Dell’artista Luigi Le Voci – originario di Castrovillari, ma tramutatosi rapidamente in amante passionale delle grandi città europee – hanno scritto, negli anni, firme importanti del panorama critico italiano, da Luigi Carluccio a Giovanni Arpino, Massimo Mila e Marziano Bernardi. Fu proprio quest’ultimo – storico critico del quotidiano La Stampa – a scoprirlo, seguirlo e sostenerlo negli anni passati dall’artista a Torino, prima come studente della facoltà d’architettura e poi ribelle e idealista promotore di se stesso con l’apertura, nel 1976, dello Spazio Le Voci, in cui esponeva le sue opere per venderle direttamente al pubblico, saltando a piè pari il mondo delle gallerie d’arte. «Un romantico nel senso Ottocentesco della parola», così lo definiva il grande critico torinese, «candidamente emotivo […], d’una assoluta sincerità di sentimenti, che osa dipingere dei violinisti in estasi, dei frati invasati di misticismo alla Greco, e ricupera i saltimbanchi del primo Picasso ma in chiave di passionalità disarmata». Ogni recensione dedicata al lavoro di Le Voci propone un’influenza nuova, un grande nome della storia dell’arte da accostare al suo gesto pittorico irrequieto e vivo, serpeggiante e frizzante in tracce concise, frammenti di segno, slanci e soprassalti di accenti: un tocco volante e guizzante alla De Pisis; e poi ancora Toulouse Lautrec, Velazquez filtrato attraverso Manet, il pizzico fiabesco alla Chagall e alla Utrillo. Questi riferimenti, che senza dubbio nobilitano l’artista, non devono però far pensare ad una mancanza di personalità. Le Voci ha un linguaggio individuale che si inserisce nella tradizione dei pittori di strada e che fa di lui l’ultimo grande bohemien; originale proprio per il suo legame alla figura in un periodo storico di costante fuga informale. Un linguaggio pieno di forza e di tensione lirica, fatto dell’irrequietezza demoniaca di un universo romantico. La sua pennellata, ora corposa e opulenta, ora levigata fino a rasentare la velatura, è stata capace di cogliere scorci caratteristici di città quali Parigi, Torino e Milano, restituendone delle cartoline animate. Grazie ad un ben miscelato impasto di agilità pittorica, perizia grafica e freschezza, è sempre riuscito a sottrarre le immagini all’ovvietà, facendone dei quadri pieni di garbo e coinvolgente allegria. È ciò che accade anche per gli oltre quaranta dipinti che compongono questa personale che gli dedica il MACA – Museo Arte Contemporanea Acri – in collaborazione con la BCC Mediocrati di Rende (Cs) –, e che rappresentano l’ennesima sensuale frattura che il pittore intende aprire nella rigidità del mondo. Le Voci è un artista profondamente europeo, come sapevano esserlo i suoi colleghi del XIX secolo. I suoi gesti rapidi, eppure vigorosi, fatti di una tecnica ricca di preparazione didattica trasfigurata attraverso un animo irrequieto ed una fantasia esuberante, vivificano gli angoli parigini così come le strade di Milano ed i panorami calabresi di cui sono rievocati i teneri fantasmi attraverso pennellate che sbocciano come fuochi d’artificio.
Mostra:
Luigi Le Voci, l’ultimo grande artista bohemien
Luogo:
MACA – Museo Arte Contemporanea Acri Palazzo Sanseverino, Piazza Falcone 1, 87041, Acri (Cs)
Curatori:
Boris Brollo, Federico Bria
Periodo:
27 marzo – 30 maggio 2010
Vernissage:
27 marzo 2010 ore 18
Orario:
9-13 e 15-19, chiuso il lunedì
info:
Museo – tel. 0984953309; Ufficio stampa MACA - tel. 0119422568 maca@museovigliaturo.it www.museovigliaturo.it
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