Alla XXI Triennale di Milano, nell'ambito della mostra"Stanze. Altre filosofie dell'abitare" - a cura di Beppe Finessi - Francesco Librizzi interpreta lo spazio secondo la propria poetica, mettendo in scena la prima stanza dell'uomo.
Si chiama D1, è una stanza che racconta la scoperta dello spazio domestico: la rivelazione della linea che ci divide dalla natura, oltre la quale lo spazio non è più selvatico.
La scoperta dello spazio domestico
D1 mette in scena un modo di abitare senza tempo, radicato nella memoria collettiva di tutto il bacino mediterraneo: un ambiente vuoto, posizionato al centro, che fa da cardine a una serie di spazi satellite che gli orbitano attorno.
D1 fa leva sulla fantasia mitica di un momento originario in cui, per la prima volta, un uomo si è fermato perché affascinato dalle qualità di un luogo e ha deciso di rimanervi.
In questo senso D1 è la "prima stanza dell'uomo": il luogo con cui ci siamo identificati e dove ci siamo accorti di non essere più nomadi; quel luogo al centro di tutto dove portiamo ciò che raccogliamo nel nostro cammino e attorno al quale costruiamo la nostra casa.
La creazione dello spazio
Lo spazio è formato da tre recinti concentrici di esili colonne di metallo colorato, che sospendono a quote diverse una linea continua di trabeazione.
- Il primo recinto è un limite blu, che separa dallo spazio esterno e porta dal paesaggio all'architettura.
- Il secondo, in rosso, è la soglia che identifica e contiene lo spazio interno.
- Il terzo limite è il perimetro di un tavolo, che determina il passaggio di scala da uno spazio degli uomini ad uno popolato da oggetti.
Sul piano del tavolo un "trionfo" di microarchitetture celebra il valore degli oggetti che scegliamo di portare con noi.
Un cielo architettonico incombe, creando una volta artificiale che - proiettandosi sullo spazio interno - determina il campo in cui orbitano gli arredi.
La stanza rivela i propri limiti gradualmente, manifestando la soglia tra interno ed esterno per evidenziare il ruolo dell'architettura nella mediazione tra paesaggio, spazio domestico e oggetti.
D1 è in effetti il progetto della soglia che ci divide dalla natura, oltre la quale lo spazio non è più selvatico ma domestico.
La struttura
La struttura del D1 esplora la molteplicità di soglie e involucri nei passaggi di scala in architettura.
La presenza di elementi strutturali a vista, mette in luce l'influenza che gli oggetti hanno nel determinare i campi di esercizio delle nostre azioni. Recinti concentrici compongono la dialettica tra interno ed esterno, da cui si generano una molteplicità di spazi possibili.
Realizzata da De Castelli con precisione assoluta, la sezione degli elementi metallici che costituiscono la trabeazione varia a seconda dell'altezza da terra della trabeazione stessa, da un minimo di 25x25 mm fino ad un massimo di 25x70 mm.
Per evidenziare la natura profondamente metallica della struttura si è scelto di utilizzare una finitura che avesse un tono cromatico ma che lasciasse trasparire le caratteristiche materiche dell'acciaio.
Trionfi da tavola
Il tavolo del D1 racconta la necessità per l'uomo di assegnarsi limiti. Sul tavolo campeggiano delle micro architetture; i "trionfi da tavola" mettono in scena la necessità dell'uomo di dare rilievo e portare in evidenza ciò in cui crede e che ritiene importante tenere con sè.
Realizzati da Emmemobili, sono costituiti da elementi in ottone tagliati ad acqua, sono assemblati e saldati in argento per formare telai continui con struttura reticolare.
Le sedute e la scelta di stare.
Nella "prima stanza dell'uomo", le sedie esprimono la sua consapevolezza di voler rimanere in quel luogo. Sedute diverse ci raccontano il tempo molteplice che viviamo nello spazio domestico: l'azione attorno a un tavolo o semplicemente la necessità di sedersi.
Realizzate da Zanotta, le sedie con braccioli nascono in continuità con due tradizioni: da una parte riprendono l'immagine delle poltroncine di Vienna, dall'altra si rifanno all'interpretazione moderna delle sedute in tubolare di acciaio che sfruttano le proprietà elastiche del metallo introducendo il tema della seduta "cantilever".
Il risultato è una sedia dall'impressione fortemente familiare ma con una innovazione tecnica originale.
I telai sono realizzati con un profilo di acciaio estruso a sezione quadrata piena di 12 mm.
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Struttura: De Castelli
Sedute: Zanotta
Trionfi da tavola: Emmemobili
Marmi: Lo Bianco Marmi
Opere in cemento: Sara Galli
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XXI Triennale International Exhibition
Palazzo dell'Arte, Milano
"21st Century. Design after Design"
2 aprile – 12 settembre 2016
Stanze. Altre filosofie dell'abitare
Curatore: Beppe Finessi
Progetto di allestimento: Gianni Filindeu
Progetto grafico: Leonardo Sonnoli
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Francesco Librizzi
www.francescolibrizzi.com
Architetto, classe 1977.
Il suo lavoro è stato esposto da istituzioni quali il Louvre di Parigi, la Triennale di Milano, la Biennale di Venezia.
Ha ricevuto premi e riconoscimenti come il Prix Émile Hermès (2008), la Menzione d'Onore Compasso d'Oro (2014).
Casa G, cover project di Abitare 538, per le sue qualità spaziali e materiche nel 2015 ha vinto il premio "AZ Awards" come Best Residential Interior 2015 e il PremioArchmarathon 2015 nella sezione "Private Housing".
Tra gli allestimenti più rilevanti, il progetto del Padiglione Italia alla XII Biennale di Architettura di Venezia nel 2010, il Padiglione del Bahrain alla XIV Biennale di Architettura di Venezia nel 2012, la mostra "Gino Sarfatti: il design della luce" alla Triennale di Milano del 2012.
Nel 2013 è stato invitato a progettare una installazione dedicata a Bruno Munari, per la VI edizione del Triennale Design Museum.
Nel 2016 è tra gli 11 progettisti invitati dalla XXI Triennale per progettare una ambiente nella mostra Stanze. Altre filosofie dell'abitare. A cura di Beppe Finessi.
Attualmente insegna Architettura degli Interni presso il Master di Interior Design di Domus Academy e la Facoltà di Architettura di Genova.
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