Gianluigi Colin, Shahrazad, dal ciclo Mitografie (2010-2011), dettaglio
Gianluigi Colin
No News, Good News
a cura di Arturo Carlo Quintavalle
MUSEO MARCA, Catanzaro
dal 16 settembre al 30 ottobre 2016
Catalogo Rizzoli
Saggio di John Berger.
Una conversazione di Gianluigi Colin con Gillo Dorfles e Aldo Colonetti.
Testi di Valerio Magrelli, Gianni Riotta, Barbara Rose, Vincenzo Trione, Ignacio Ramonet, Nicola Saldutti
Il Museo Marca di Catanzaro presenta No News, Good News la nuova mostra personale di Gianluigi Colin che ripercorre gli ultimi trent'anni della sua ricerca dedicati alla riflessione sul sistema dei media, da sempre nucleo centrale del suo lavoro.
La mostra, a cura di Arturo Carlo Quintavalle, presenta un centinaio di opere dagli anni Ottanta a oggi ed è realizzata in collaborazione con l'amministrazione provinciale, la fondazione Rocco Guglielmo e la M77 Gallery di Milano.
Il tempo, la memoria, il consumo dello sguardo nel grande sistema dei media: la mostra di Colin è un potente viaggio tra cronaca ed epica, tasselli di un mosaico epocale che ripercorrono eventi, fatti, parole, segni, immagini del nostro tempo, scardinandoli e restituendo un nuovo linguaggio contemporaneo.
Gianluigi Colin si muove come un archeologo del presente: attinge dalle fotografie di cronaca, dalle pagine dei giornali, dai frammenti marginali dell'informazione, dagli scarti della produzione tipografica, riproponendo una visione del tutto inaspettata e sorprendente.
Da un lato, legato alla lezione di Rauschenberg, Colin effettua continui rimandi tra le pagine dei giornali internazionali, alla ricerca di "scorci" esemplari". Dall'altro lato, fedele alla sua cifra stilistica, interviene su quel materiale, manipolando le carte e alterando rapporti e aspetti formali.
Nella pratica, Gianluigi Colin dapprima sfoglia i quotidiani, poi preleva pagine su cui appaiono immagini "rivelatrici", accartoccia quei fogli con un gesto di intolleranza morale, fotografa questi "stropicciamenti", stampa il file su carta di giornale, che viene appiccicata su un letto fatto a sua volta di sedimentazioni di carte di giornali, infine, con impeto, interviene con le mani su questo materiale con ulteriori piegature.
Nascono, così, le sue opere, simili a tessuti increspati, a relitti di un naufragio o a reliquie di memorie sfrangiate, oramai lontanissime.
Colin trae le sue immagini da riproduzioni fotografiche.
Le fonti non sono però, come nella Pop Art, le pubblicità di prodotti attraenti o le celebrità, ma piuttosto le immagini fluide, in continua trasformazione, del mondo digitale del fotogiornalismo contemporaneo. Il suo non è il mondo statico e artificiale della pubblicità e del marketing.
È il flusso più inquietante delle immagini, forti e spesso contraddittorie, fornite dalla coscienza globale delle tecnologie avanzate di comunicazione, che trasmette costantemente informazioni a una velocità sempre maggiore.
Nei suoi aggrovigliamenti di figure e parole affiora un nuovo significato, dove prevale la volontà di scardinare le scritture dell'informazione: un invito radicale a una riflessione, anche di impegno civile, su uno dei temi centrali della contemporaneità: la manipolazione delle coscienze. Colin insinua il dubbio sulle immagini e sulle loro ambiguità. Immagini che diventano parole, parole che diventano immagini.
Il Museo Marca, che ha come direttore artistico Rocco Guglielmo, presenta un percorso storico in cui si rileggono i lavori degli ultimi trent'anni, ma anche alcuni cicli di nuove opere.
Così, mentre da una parte si possono ammirare le prime sperimentazioni sulle impronte del sistema dell'informazione, (immagini di cronaca rielaborate negli anni Ottanta), dall'altra l'artista presenta alcune installazioni e opere in cui l'immagine è soltanto una fragile traccia, sino alla sua scomparsa.
Come in Without1, 2016, un monocromo di stratificazioni di carte di quotidiano, che evoca provocatoriamente proprio il titolo della mostra, No News, Good News: un titolo che sottolinea l'assedio che permea la società contemporanea, portando a una vera assuefazione dello sguardo.
Nel percorso della mostra Colin compie un lavoro di messa a nudo della macchina narrativa e quindi della rappresentazione: propone, in una sorta di confronto, l'immagine guida (l'immagine mitica) e, contemporaneamente, un riferimento compositivo e insieme tematico di grande impatto ed evidenza.
In qualche caso siamo davanti a un'enunciazione simbolica, a un accostamento fra due immagini che vogliono dire insieme rifiuto, protesta, scandalo, vergogna, accusa. In altri casi, invece, ci troviamo davanti a uno scavo nella memoria della sostanza delle immagini, della loro vera matrice, della loro storia depositatasi dentro di noi, nel tempo.
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MUSEO MARCA
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