
La mostra, curata da Barbara Codogno, rende omaggio alla città di Padova realizzandone una personale mappatura artistica.
In oltre settanta lavori su tela quadrata l'artista ritrae angoli noti e inediti della città, intervallati da mappe organiche, oniriche e costellazioni.
L'uomo è oggi sopraffatto da quelli che il filosofo Marc Augé ha battezzato come «i non luoghi»: luoghi di transito, luoghi non abitati, luoghi senza corpi vivi.
Patrizia Da Re lavora sul recupero del paesaggio in senso antropico: il "mapping" interiore che l'artista realizza a partire dai luoghi del "cuore", e a cui dona "respiro", diventa allora una personale antropogeografia.

Da Re propone una cinquantina di piccole tele (cm 20x20 a tecnica mista) in cui ritrae luoghi facilmente individuabili della città di Padova: la famosa "Gatta" ora franata incidentalmente, la Specola, la Fontana di piazza delle Erbe, i portici.
A queste l'artista affianca una trilogia di xilografie realizzate su matrici di legno che, una volta inchiostrate, stampa a mano su tela e su cui in seguito interviene pittoricamente: un dittico organico, cuori e polmoni umani ritratti con evidenza anatomica, a cui si aggiunge una costellazione simbolica che rivisita un antico sigillo giapponese.

Il suo significato («ampliamo la nostra visione e liberiamo la nostra mente», come prevede la pratica calligrafica) è infatti determinante nell'equilibrio e nel significato complessivo dell'opera che porta l'uomo, con la sua esperienza sociale, emotiva e sensibile, a rivedere conformazione e definizione del luogo del vivere.
Per Barbara Codogno, curatrice della mostra, l'opera di ri – costruzione del luogo avviene in Patrizia Da Re all'insegna del ri – trovamento del sé.
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