L’intervista:
MARGINALI ATTIVI & SWARM ART
Intervista di Sandro Bongiani a Ryosuke Cohen in occasione
del 70° anniversario dell’artista giapponese, della mostra collettiva
internazionale a Salerno con la presentazione di 163 opere di importanti
artisti internazionali e della Mostra
Retrospettiva dedicata a Cohen a Pontassieve (Firenze).
Nato
nel 1948 a Osaka, in Giappone, Ryosuke
Cohen non è il primo e unico artista postale giapponese, prima di lui anche
Shozo Shimamoto aveva condiviso la Mail Art, tuttavia, è certamente l’autore
giapponese più longevo e per certi versi, anche il più interessante e attivo
nel network internazionale di chiunque altro per la diffusione capillare della
pratica Mail artistica. Dopo “Brain Cell”, nell'agosto 2001 ha iniziato anche
un altro progetto chiamato “Fractal Portrait Project”, iniziato in Italia al
fine di realizzare più proficuamente il concetto di “Brain Cell”, facendo
ritratti e Silhouette (face and body) agli amici artisti incontrati in questi
anni nei in diversi incontri (Meetings) in tutto il mondo. Secondo Ryosuke
Cohen, “Brain Cell” è come la struttura di un cervello visto al microscopio, ci
appare come lo schema delle rete con migliaia di neuroni accumulati e
ramificati insieme proprio come il Network dell’arte postale. La Mail art -
scrive l’artista - “is dynamic", because you can be more of an
individual free to create works of art with a new mind, being fragments of the
entire network and sharing snippets of many other artists", e
poi, “la rete si espande da A a B, da B a C, da C a D, da D a A, da C a A e
così via, è come un corpo unico con una costruzione cerebrale fatta di un gran
numero di cellule nervose strutturate e complesse, sistemate in un ordine non
lineare. Ecco perché ha definito questo tipo di esperienza “Brain Cell
(cellule del cervello)”. Praticamente è il risultato di un complesso intreccio
di cellule nervose del cervello, un progetto senza fine, aggiungendo,
“ciò che nasce dal “flusso” Dada, Fluxus e Mail Art è l’unico modo per
realizzare la nuova arte del domani”.Un’arte marginale che implica la
collaborazione e la partecipazione globale degli artisti come strategia
primaria per costruire l’opera. In occasione dei 70 Years di Cohen e della
mostra personale a Pontassieve vicino Firenze (Italy), ho provato a fargli
un’intervista, una sorta di dibattito a due sul suo coinvolgimento intenso nel
mondo della Mail Art e dell’arte marginale e provare, seppur in modo
provvisorio, a fare un primo bilancio delle cose che ha svolto in questi anni
di lavoro.
Sandro
Bongiani: da studente avevi iniziato la
tua prima attività interessandoti a Matisse e Cezanne e successivamente il
movimento Dada e Fluxus fino a scoprire nel 1981 la corrente alternativa e
marginale della Mail Art. Da qui, sono nati nel 1985 i primi Brain Cell e poi
nel 2001, in Italia, i grandi Fractal Portrait Project. Ci racconti gli inizi
della tua attività artistica?
Ryosuke
Cohen: Intorno al 1980,
quando lavoravo all'Arte Concettuale, venni a conoscere la Mail Art attraverso
Byron Black, Canadian Video Artist. Poi ho iniziato a inviare Mail Art, usando
"fukuwarai", un gioco tradizionale giapponese in cui una persona
bendata mette i tratti del viso (occhi, naso, bocca e sopracciglia) su un viso
di carta e "C" come nella tabella di prova della vista. Non prima. Ho davvero sentito l'importanza di Networking
Art nello scambio con i Mail Artists, ho iniziato a inviare BRAIN CELL come uno
dei modi migliori per esprimere una mia idea.
Ho inviato per la prima volta il mio "Ritratto e Corpo" in
modo da rafforzare il concetto di BRAIN
CELL, e poi ho fatto BRAIN CELL (Mail Artists in Italy, 2001). Da allora il
progetto è in corso in molti paesi in Europa, Stati Uniti, Canada e così via.
S. B. Che atmosfera culturale si respirava in Giappone tra gli anni 70 e 80
rispetto a oggi?
Ryosuke Cohen: Nel 1970, quando si tenne il Japan World Expo Osaka, il Giappone era salito su, l'ondata di maggiore
crescita economica. L'anno successivo mi sono laureato in un college di
educazione nel 1974 e sono diventato un insegnante d'arte, sono stato un buon collega
di Sumi Yasuo, un membro di Gutai, e poi sono entrato in contatto con altri
membri del gruppo Gutai.
S. B. In quale anno è nato AU (Artist Union or Art Unidentified) e cosa pensi
del gruppo Gutai?
Ryosuke Cohen: Nel 1975 si organizzarono in AU (Artist Union) sollecitati da
Masunobu Yoshimura, a Tokyo. All'inizio, AU ha iniziato con un vasto gruppo di
autori: non solo artisti ma architetti, persone legate al teatro, critici e
così via. Più tardi Shozo Shimamoto ha rilevato AU. Ho preso parte all'organizzazione nel 1977,
quando vi erano molti membri (7- 8), 5
artisti Gutai erano già stati in AU. Ho promosso relazioni amichevoli, ad
eccezione della grande amicizia che avevo con Shozo Shimamoto, anche con Saburo
Murakami, Tsuruko Yamazaki, Yasuo Sumi.
S.B. Per diversi anni sei stato in contatto e hai fatto dei viaggi in Europa
con il mitico Shozo Shimamoto, che ricordi hai di lui?
Ryosuke Cohen: In AU avevo fatto frequenti attività con Shozo Shimamoto dal 1977 al
1992: scambi meravigliosi con molti artisti nelle nostre tre volte che siamo
stati insieme all'estero (Europa dell'Est nel 1985, USA nel 1987 e Europa
occidentale nel 1990). Ho molti ricordi belli di Shozo Shimamoto nei nostri
viaggi artistici. Certamente, da come aveva studiato psicologia, è stato un
bravissimo produttore di eventi dell'UA e di se stesso.
S. B. Come viene realizzato un “Brain Cell”, che strategia usi per realizzare
l’opera finale?
Ryosuke
Cohen: Riguardo al BRAIN
CELL, stampo 150 fogli di formato A3 per numero, a un ritmo di un lavoro ogni
10 giorni. Ci sono circa 50 partecipanti per ogni numero. Il mio lavoro
successivo è quello di inviare per posta
un foglio a ciascun partecipante, di legare 50 fogli in un libro una volta
all'anno e di conservare il resto per i fare i Portrait Project, per le mostre
che si fanno e per l'invio a chi è
interessato.
S. B. I contributi dei collaboratori sono parte integrante del tuo lavoro?
Ryosuke Cohen: Inutile dire che non posso fare i BRAIN CELL senza i partecipanti a
questo progetto. Brain Cell Network ha costantemente avuto nuove partecipazioni
e continua a muoversi e diffondersi insieme nel tempo.
S.B. Ci vuoi precisare meglio cosa intendi per “Fractal” e per “Soup Orion”,
qual’è la filosofia di base che sorregge il tuo lavoro?
Ryosuke Cohen: Fractal è l'idea di auto-somiglianza
proposta dal matematico francese, Benoit Mandelbrot. Non amo i termini di
"individualità e "originalità" nell'arte. Penso che possa essere
composto dall'accumulo sull'idea di molti artisti e
sulla storia dell'arte: cioè, sono una raccolta di molti frammenti. La ragione della proposta di Orion Soup è che
dovremmo discutere non solo di un'attività nel nostro ristretto campo, ma anche
di un tema libero unico per l'artista, che è il tema fondamentale per
l'umanità: e il numero primo matematico. Orion
Soup è la parola coniata che ho usato per questo modo di fare.
S. B. L’aspetto più interessante e nuovo degli artisti di oggi è quello d’interagire tra loro in una
corale partecipazione. Questo accade
anche in natura. L'aspetto interessante
di tali sistemi biologici è che questi comportamenti nascono ed emergono in
modo spontaneo e autonomo, e vede nella collaborazione tra gli individui
l’aspetto fondante anziché la competizione e supremazia del più forte come
succede spesso nel sistema ufficiale dell’arte contemporanea. La formazione di
grandi gruppi coordinati ma spontanei, ci appare come un immenso sciame assai
noto in natura, vedi il comportamento coordinato di insetti come le api, vespe
e formiche. E’ un organismo gigante con una mente propria e una intelligenza
superiore alla somma dei singoli individui. Lo studio di modelli di questi
sistemi porta allo sviluppo di algoritmi che appartengono alla classe chiamata
swarm intelligence ("sciami intelligenti"). Il comportamento
collettivo osservabile è il frutto delle semplici iterazioni che ha un singolo
componente verso gli altri oppure verso l'ambiente. In tutti questi casi il
gruppo sembra davvero un organismo gigante ed efficiente con una mente propria
e un’intelligenza superiore alla somma dei singoli individui. Questa esperienza la definisco "arte di
confine", proprio perché desidera collocarsi in un "altrove
praticabile” rispetto allo scenario totalizzante di una mediocrità planetaria.
Praticamente un "laboratorio planetario" composto da numerosi
"Network" sparsi su tutto il pianeta: archivi di idee, di
sperimentalismo e di ricerca spontanea. Oggi ci appare una sorta di strana ragnatela di
comunicazioni creata da altrettanti corrispondenti capace di superare le
infinite distanze geografiche del pianeta coinvolgendo concretamente tutte le
Nazioni del mondo in un impressionante e gigantesco puzzle mobile, sempre
variabile, perennemente in movimento”. L’arte di confine è ormai una rete
consolidata di rapporti relazionali composta da migliaia di artisti del Network
che si scambiano ogni giorno messaggi creativi in forma di e-mail, lettere,
buste, cartoline, collage, poesie visive, libri d’artista e persino oggetti
tridimensionali. Con essa la comunicazione visiva assume dimensioni planetarie,
totalmente nuove e inaspettate. Insomma, è il più grande laboratorio
sperimentale di ricerca artistica del pianeta terra (Il laboratorio globale del
Network), un grande polmone di ricerca libera. Osservato nel suo insieme sembra
un gigantesco dinosauro planetario, uno swarm intelligence, un magnifico essere
dal grande occhio che si rigenera permanentemente con gli apporti spontanei di
tante presenze individuali.
Vuoi dirci qualcosa di più sul
tuo metodo di lavoro per realizzare l’opera?
Ryosuke
Cohen: Ho continuato a
stampare BRAIN CELL ogni volta per mezzo di Gokko Print (una tipica stampante
serigrafica semplificata giapponese).
Per prima cosa, mi preparo 16 -18 originali formato cartolina delle Mail
Arts arrivate, quindi realizzo una versione sensibilizzata da cartolina,
utilizzando ciascuna versione (16 -18) originali. Successivamente, stampo 16
-18 diverse copie per un foglio da 3 A, e aggiungo sigilli e/o timbri. Finisco
per stampare 150 fogli di BRAIN CELL per un opera. Fractal Portrait è una
performance che realizzo realmente incontrando i Mail Artists nei “Meetings” che
faccio ogni anno, disegnando il contorno del viso e del corpo
direttamente sul posto. Dopo che, tornato in Giappone, finisco ogni opera con
inchiostro nero cinese (sumi).
S.B. Dopo i "Brain Cell", a partire dal l'Italia del 2001, hai
approdato al “Fractal Portrait Project” del viso e del corpo nei vari incontri
che hai fatto in diversi paesi del mondo approfondendo in modo più proficuo il
concetto dei "Brain Cell", che significato hanno le tue performance
che fai per realizzare le opere Fractal Portrait Project?
Ryosuke Cohen: L'incontro con molti artisti postali all'estero mi permette di conoscere
meglio come si impegnano in un'ampia varietà di forme artistiche e di capire
direttamente la loro passione per l'arte.
S.B. La lettura dei Fractal Portrait Project / include, l’azione
performativa che va a integrarsi con l’esperienza dei precedenti Brain Cell, e
secondo me, riassume una parte di vita e di storia vera del Giappone; penso a
Hiroshima con il tragico bombardamento atomico. Insomma, Hiroshima come la
Pompei spazzata via dalla Vesuvio del 79 d.c. infatti, si racconta che a
Hiroshima il 6 agosto 1945 alle ore 8:15 il bombardamento atomico abbia
letteralmente proiettato le persone al muro diventando solo semplici ombre.
Dilagano nella città di Hiroshima vecchia immagini di questo tipo, quasi una
sorta di macabro promemoria. Le ombre di Hiroshima hanno fermato tragicamente
il tempo e per un momento anche la storia del Giappone. Anche nei tuoi lavori
la presenza dell’uomo diventa sagoma, “presenza -essenza” dell’uomo
contemporaneo. Ci vedo questa associazione nei tuoi lavori. Cosa ne pensi?
Ryosuke Cohen: Fractal Portrait è un'immagine che si collega da "Now" (il
presente) al futuro. Non cattura l'idea dell'ombra ma la silhouette vivente
degli artisti. Hiroshima è una storia triste. Nel 1986 o 1987, Bern Porter,
fisico americano coinvolto nel Progetto Manhattan, venne a trovarmi in
Giappone. A quel tempo aveva lasciato una carriera di
fisico per diventare un Mail Artist. E’ stato un partecipante dal numero 1 di
BRAIN CELL. Mi aveva detto: "LA CELLULA DEL CERVELLO è un simbolo di
pace". Ho iniziato con enfasi sul Networking of art con i BRAIN CELL, ma
recentemente sento fortemente il peso delle sue parole per questa pace.
S. B. Nel panorama contemporaneo dell’arte esistono due tipi di artisti; quei
pittori che collaborano con il sistema “commerciale” dell’arte, e poi “gli
altri”, i franchi tiratori, liberi da obblighi e da vincoli. Riguardo il
sistema “ufficiale” dell’arte, il tuo posizionamento è autonomo, rispetto a
mode e tendenze pre-confezionate, preferendo l’attivismo del circuito
planetario, altro modo, parallelo e convergente, di fare ricerca libera a 360
°. Diceva Marcel Duchamp: Il grande artista deve andare nella clandestinità e
nell’anonimato. Sicuramente, con la Mail Art, la dichiarazione di Duchamp
diventa un lucido programma, dal momento che in te non c’è nessun interesse
commerciale e si presta a questa “nuova dimensione” per la sua intrinseca
capacità di scavalcamento della critica, dei galleristi, del mercato, in un
confronto “diretto”, tra un artista e l’altro e, soprattutto, in un
attraversamento “libero” delle più diverse tendenze dell’arte di ricerca. Cosa
puoi dirci?
Ryosuke
Cohen: Non c'è scopo nelle
attività dell'artista. Non è qualcosa che possiamo fare per dominarlo. Credo
che il lavoro dell'artista sia quello di pensare sempre a "Cos'è
l'arte?".
S. B. In una interessante intervista del 2012, John Held Jr. ti chiese se
dopo aver completato la silhouette frattale salvavi qualche opera per te
stesso, magari per una possibile e futura mostra dei lavori. In quella
occasione tu confessavi che ti risultava difficile raccogliere tutto il
materiale da esporre, visto che ogni opera realizzata viene regalata agli
amici. Di sicuro, una mostra del genere fino a qualche anno fa risultava
improponibile se non impossibile per un artista che lavora come te. Nel 2015
con lo Spazio Ophen Virtual Art Gallery il problema è stato superato
presentando 15 anni di lavoro dei “Fractal Portrait Project” visibili con un
vernissage virtuale collettivo e contemporaneo in tutto il pianeta. Come vedi
la tecnologia e i nuovi strumenti di comunicazione risolvono problemi
considerati apparentemente insormontabili. Che ne pensi?
Ryosuke
Cohen: Non mi sarei mai
aspettato che il mio lavoro
fosse presentato in questo modo. Sono rimasto sorpreso dalla raffinatezza dello
Spazio Ophen Virtual Art Gallery. Sono grato del risultato. Sono certo che, a
causa della diffusione della SNS, il ruolo assumerà un'importanza sempre
maggiore in futuro.
S. B. Una mia personale curiosità, come importante artista contemporaneo, hai
un sogno particolare nel cassetto che vorresti realizzare al più presto?
Ryosuke Cohen: Innanzitutto, mi piacerebbe andare all'estero il più spesso
possibile, al fine di continuare a fare i
Fractal Portrait Project. Attualmente conservo tutte la Mail Art (35
anni circa) presso un magazzino di noleggio e
la mia casa. In secondo luogo, credo che lo donerò a musei e alle gallerie in
modo da utilizzarlo per ricerche su la Mail Art.
(Tradotto il 20 maggio 2018 dall’inglese all’italiano a
cura di Sandro Bongiani).