasparenze liquide di
due artisti dell’informale lirico come Franco Marrocco del quale
sono in mostra tipici suoi blu marini e Alessandro Savelli che presenta
una composizione di carte in cui il colore esprime le sue più felici
modulazioni. Si inserisce in questo momento di distensione il Rosa,
tenue, spirituale, del maestro del Chiarismo Francesco De Rocchi,
che ha usato, nei primi del novecento, una materia pittorica che è una
materia-luce biancorosata, raddensata in una fitta stenografia che non
dimentica tematiche esistenziali.
Alessandro Savelli, un cielo raccontato, 2013tecnica mista su carta cm 168x192
Il
fronte concettuale di questa mostra che si snoda per tappe cromatiche è
rappresentato dal verde inteso come verde pubblico di Ugo La Pietra: i
fotomontaggi, gli acquerelli e le ceramiche della serie “il verde
risolve” presentata in primavera proprio nelle sale del chiostro, ci
indicano una strada critica - e ironica - per comprendere come il
verde, nelle sue forme impreviste e spontanee, ci sveli la natura del
luogo, di uno spazio, la sua tavolozza cromatica, insieme ai reali
processi formali dell’uomo. Nelle interpretazioni dell’artista si
configurano nuovi paesaggi plastici e nuovi traguardi visivi perché il
tema della trasformazione nella città contemporanea (e del suo declino) è
un tema importante. Lo stesso scelto da Uliano Lucas, che per
questa occasione ha selezionato alcuni scatti tra i più celebri del suo
archivio. In questa mostra dedicata al colore non poteva mancare,
infatti, uno dei cavalieri del bianco e nero di reportage.
Ugo La Pietra, Verde in città, 2013 acquarello su carta
Marco Di Giovanni, Bon Voyage, 2004, valigia, lente, maquette, dispositivo illuminante
Una
sequenza di opere di giovani artisti completa questo percorso in cui
visioni inaspettate emergono dalle opere: così è nelle valigie con
spioncino di Marco Di Giovanni, o nelle superfici di Jorunn Monrad,
che riprende ossessivamente un modulo (una lucertola stilizzata, tipica
delle leggende norvegesi) che genera e si rigenera, muovendosi
sinuosamente sulla superficie del quadro, così che l’azione dell’artista
è da paragonare alla ricerca informatica circa i pixel grafici o i
files di un software pirata.
Jorunn Monrad, The hidden-the darkness, 2004, acrilico su tela, cm 70x70
Proprio i pixel si dilatano nei ritratti di criminali che Debora Hirsch
ha ripreso dalle schede della polizia brasiliana; ne derivano immagini
astratte, in cui i soggetti non esistono, sono "persi", sono
ragazzi"perduti". La vibrazione della superficie digitale si ritrova
anche nei paesaggi onirici del peruviano Christian Quijada, che
punteggia le sue vedute di elementi mobili: tutte le opere si
allontanano dalla staticità di una pittura tradizionale e diventano
qualcosa di diverso, definendo un linguaggio fluido, liquido, così che Iaia Filiberti
sceglie per questa mostra una sua Pepita, in versione Ofelia, che
emerge dall’acqua tinta di rosso sangue, con boccaglio e maschera “
salvavita”, una figura mitica, sprezzante, ironica E MAI rassegnata alla
minaccia degli squali che intorno le nuotano.
Iaia Filiberti, Pepita martire, 2014, tecnica mista su cartoncino
La mostra trova la sua ideale chiusura e soluzione in una delle composizioni fotografiche di Davide Bramante,
primo e straordinario interprete della multipla esposizione, capace di
unire in una sola immagine numerosi particolari, dove dettagli di centri
abitati, vedute urbane e prospettive aeree sono sovrapposti e
assemblati con naturalezza in differenti prospettive. Ogni fotografia ne
racchiude un’altra, e un’altra ancora, in una visione simultanea e
sincronica, dove il particolare si perde nell’universale e viceversa,
per sovrapporsi e confondersi all’infinito.
Davide Bramante, Madrid Parc del Retir
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