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mercoledì 13 gennaio 2016

In mostra la LUNA alla Galleria MAC di ROMA | 22 gennaio - 12 marzo 2016

Venerdì 22 gennaio 2016, alle ore 17, la galleria MAC Maja Arte Contemporanea (via di Monserrato 30, Roma), inaugura la personale della pittrice Margareth Dorigatti, presentando un nuovo ciclo di opere dal titolo Luna/Mond (2014-2015). 

Se nelle passate mostre (Lago/See, Rubra, Erlkönig) la pittrice ha indagato mondi referenziali molto personali, condividendone sensazioni e sentori attraverso l'evocazione di archetipi riconoscibili anche per chi non ha avuto, o voluto avere, diretta percezione di quelle realtà, con Luna/Mond rivolge invece l'attenzione a qualcosa che esercita una primordiale e ineluttabile influenza su ognuno di noi durante l'intero percorso della vita; anzi, dalla fase che precede la nascita agli instabili stati che seguono alla morte; dalla concezione alla decomposizione.

"Nell'aprirsi alla Luna si è coinvolti in un processo alchemico in costante evoluzione. Come ben sapevano le più varie culture antiche, chi non bada alla Luna rinuncia alla coscienza, alla lettura delle cause rarefatte, all'intendimento", scrive Kate Singleton nel testo critico che accompagna la mostra. "Ognuno - e specialmente ognuna - ha le proprie lune. Laune in tedesco significa non solo indole e atmosfera, ma anche fantasia e capriccio; ossia creatività. Margareth Dorigatti è nata sulla scia del plenilunio, poche ore dopo un'eclisse lunare. Nel suo destino ci sono pertanto allineamenti non comuni, congiunzioni significative, un elemento di sizigia, ossia la ricomposizione dei contrari inseguito dagli alchimisti. Non a caso i suoi dipinti ci tirano dentro a un firmamento potente, a un universo onirico ma anche drammaticamente reale, fonte e crogiolo di memorie intime e sfuggevoli tutt'altro che estranee."

Con la pittura Margareth Dorigatti palesa l'esperienza profonda e ce ne rende partecipi. Adopera e manipola gli strati di colore per svelare gli aspetti più elusivi del vissuto, per richiamare una distante risonanza, un eco labile e vago. E noi, osservatrici e osservatori, nei nostri diversi modi seguiamo il suggerimento, l'invito a scavare tra gli anfratti più nascosti della coscienza. Tale è l'archeologia dell'anima. 


MARGARETH DORIGATTI 

Nasce a Bolzano nel 1954. Nel 1973 studia all'Accademia di Belle Arti di Venezia con Emilio Vedova. Nel 1975 si trasferisce a Berlino dove studia Pittura, Grafica e Fotografia presso la Hochschule der Künste. Nel 1977 fonda una Casa-atelier frequentata dai maggiori artisti e personaggi dello spettacolo presenti a Berlino. Nel 1980 inizia la sua attività espositiva in gallerie private di Berlino. Nel 1983, insieme a Joachim Szymzcak, realizza un progetto di vaste proporzioni all'interno della rete metropolitana berlinese: 75 dipinti all'interno di 8 stazioni. Vince un concorso indetto dalla Internationalen Bauausstellung per la realizzazione di una facciata storica di un palazzo di Kreuzberg. Nel 1984 si trasferisce a Roma dove ha inizio la sua attività pittorica ininterrotta.

Espone in Italia e all'estero presso gallerie private, luoghi pubblici e musei (Roma, Parigi, Milano, Pescara, Bolzano, Modena, Bologna, Berlino, Nimes, Lyon, Köln, Bonn, etc.). Partecipa a mostre collettive in Italia e all'estero.

E' titolare della cattedra di Decorazione presso l'Accademia di Belle Arti di Roma.
"Dorigatti è una artista delle affinità elettive. Le corrispondenze vengono cercate piuttosto negli ambiti della letteratura e della musica che non nelle arti visive, dove certamente si è allontana dal postmoderno per riavvicinarsi a una sorta di classicismo, se inteso in senso etico e strutturale, quindi di forma e di sostanza. L'occuparsi di miti, di déi, santi e demoni, diventa quasi obbligatorio, e si prefigura come costante nella sua opera." [E.C.] 

Artista: Margareth Dorigatti 
Titolo mostra: Luna/Mond 
A cura di: Daina Maja Titonel 
Testo critico in catalogo di: Kate Singleton 
Dove: MAC Maja Arte Contemporanea, via di Monserrato 30, 00186 Roma 
Quando: 22 gennaio - 12 marzo 2016 
Opening: venerdì 22 gennaio 2016, ore 17-20,30 
Orari apertura: martedì - venerdì h.15,00 - 20,00; sabato h. 11 - 13 / 15,30 - 19,30. Chiuso lunedì e festivi; altri orari su appuntamento. Ingresso libero. 
Apertura straordinaria: domenica 14 febbraio e 6 marzo 2016, h. 12-19 
Info:  tel. 06.68804621 / email: info@majartecontemporanea.com / sito: www.majartecontemporanea.com


Didascalia immagine: Margareth Dorigatti, “Luna/Mond #33”, 2015, tecnica mista su tela, cm. 120 x 80

martedì 12 gennaio 2016

Sculture itineranti per raccontare il rapporto tra uomo e boschi

S'inaugura giovedì a Trento la prima tappa della decima edizione della mostra "Luci ed ombre del legno" patrocinata dal PEFC Italia, lo schema di certificazione per la gestione forestale più diffuso al mondo. 

Obiettivo: sottolineare il forte rapporto tra comunità e alberi sensibilizzando anche al corretto uso della materia prima legno. Il Premio PEFC ad uno sculture della Valle d'Aosta

Trento, 12 gennaio 2016 - Una mostra per far conoscere le diverse espressioni che la scultura lignea può assumere, per sottolineare il forte legame tra l'animo delle popolazioni alpine con il bosco e sensibilizzare al tempo stesso sull'importanza della corretta gestione del patrimonio forestale, attraverso diversi interpreti di spicco e grazie a un viaggio lungo sette mesi in importanti città del Centro–Nord Italia: la nuova edizione di "Luci ed ombre del legno...una mostra che viaggia" prenderà il via giovedì prossimo, 14 gennaio, alle 18 al Palazzo Roccabruna di Trento, nel quale rimarrà fino al 17 febbraio (www.luciedombredellegno.it).

L'iniziativa, organizzata dal Centro di Documentazione del Lavoro sui boschi, taglia quest'anno il traguardo dei 10 anni: "In questo tempo – spiega Remo Tomasetti, tra gli organizzatori della mostra - è cresciuta di importanza consolidandosi come un appuntamento fisso e ricercato nel panorama artistico nazionale. In tutto saranno visibili ventuno opere, originali e suggestive, a disposizione per essere osservate dal vero in un viaggio allegorico ed emozionale. Un modo innovativo per conoscere un territorio attraverso le suggestioni e gli odori rimasti impressi nell'opera d'arte".

Proprio per sottolineare l'importanza di ricostruire un sano legame tra il patrimonio boschivo e le diverse comunità locali, l'esposizione avrà, tra i soggetti patrocinatori, anche il PEFC, lo schema di certificazione per la gestione forestale sostenibile più diffuso al mondo: "Il modo migliore per tutelare i nostri boschi non è considerandoli dei santuari intoccabili ma diffondendo la cultura della loro corretta gestione" spiega Antonio Brunori, segretario generale del PEFC Italia

"Solo in questo modo si può assicurare loro una lunga vita, facendoli tornare ad essere al tempo stesso una preziosa risorsa economica per le persone che vivono in quei territori e un volàno di crescita per l'intero Paese".
Gli autori esposti quest'anno sono i quattro vincitori dell'ultima edizione del Simposio del Tesino, dove, ogni metà estate, quasi trenta artisti di provenienza internazionale vengono invitati e, per una settimana, scolpiscono per le vie e le piazze dei quattro paesi che caratterizzano l'altopiano trentino.

Alle sculture premiate dalla giuria di qualità, il PEFC Italia aggiunge un quarto "premio", ai valori artistici e all'uso di un tronco proveniente da boschi certificati locali vengono aggiunti altri criteri di selezione quali l'aver utilizzato il tronco assegnato producendo il minimo scarto possibile, senza averne snaturato la forma originaria, non avere coperto il tronco con vernici o altri materiali al fine di lasciare intravvedere le venature del legno. Il Premio PEFC quest'anno va alla  scultura di Angelo Giuseppe Bettoni, scultore della Valle d'Aosta, dal titolo "Ricerca", che rappresenta una sfera posta su un piedistallo, in pino cembro del Lagorai, foreste certificate PEFC.

Vinzenz Senoner di Santa Cristina (BZ), Dino Damiani di Grignasco (NO), Toni Venzo di Pove del Grappa (VI), Angelo Bettoni di Perloz (AO), sono i protagonisti dell'edizione 2015. A loro, l'organizzazione, come ormai tradizione, ha affiancato un maestro trentino di chiara e riconosciuta esperienza. 

Per quest'edizione, la scelta è ricaduta su Othmar Winkler, uno dei più rappresentativi scultori regionali del '900. Dopo Trento, l'esposizione, resa possibile grazie al supporto attivo della Provincia Autonoma di Trento, della Regione Trentino Alto Adige, dei Comuni di Castello Tesino, Pieve Tesino, Cinte Tesino, Bieno e dell'APT Valsugana, farà tappa a Verona, Dozza (BO), Monzuno (BO), Borgo Valsugana (TN) e Vignola (MO).



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lunedì 11 gennaio 2016

Francesco Pantaleone arte Contemporanea: Ongoing WAX

WAX
text by/testo di Salvatore Davì



Chen Zhen - Un village sans frontiers, 2000, wood, wax, cm 51x31x23


Domenico Bianchi
Bruno Ceccobelli
Paolo Grassino
Concetta Modica
Liliana Moro
Ignazio Mortellaro
Luca Pancrazzi
Nicola Pecoraro
Alessandro Piangiamore
Loredana Sperini
Michele Tiberio
Vincenzo Schillaci
Francesco Surdi
Luca Trevisani
Chen Zhen


17 Dicembre 2015 / 27 Febbraio 2016
December 17th 2015 / February 27th 2016

La galleria è aperta dal martedì al venerdì dalle 10:00 alle 19:00
Sabato dalle 10:00 alle 18:00
Domenica e lunedì chiusi



Wax in artistic production has an ancient and incomplete history; its employment is documented since fifth millennium b.C. and from that time the physiological conditions of its production remained the same. But, in 1911, the historian Julius von Schlosser dedicated an entire paper on this subject: History of Portraiture in wax, a very innovative text, because of the absence of ceroplastics studies before 1911; sources only conduct toward a few anecdotes, some notes and brief historical hints, which actually get lost in the lack of specific texts chasm. We can find some information in classical essays, in middle-age recipe books and in some Renaissance and seventeenth century contracts, from which we can deduce the customer and the author.

The history of this technique was so frail and fragmented until the end of the nineteenth century, that might seem unlikely that they have reached us and perhaps no thanks to erudite philology, which has often demeaned wax as a by-product and considered ceroplastic as a minor technique, but mostly because of some intrinsic and physics features of wax itself: malleable at 32 centigrades and meltable at 60. If we look also at the extraordinary process whence it's generated, we realize its preciousness. A unique preciousness, because every time we look at a wax-made object, even just a small 15 cm and 50 gr of weight, portrait-locket, we are considering a thousand bee's work. This is the dazzling preciousness that an objective look at the nature of wax can produce on us; but it is a mistake, if we think that man needs an artificial spread to balance the unavoidable disharmony that frequently occurs between the eye and the word, between culture and nature. That is the reason why the aesthetic employment of wax rewards its natural preciousness, with a mite that ceroplastic techniques had to pay to nature, through a very high grade of mimèsi. The extreme ductility and its changeability made wax the ultimate product to exalt the imitative process, ability with many purposes from time to time. But, no matter what the purpose was, wax has always been the perfect accomplice for any sort of artifitio, always ready to disappear, destroying any proof, always prepared to be the scapegoat. It is really a reliable partner both for devotional uses, as in the case of iperrealistic votive statues, offered since sixteenth century, to the church of Santissima Annunziata in Florence, and for sinful and frivolous employment, like the representation of «vinitiane ignude», subjects made by venetian artisans and required in all Europe.

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ITALIANO

L’uso della cera per la produzione artistica ha una storia tanto antica quanto incompleta; il suo utilizzo è documentato dal quinto millennio a.C. e da allora le condizioni fisiologiche della sua produzione sono rimaste intatte, è nel 1911 che lo storico Julius von Schlosser dedica un intero saggio sul tema, Storia del ritratto in cera. Si tratta di un testo innovativo, perché prima del 1911 le fonti conducono solo a qualche nota e a brevi cenni storici, che però si perdono nelle voragini dell’insufficienza di testi specifici. Delle notizie si trovano nei trattati classici, nei ricettari medievali e in alcuni contratti rinascimentali e seicenteschi, dai quali si può dedurre committente e artefice.

La storia di questa tecnica fino alla fine dell’Ottocento, è così fragile e frammentata, che sembra improbabile che il sapere di quelle maestrie sia arrivato fino ai giorni nostri. Il merito non è tanto della filologia erudita, che spesso ha declassato la cera a sottoprodotto e la ceroplastica ad arte minore, ma se ancora oggi abbiamo artisti che lavorano la cera, si deve alle caratteristiche che contraddistinguono la sua natura: modellabile a 32 gradi e raggiunge un grado di fusibilità a 60. Se pensiamo, inoltre, alla straordinarietà del processo che la genera, ci accorgiamo anche del suo pregio. Una preziosità unica, perché ad esempio, ogni volta che vediamo una cera, anche solo un piccolo cammeo di pochi centimetri, abbiamo di fronte la forza lavoro di migliaia di api. Questa è la rarità accecante che uno sguardo oggettivo sulla natura della cera può dare, ma si tratta solo di un abbaglio, al cospetto dello scarto artificiale che serve a compensare l’inevitabile dissintonia che corre tra occhio e mondo, per assottigliare la differenza tra natura e cultura. Per questo le tecniche ceroplastiche ricompensano la naturale preziosità della cera, con un obolo che hanno dovuto pagare alla natura, attraverso un elevatissimo grado di mimèsi. Qualsiasi fosse la finalità dell’imitazione, la cera è sempre stata complice perfetta per ogni tipo di artifitio, sempre pronta a sciogliersi eliminando ogni traccia e sempre pronta a far da capro espiatorio. Si tratta di una materia affidabile sia per usi devozionali, come nel caso delle iperrealistiche statue votive offerte per leggendaria tradizione, nel Cinquecento, alla chiesa della Santissima Annunziata di Firenze, sia per impieghi mondani e licenziosi, come per la produzione delle raffigurazioni in cera di «vinitiane ignude», soggetti commissionati da tutta Europa, alle maestranze veneziane.

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Mostra "ROSPI E LUMACONI. Suggestioni dalle carte di Gianni Brera" | Laboratorio Formentini, Milano | 18 gennaio - 7 febbraio 2016


                                                                                     

  
ROSPI E LUMACONI
Suggestioni dalle carte di Gianni Brera

Milano, Laboratorio Formentini per l'Editoria
18 gennaio - 7 febbraio 2016

mostra documentaria  cura di Anna Lisa Cavazzuti

In occasione dell'uscita del volume Storia di Gianni Brera 1919-1992, a cura di Franco Contorbia Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori inaugura presso il Laboratorio Formentini per l'editoria


ROSPI E LUMACONI. Suggestioni dalle carte di Gianni Brera.


Invenzioni poetiche o rospi e lumaconi - come scriveva lo stesso scrittore nell'Arcimatto?

La mostra propone un viaggio nel mondo giornalistico attraverso le carte d'archivio di uno dei più celebri rappresentanti dell'informazione sportiva italiana del XX secolo. Le tessere d'ingresso al velodromo Vigorelli e all'ippodromo di San Siro, i pass di Tour e Olimpiadi, pagine di taccuini e agende, annotazioni su boxe, atletica, ciclismo e soprattutto calcio sono solo alcuni degli elementi che compongono l'universo professionale di Gianni Brera.
A ricordare che anche i documenti amministrativi presenti negli archivi possono raccontare storie interessanti,  la mostra presenta anche uno dei tanti contratti conservati, quello con la Rai per la partecipazione alla "Domenica sportiva". Una narrazione composta da dattiloscritti con correzioni a mano, ritagli stampa e alcune fotografie che ritraggono Brera a caccia e alla macchina da scrivere.

Non solo lavoro, ma anche sfera privata. Ai documenti professionali si affiancano lettere, fotografie e immagini di una vita dedita alla scrittura: dal libretto d'iscrizione alla Reale Università degli studi di Pavia agli scambi epistolari con Vittorio Sereni, Giovanni Giudici, Carlo Cassola, Mario Soldati e Indro Montanelli.
Un percorso che connota la ricchezza dei materiali che costituiscono l'Archivio Gianni Brera e evidenziano l'eterogeneità delle tipologie documentarie tipiche degli archivi di persona, senza rinunciare a offrire a esperti e appassionati testimonianze e suggestioni di ricerca.
In concomitanza con l'apertura della mostra, lunedì 18 gennaio alle ore 18.30, si svolgerà l'incontro Il piacere ludico del prestipedatare. Gianni Brera e il calcio: epica, fatica, scrittura per approfondire l'enorme contributo dell'autore al giornalismo sportivo. Ai partecipanti sarà distribuito il volume Storia di Gianni Brera 1919-1992, a cura di Franco Contorbia.


Laboratorio Formentini per l'editoria  

Via Formentini, 10 | Milano | 02.49517840

formentini@laboratorioformentini.it

http://www.laboratorioformentini.it/

FB: https://www.facebook.com/laboratorioformentini/

TW: https://twitter.com/Formentini10


Angela Merkel in Polesine: merito dell'artista Dodicianni!

Andrea Dodicianni e la sua mostra "Ich liebe Angela": quando l'arte si maschera da bufala


Voi credereste ad una visita di Angela Merkel nella provincia "più noiosa d'Italia"?

Probabilmente no, ma l'artista Andrea Dodicianni è riuscito a farlo credere ad un'intera provincia.

Una settimana fa sono comparsi nel comune di Adria numerosi manifesti pubblicitari con la figura di Frau Merkel e in sovrimpressione la scritta che non lasciava spazio all'immaginazione: "Angela ad Adria". 

E così i giornali locali si scatenano a rilanciare la notizia, chiedendone spiegazione in primis al sindaco che ovviamente smentisce di esserne a conoscenza e bolla il tutto come "bufala".

Di lì il pronto comunicato rilanciato in molti siti (ovviamente finti) secondo il quale il canale per l'arrivo non sarebbe "istituzionale", ma religioso.  

Il fantomatico motivo sarebbe infatti una devozione molto sentita della cancelliera tedesca per San Bellino, santo protettore di Adria e Rovigo,  il tutto supportato da citazioni, foto, link, chiaramente creati ad arte.

La mattina stessa ecco arrivare l'ultimo scoop, un fantomatico scatto rubato in cattedrale che ne testimonierebbe l'arrivo (c'è bisogno che ve lo diciamo ormai che anche quello era finto?) e un rimando ad un incontro pubblico il pomeriggio stesso in una sala comunale.

Il tam tam sul web si fa virale; in poche ore, la gente condivide, cerca notizie, in poche parole: la beve.

Alle 15 in punto l'apertura delle porte, il lancio sul web della locandina ufficiale della mostra e tante (troppe?) facce incredule della gente che fuori aspettava di vedere Frau Merkel.

Il contenuto della mostra? Trattasi di una messa in scena artistica, di uno specchietto per le allodole, avente come artefice Andrea Dodicianni, che non pago dei suoi successi come cantautore pop, ha deciso di diventare artista, iniziando dal suo territorio e da una donna che non passa di certo inosservata. 

I modelli di riferimento di Dodicianni sono sicuramente Maurizio Cattelan, come si evince anche dalla strategia comunicativa di questa mostra, e Marina Abramovich per quanto riguarda l'aspetto di coinvolgimento del pubblico rispetto all'opera. 

il cantante racconta di avere una vera e propria ossessione per Frau Merkel, tanto da sognarla pure di notte, e da qui il titolo della mostra "Ich liebe Angela".

Tra ironia e provocazione, le immagini in mostra mettono in luce l'aspetto più umano e ufficioso della donna più potente, apparentemente severa e algida, giocando con le sue tipiche espressioni facciali, i gesti, gli ammiccamenti. 

Ne deriva una carrellata di caricature a tratti efficaci, a tratti blasfeme, a tratti nonsense, di una grande icona dei nostri tempi;  l'icona della «cancelliera di ferro», della donna di potere, dell'attrice politica ferocemente determinata e, agli occhi di chi non l'apprezza, altrettanto cinica, della dominatrice che comanda e condiziona l'Europa. 

Tuttavia certe mostre possono fare miracoli e trasformare i cattivi, per magia, nel loro opposto, facendoci riflettere sui cliché che ci portiamo dietro e sul fatto che il mondo non può essere diviso in sterili categorie, o tra buoni e cattivi. 

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