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venerdì 13 gennaio 2017

Milano: mostra "Guido Alimento. Reflex" - con gentile richiesta di segnalazione

Guido Alimento. Reflex
a cura di Elena Amodeo e Vittorio Schieroni

M4A - MADE4ART, Milano 
16 - 23 gennaio 2017 
Inaugurazione lunedì 16 gennaio, ore 18.30


Lo spazio M4A - MADE4ART di Milano inaugura il nuovo anno espositivo con Reflex, mostra personale dell'artista e fotografo Guido Alimento (Macerata, 1950) a cura di Vittorio Schieroni ed Elena Amodeo

In esposizione una selezione di opere caratterizzate dalla presenza preponderante della luce, riflessa, filtrata, catturata in immagini evocative e ricche di fascino dall'obiettivo dell'artista, che coglie forme e geometrie create dall'uomo o dalla natura per realizzare composizioni accomunate da rigore formale e una decisa tendenza verso l'astrazione.

Presso la sede di M4A - MADE4ART verranno esposte opere appartenenti alla serie Blues in the city, dove i grattacieli di New York si rivelano come un sorprendente reticolo di linee, ondulazioni e colori grazie al riflesso della luce sul vetro della loro superficie: un fondersi di più livelli e uno specchiarsi di dettagli architettonici che dialogano tra loro con un ritmo quasi musicale. 

In mostra anche una selezione di lavori appartenenti alla serie Metamorfosi d'acqua, poetici scatti in bianco e nero che ritraggono le geometrie e le inaspettate evoluzioni che la natura crea grazie alla trasformazione dell'acqua in ghiaccio, con i chiaroscuri e i riflessi della luce invernale sulle superfici traslucide che danno vita a pregevoli composizioni astratte.

Le opere in esposizione, tutte realizzate nel corso del 2016 con macchina fotografica reflex, mettono in risalto la capacità dell'artista di andare oltre la riproduzione pura e semplice del soggetto ritratto, conferendogli una dimensione intima e personale. 

Reflex, con data di inaugurazione lunedì 16 gennaio, rimarrà aperta al pubblico fino al 23 dello stesso mese; un evento M4E - MADE4EXPO, media partner della mostra la testata di fotografia Image in Progress.

Guido Alimento. Reflex
a cura di Vittorio Schieroni ed Elena Amodeo
16 - 23 gennaio 2017
Inaugurazione lunedì 16 gennaio, ore 18.30
Lunedì ore 15 - 18, martedì - venerdì ore 10 - 13 / 15 - 18
Catalogo della mostra - Collana M4A-MADE4ART
scaricabile dal sito Internet www.made4art.it

M4A - MADE4ART
Spazio, comunicazione e servizi per l'arte e la cultura
Via Voghera 14 - ingresso da Via Cerano, 20144 Milano
www.made4art.it, info@made4art.it, t. +39.02.39813872

Un evento M4E - MADE4EXPO
Media Partner Image in Progress



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Collezione Giuseppe Iannaccone | La Triennale di Milano | Giuseppe Iannaccone: Italia 1920-1945. Una nuova figurazione e il racconto del sé - opening 31 gennaio 2017




COLLEZIONE GIUSEPPE IANNACCONE

ITALIA 1920-1945
UNA NUOVA FIGURAZIONE E IL RACCONTO DEL SÉ

1 FEBBRAIO – 19 MARZO 2017

Francesco Menzio, Ritratto di giovane, 1929, olio su tela

La Triennale di Milano e Giuseppe Iannaccone
sono lieti di annunciare 
COLLEZIONE GIUSEPPE IANNACCONE

ITALIA 1920-1945
UNA NUOVA FIGURAZIONE E IL RACCONTO DEL SÉ
a cura di Alberto Salvadori e Rischa Paterlini

Promossa da Fondazione Triennale di Milano e Giuseppe Iannaccone
Direzione Artistica Settore Arti Visive Triennale Edoardo Bonaspetti

La Triennale di Milano
1 febbario – 19 marzo 2017


La Triennale di Milano e Giuseppe Iannaccone sono lieti di annunciare Collezione Giuseppe Iannaccone. Italia 1920-1945. Una nuova figurazione e il racconto del sé, una mostra a cura di Alberto Salvadori e Rischa Paterlini – curatrice della Collezione Giuseppe Iannaccone – promossa dalla Fondazione Triennale di Milano e da Giuseppe Iannaccone, parte del programma del Settore Arti Visive della Triennale diretto da Edoardo Bonaspetti.

La mostra, che aprirà dal 1 febbraio al 19 marzo 2017, espone per la prima volta in pubblico una selezione di 96 opere realizzate tra il 1920 e il 1945 della collezione privata dell'Avvocato Giuseppe Iannaccone, acquisite e scelte personalmente dal collezionista nel periodo compreso tra il 1992 – anno del suo primo acquisto – e il 30 novembre 2016.

Giuseppe Iannaccone inizia a collezionare alla fine degli anni Ottanta, per passione e curiosità, e trova nell'arte un rifugio intimo e personale, un luogo dell'anima accessibile solo a lui dove ricevere conforto e sostegno al di fuori della vita di tutti i giorni. Il suo interesse si concentra subito sull'arte italiana tra le due guerre, catturato dalla capacità degli artisti "non allineati", al di fuori dei canoni di Novecento e del ritorno all'ordine, di cogliere la profondità dell'animo umano in tutte le sue sfaccettature. Gli artisti – Birolli, Guttuso, Mafai, Pirandello, Scipione, Vedova… – e le loro opere diventano così compagni di viaggio, le loro biografie e le loro vicende umane e professionali diventano stimolo per continui studi e ricerche, nel tentativo di ricostruire un percorso non ancora così esplorato dalla storia dell'arte ufficiale, ma senza nessuna pretesa di completezza o esaustività.

L'incontro con alcune personalità influenti, come Elena Pontiggia, Claudia Gian Ferrari o Zeno Birolli, con cui negli anni inizia a confrontarsi, lo convincono sempre di più dell'importanza di perseguire la strada dettata dal proprio istinto, alla ricerca non tanto di grandi nomi da aggiungere alla propria collezione, ma di grandi opere di quegli artisti nella cui umanità si rispecchia. Per l'Avvocato Iannaccone l'opera d'arte è qualcosa di sublime, che alimenta lo spirito e che astrae lo spettatore, finché la contempla, fino a donare un'emozione senza tempo. Negli anni la sua raccolta è cresciuta senza seguire apparentemente un preciso ordine storico-cronologico, ma affidandosi a un gusto che si è andato raffinando e a un sapere sempre più qualificato, lontano dalle mode del momento, libero dalle responsabilità e dai vincoli didattici a cui un museo pubblico dovrebbe rispondere se volesse rappresentare il periodo tra le due guerre, senza preoccuparsi del mercato, arrivando spesso a opere decisive di artisti che per qualità pittorica e datazione aprirono la strada a un nuovo modo di fare pittura, segnando un momento significativo di cambiamento.

La mostra si apre con un'opera del 1920 di Ottone Rosai, L'Attesa. Crollato il mito metropolitano futurista della 'città che sale', Rosai si volge verso un arcaismo della forma, di retaggio masaccesco, riletto nella semplificazione volumetrica di Cézanne. L'artista ritrae quartieri popolari abitati da figure il cui verismo fisiognomico è sublimato partendo dal dato di natura per poi superarlo, indagandone pittoricamente la sostanza interiore e spirituale.
Il percorso espositivo si articola poi in nuclei tematici che raggruppano opere di artisti che hanno gravitato attorno a scuole e movimenti o che semplicemente hanno condiviso momenti ed esperienze, accomunati da affini sensibilità. Si comincia con la Scuola di via Cavour – uno dei numerosi gruppi sorti tra il 1925 e il 1945 in opposizione al cosiddetto 'ritorno all'ordine' promosso dal gruppo "Novecento Italiano" di Margherita Sarfatti – che con il suo rifiuto dell'astrazione e dell'eroismo littorio ricolloca al centro della propria ricerca l'uomo, annullato nel manichino postmetafisico o nel 'mito della stirpe' della classicità monumentale novecentista.

Le opere esposte di Mario Mafai, Antonietta Raphaël e Scipione, reali promotori del gruppo romano, sono accomunate da un linguaggio in opposizione al conformismo ufficiale, un linguaggio prevalentemente espressionista che troverà presto evoluzione nella pittura tonalista di artisti come Fausto Pirandello, Renato Guttuso e Alberto Ziveri, compagni di strada degli artisti della Scuola di Via Cavour e insieme a loro originali protagonisti del rinnovamento pittorico tra le due guerre. Dalla seconda metà degli anni Venti, la ricerca di una pittura giocata su essenziali stesure cromatiche sarà superata dai tre artisti per intraprendere, ciascuno sulla base della propria inclinazione e sensibilità, un più diretto e intenso lavoro di scavo nel reale.

Il percorso prosegue con un'opera di Tullio Garbari del 1931, che apre a una selezione di opere dei Sei di Torino – Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio – gruppo formatosi alla fine degli anni Venti presso lo studio di pittura di Felice Casorati. Le fonti e le predilezioni visive condivise dai Sei proiettano il gruppo verso una modernità pittorica di respiro europeo, soprattutto francese, con schemi compositivi semplici ed essenziali ma dal ritmo chiaro e vivace, anti-monumentale e intimista, che prendono definitivamente le distanze dalla retorica dell'arte di regime. I soggetti ritratti rivelano una predilezione per la sfera quotidiana e per il mondo degli affetti, che si riflette tanto nei paesaggi urbani e naturali attraverso cui i pittori torinesi riabilitano un genere considerato allora marginale, quanto nelle figure e nei nudi rappresentati in chiave antieroica, aperta al divenire della vita. Le stesse istanze post-impressioniste sostenute dai Sei di Torino vengono abbracciate anche dai Chiaristi lombardi, un gruppo di artisti che gravita attorno alla galleria Il Milione di Milano: Angelo Del Bon, Francesco De Rocchi, Umberto Lilloni, con Adriano di Spilimbergo e, successivamente, Cristoforo De Amicis difendono una comune tendenza pittorica caratterizzata dall'uso di colori chiari, stesi in punta di pennello, giocata su gamme delicate per soggetti paesistici o per ambientazioni piccolo-borghesi e popolari, con un tratto quasi infantile, volutamente antiplastico, memore del primitivismo teorizzato da Leonello Venturi nell'omonimo testo del 1926.

Un'intera sala dedicata alle opere di Renato Birolli è lo snodo successivo, che anticipa l'esperienza di Corrente, rivista quindicinale fondata a Milano dall'allora diciassettenne Ernesto Treccani nel gennaio del 1938, alle soglie del secondo conflitto mondiale. Attorno al periodico si costituisce l'omonimo movimento artistico e intellettuale di poeti e scrittori (Nino Savarese, Vittorio Sereni, Elio Vittorini), critici (Sandro Bini, Raffaele De Grada, Umberto Silva) e filosofi (Luciano Anceschi, Enzo Paci, Luigi Preti). Luogo di confronto e dibattito, in cui una comune coscienza di libertà e di azione culturale è attenta alle tendenze più aggiornate della cultura artistica europea contemporanea, Corrente si oppone all'autarchia e all'isolamento nazionalista delle politiche culturali fasciste. Contrario alla pittura retorica e celebrativa sostenuta dal Premio Cremona, istituito nel 1939 dal gerarca Roberto Farinacci, il gruppo riunisce le forze innovatrici di giovani pittori e scultori di tendenze figurative tra le più eterogenee, il cui principale punto di riferimento è Guernica di Pablo Picasso: l'opera del 1937, ispirata ai fatti della guerra civile spagnola, diventa il simbolo di un'arte dell'impegno etico e civile in chiave risolutamente antifascista.

Una mostra organizzata presso la Galleria Il Milione nel 1933 anticipa il clima di opposizione al regime che contraddistinguerà poi il gruppo e vede la partecipazione di Aligi Sassu, Renato Birolli, Giacomo Manzù e Luigi Grosso. Anche Renato Guttuso ha nel frattempo instaurato intensi rapporti con Milano, a seguito anche della collettiva di pittori siciliani ospitata sempre alla Galleria Il Milione. Tr e anni più tardi il gruppo si amplia, con l'adesione di Giuseppe Migneco, Arnaldo Badodi e Italo Valenti. Dopo il 1940 si uniranno al movimento anche Bruno Cassinari, Ennio Morlotti e, qualche tempo dopo, Emilio Vedova. Nel giugno del 1940 la rivista è soppressa dalle autorità fasciste, ma Corrente continua la sua attività come spazio espositivo (la Bottega degli Artisti di Corrente in via della Spiga 9, a Milano), presieduta da Duilio Morosini, sostenuta e promossa dal collezionista sorrentino, ma genovese d'adozione, Alberto Della Ragione.

Il percorso prosegue con un focus su Filippo De Pisis. Lontano, come Rosai, dai canoni artistici ufficiali, De Pisis avvia il suo percorso artistico nella nativa Ferrara, dove conosce i fratelli De Chirico e Carlo Carrà, rimanendo suggestionato dall'atmosfera di enigmatica e intensa sospensione della loro pittura. Trasferitosi a Roma, segue dapprima la sua inclinazione letteraria, ma i nuovi stimoli pittorici recepiti durante il soggiorno romano (quando matura la decisione di dedicarsi alla pittura) si fanno ancora più intensi a seguito del trasferimento a Parigi nel 1925, attraverso l'elaborazione di uno stile personale e moderno in cui confluiscono con originalità suggestioni visive della grande tradizione colorista italiana, della pittura impressionista e della tavolozza di Soutine, di Matisse e dei Fauves, alle quali si aggiungerà poi la lezione di Turner (appresa direttamente durante i suoi soggiorni londinesi degli anni Trenta).

I soggetti prediletti da De Pisis sono i fiori e le nature morte, in cui riesce a fissare, con immediatezza, le emozioni che gli trasmettono gli oggetti, anche quelli più umili e fragili, cui affida la sua viva e intima visione esistenzialista della realtà. Rientrato in Italia a causa della guerra, De Pisis si stabilisce a Milano: la sua casa, come lo erano state in precedenza quelle di Roma e Parigi, diventa un punto di ritrovo per amici, poeti, letterati e pittori. Appartengono a questo periodo i dipinti di scene intime e domestiche pervase da una arcana sensualità, le brulicanti vedute milanesi e le nature morte cariche di oscuri presagi.

A chiudere la mostra l'opera del 1942 di Emilio Vedova Il Caffeuccio Veneziano, che con la sua fattura ruvida e l'atmosfera irrespirabile segna un punto di non ritorno. Il quadro esposto all'ultima edizione del Premio Bergamo, è sembrato ai giovani del gruppo di Corrente un vero e proprio detonatore anticlassico: non si poteva costruire, in piena guerra, una pittura nuova, "moderna", se non prima distruggendo i valori di quella che era andata di moda per vent'anni.

Accompagna la mostra il volume Collezione Giuseppe Iannaccone. Italia 1920-1945. Una nuova figurazione e il racconto del sé, un ricchissimo catalogo ragionato, edito da Skira, dedicato alla parte della Collezione Giuseppe Iannaccone riguardante le opere realizzate dal 1920 al 1945 e acquistate dal collezionista fino alla data del 30 novembre 2016.
Il volume ricostruisce per ogni opera dettagli interessanti e talvolta inediti, grazie all'ampia raccolta e schedatura scientifica realizzata fin dal primo acquisto nel 1992. La prima parte del libro – con una prefazione di Giuseppe Iannaccone, un'intervista di Alberto Salvadori al collezionista e un testo di Rischa Paterlini, curatrice della collezione – è dedicata al collezionista, alla sua personale visione della storia dell'arte che ha prodotto un racconto il più fedele possibile della vita e delle scelte che hanno caratterizzato questa collezione.

A seguire, Flavio Fergonzi introduce allo scorcio storico dei venticinque anni che interessano questo periodo della collezione con un testo che propone e analizza dodici temi critici per l'arte italiana; seguono i saggi di Fabio Benzi, Giorgina Bertolino, Paola Bonani, Fabrizio D'Amico, Lorella Giudici , Mattia Patti, Elena Pontiggia e Carlo Sisi, studiosi che hanno letto, studiato e indagato la collezione analizzando minuziosamente le vicende culturali e storico-artistiche degli anni dal 1920 al 1945. Corredano il volume le schede delle opere, in ordine alfabetico, intervallate da testi nei quali è narrata la storia che ha portato le opere in collezione o il rapporto del collezionista con gli artisti e con persone che sono state fondamentali nella costruzione della raccolta. Segue infine una ricca sezione di apparati, composta da un Regesto delle opere con tutti i dati tecnici necessari al fine di una ricostruzione storico-scientifica; da una Cronologia storico-critica, riferita all'arco temporale 1920–1945, nella quale sono riportati avvenimenti della storia politica e sociale italiana, dati biografici, mostre, premi e pubblicazioni riguardanti gli artisti della collezione e un'antologia critica per ciascuna opera; da un Regesto delle mostre, dove sono state ordinate per data le mostre a cui le opere hanno partecipato; e infine dalla Bibliografia, in ordine alfabetico per autore, che raccoglie, oltre ai volumi, la stampa quot idiana, quella periodica e i cataloghi delle mostre.

Durante il periodo di apertura al pubblico, una serie di attività arricchiranno il percorso di visita, offrendo ai visitatori interessanti occasioni di approfondimento.
Un ciclo di tavole rotonde con gli autori dei saggi in catalogo e i più importanti studiosi d'arte del periodo storico tra le due guerre verrà organizzato con appuntamenti a cadenza settimanale, ogni martedì alle 18.30. Il primo di questi appuntamenti sarà dedicato alla figura del collezionista, e con l'occasione verrà presentato il volume edito da Skira che uscirà in concomitanza con la mostra.
Inoltre, un calendario di incontri e visite guidate dedicate agli studenti universitari si aggiungerà alle normali attività didattiche organizzate e coordinate dal Dipartimento Educativo della Triennale.
Infine, all'interno delle sale verrà proiettato un docu-film che racconterà i diversi aspetti del periodo artistico tra le due guerre.

La mostra Collezione Giuseppe Iannaccone. Italia 1920-1945. Una nuova figurazione e il racconto del sé è realizzata sotto il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, della Regione Lombardia, del Comune di Milano e della Camera di Commercio di Milano; con il sostegno di Fondazione Credito Bergamasco, Lamborghini Milano; con la sponsorizzazione di AXA Art, Cassina e Open Care. Media partner Artshell e Marie Claire Maison. Catalogo Skira. Si ringrazia Tenuta Sarno 1860.

Il progetto grafico della mostra è a cura di Mousse Agency, l'allestimento a cura dello studio Oblò Architetti.


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Informazioni
Collezione Giuseppe Iannaccone
Italia 1920-1945. Una nuova figurazione e il racconto del sé
a cura di Alberto Salvadori e Rischa Paterlini
Direzione artistica: Edoardo Bonaspetti, Curatore Triennale ArteConferenza Stampa: 31 gennaio, ore 11.30
Inaugurazione: 31 gennaio, ore 18.30
Apertura al pubblico: 1 febbraio – 19 marzo 2017
Ingresso libero



Triennale di Milano
Viale Alemagna 6
20121 Milano
T. +39 02 724341
www.triennale.org




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PITTORI DEL ʼ900 dalla collezione Flavio Vanin // a cura di Sonia Strukul - Conselve (Padova) dal 21 gennaio al 25 febbraio



PITTORI DEL ʼ900 dalla collezione Flavio Vanin
a cura di Sonia Strukul

Piero Bertacco, Luigi Brunello, Gianni Longinotti, Alberto Biasi, Giorgio Celiberti, Cinzio Veneziani, Vittorio Gussoni, Ernesto Treccani, Mario Cestari e molti altri ancora. 

Uno spaccato sui pittori del ʼ900, veneti e non solo, della collezione di Flavio Vanin sarà in mostra dal 21 gennaio al 25 febbraio 2017 nello Spazio Espositivo Farmacia Meltias di Conselve (Padova). 

Curata da Sonia Strukul, con il patrocinio della Città di Conselve, l'esposizione sarà inaugurata sabato 21 gennaio alle ore 18.00. Ingresso libero.

Dalla passione per l'antiquariato prima e per l'arte in seguito, nasce la collezione del Novecento di Flavio Vanin che raccoglie arte contemporanea, pittorica e oggettistica, non tralasciando qualche prezioso pezzo d'antiquariato come un carillon di fine Settecento, una serie di gioielli dell'Ottocento ancora conservati negli astucci originali e orologi francesi sormontati da piccole sculture. 

Una collezione nell'insieme molto vasta, che comprende opere del '400 fino ad artisti come Hartung, Schifano, Pistoletto, e che non sarà possibile presentare interamente. 

Tra le opere selezionate dalla curatrice spicca un Alberto Biasi molto particolare, prima che si dedicasse all'arte programmata.

«Collezionare è per Flavio Vanin una passione irrefrenabile – spiega la curatrice Sonia Strukul - è una forma simbolica, intellettuale, attraverso la quale fabbricare ponti, erigere dialoghi con il passato e il presente che celebra le correnti e gli orientamenti dell'arte. La collezione diventa anche costruzione di un mondo che non è solo quello del collezionista, ma è anche uno spaccato di cultura che rappresenta la vitalità e le trasformazioni che si sono succedute nelle varie epoche. L'importanza di un collezionista sta nella qualità delle opere, a seconda delle intenzioni e attitudini e per le motivazioni delle scelte, è un atto d'amore».

Flavio Vanin nasce a Venezia nel 1951, fin da ragazzo manifesta un forte interesse per l'arte. Ha frequentato l'Istituto Tecnico Centro Arti e Mestieri alla San Giorgio Cini di Venezia, dove inizia a cimentarsi e produrre le sue prime opere sotto la guida dei maestri Paolo Girardello e Pio Penzo. 

Negli anni '70 si appassiona all'antiquariato acquistando ruderi per restituirli all'antico splendore. 
Negli anni ha continuato a collezionare oggetti d'arte di vario genere, mobili, quadri, oggettistica, preziosi che per la prima volta, in occasione di questa mostra, verranno esposti al pubblico.

Presso lo Spazio Espositivo della Farmacia Meltias di Conselve (Padova) continuano le mostre a cadenza mensile a cura di Sonia Strukul
Un'opportunità per far conoscere e promuovere non solo artisti, ma anche artigiani, designer e orafi del territorio. 
L'artigianalità e l'inventiva italiana sono un'eccellenza apprezzata in tutto il mondo che va riconosciuta e preservata.
Grazie alla lungimiranza di imprenditori come i due fondatori del gruppo Meltias, il dott. Lucio Merlo e del dott. Roberto Sannito, dal 2014 è stato creato uno spazio dedicato ad eventi culturali e formativi, mirati alla divulgazione delle varie sfaccettature del mondo artistico e culturale. 
Un nuovo concetto di Farmacia come luogo di benessere sia fisico che emotivo; un insieme di spazi, professionisti, servizi e prodotti d'eccellenza che propongono un approccio olistico al benessere dei propri clienti. 
Arte come conforto dell'anima, messaggio salvifico per la cura del corpo e della mente.


PITTORI DEL ʼ900Dalla collezione Flavio Vanin
a cura di Sonia Strukul
Spazio Espositivo Farmacia MELTIAS

Via Vittorio Emanuele II, 21 - Conselve (PD)dal 21 gennaio al 25 febbraio 2017
vernissage sabato 21 gennaio ore 18.00
Orari di apertura: 

da lunedì a sabato 
ore 08.30-12.45 e 15.30-19.45
Ingresso libero
Per informazioni:Farmacia Meltias Conselve
Tel. 049 5384165www.farmaciemeltias.it
conselve@farmaciemeltias.it


Per informazioni sulle opere esposte:Flavio VaninTel. 328 9637724darovan@libero.it 
Sonia StrukulTel. 392 4541345strukulsonia@alice.it
 




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mercoledì 11 gennaio 2017

Mostra d’arte “El sombrero de tres picos. Figure emblematiche dell’arte lombarda”. Milano - Palazzo Pirelli, dal 27 gennaio al 22 febbraio 2017

Una collaborazione Regione Lombardia e VeGa Facilities

Mostra d’arte contemporanea

EL SOMBRERO DE TRES PICOS
figure emblematiche dell’arte lombarda

ALVARO (Occhipinti)
L’astrazione simulata

MASSIMO MOTTA
La fotografia ibridata

MARCELLO PIETRANTONI
La razionalità animata

Grattacielo Pirelli, Spazio Eventi, 1° piano
ingr.: via Fabio Filzi, 22 Milano

Dal 27 gennaio al 22 febbraio 2017
Inaugurazione: giovedì 26 gennaio 2017, ore 18.00


Curatori:
Ali Abu Ghanimeh, storico e critico arti visive, professore, Amman, Vice Rettore di Al al-Bayt University
Aldo Gerbino, critico d’arte, professore ordinario, Palermo
Carmelo Strano, filosofo, critico d’arte e dei linguaggi creativi, distinguished professor di Estetica, Milano-Londra

Tre ben noti artisti lombardi, professionisti e di ricerca, con specifiche qualità che li fanno punto di riferimento in rapporto ad alcune tendenze dell’arte in Lombardia e oltre.

Sono accomunati da un famoso titolo di Pedro Antonio de Alarcón “El sombrero de tres picos”.

Le tre punte del metaforico cappello sono dunque:
Alvaro (Occhipinti), classe 1938, pittore
Marcello Pietrantoni, classe 1934, scultore, pittore, architetto.
Massimo Motta (1952), artista-fotografo

ALVARO, Puzzle
Alvaro e Pietrantoni hanno avviato la propria ricerca già nel clima effervescente degli anni ’60 a Milano;

Motta, di generazione successiva, mette a fuoco la sua proposta fotografica negli anni ’90, passando dalla fotografia legata alla ricerca scientifica alla fotografia artistica tout court, e di ricerca.

L’iniziativa espositiva è organizzata da Vega Facilities di Milano sulla base delle direttive curatoriali dei tre studiosi specialisti d’arte contemporanea (Ali Abu Ghanimeh, Aldo Gerbino, Carmelo Strano) che firmano il progetto sul piano scientifico e, appunto, curatoriale.

La mostra si articola in tre sezioni (tre personali in contemporanea e a confronto) all’insegna di un unico filo conduttore che è il titolo (emblematicamente assunto) della famosa opera “Il cappello a tre punte” ("El sombrero de tres picos”), 1874, di Pedro Antonio de Alarcón, tema successivamente ripreso, in sede musicale, da Emanuel De Falla (1919) e dal regista cinematografico Mario Camerini (1934).

PIETRANTONI, Mimo Repente. Bronzo

Tre punte “emblematiche” di taluni fenomeni artistici succedutisi in Italia e, segnatamente in Lombardia.

Infatti, Pietrantoni e Motta sono lombardi di nascita (Pietrantoni bresciano, Motta milanese) mentre Alvaro lo è di adozione, essendo arrivato nel capoluogo, da Messina, sua città nativa, negli anni ’60.

I tre artisti condividono inquietudine e bisogno di novità, su un terreno culturale e formativo variegato: l’architettura nel caso di Pietrantoni (ben attivo in questa disciplina, autore di diversi ben noti edifici a Milano, come il palazzo della Banca d’Italia in via Moneta al Cordusio); 

nel caso di Alvaro, il background culturale è costituito dall’economia e dalla letteratura; 
per Motta, si tratta della biologia.

Il disegno e la pittura accomunano Alvaro e Pietrantoni.

Quest’ultimo, inoltre, è dedito, anche, all’architettura, ma ormai in modo preponderante, se non esclusivo, alla scultura per la quale è famoso nel campo dell’arte.

MOTTA, Autunno (dalle 4 stagioni)
L’arte di Motta insiste nel terreno della fotografia.
Questa però si annette anche la pittura che interviene strutturalmente nella foto, pur essendo tuttavia il risultato finale dell’opera eminentemente fotografico.
Di astrazione simulata si è detto a proposito di Alvaro.

Una vena tendenziale che nasconde l’interesse a fondere, con opportuna ambiguità linguistica, forme astratte e forme riconoscibili.

Ibridata, per le ragioni già esposte, la fotografia di Massimo Motta; si tratti di scultura, pittura o disegno ad ogni modo si rivela umido ed emozionale il piglio razionale di Marcello Pietrantoni, specialmente quando è impegnato in figure plastiche sintomatiche di nuovi miti.

In mostra: dipinti e disegni (ALVARO), fotografie (MOTTA), sculture e disegni (PIETRANTONI), per un totale di circa 60 opere.

Allestimenti: Arch. Luigi Moraghi


Grattacielo Pirelli, Spazio Eventi, 1° piano
ingr.: via Fabio Filzi, 22 Milano

dal 27 gennaio al 22 febbraio 2017

lunedì 9 gennaio 2017

Rafael Y. Herman "The Night Illuminates The Night", a cura di Giorgia Calò e Stefano Rabolli Pansera



Image
Rafael Y. Herman, Tempore V, 2012, 180x230cm 
Rafael Y. Herman            
The Night Illuminates The Night
a cura di Giorgia Calò e Stefano Rabolli Pansera
MACRO Testaccio
Piazza Orazio Giustiniani, 4 – Roma
Padiglione A
25 gennaio – 26 marzo 2017
Preview Stampa
martedì 24 gennaio 2017 ore 11.00 | RSVP press@larafacco.com
Inaugurazione
martedì 24 gennaio 2017, ore 17.30 - 19.30
Dal 25 gennaio al 26 marzo 2017 il MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma ospita la mostra personale di Rafael Y. Herman dal titolo The Night Illuminates The Night, curata da Giorgia Calò e Stefano Rabolli Pansera, e promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Crescita culturale - Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
La mostra, nella sede di MACRO Testaccio, si presenta come una grande installazione ambientale in cui dallo spazio buio emergono le opere che si rivelano come epifanie. Nella dialettica fra tenebre e luce, infatti, si sviluppa la poetica di Rafael Y. Herman il cui sguardo rivela un nuovo approccio alla realtà che nasce e si struttura nell’oscurità.
The Night Illuminates The Night si concentra sul lavoro cominciato nel 2010 e completato nel 2016. In questo periodo l’artista ha stabilito un dialogo con i grandi maestri della tradizione occidentale che hanno rappresentato nel corso dei secoli la Terra Santa, pur non avendola mai visitata, ma ispirandosi alle fonti bibliche e letterarie. Rafael Y. Herman ripercorre questa tradizione con il proprio metodo: lo scatto notturno senza ausili elettronici e manipolazioni digitali, che svela ciò che non si vede a occhio nudo. Come i grandi maestri del passato, anche Herman si è voluto porre nella condizione di non poter vedere il paesaggio, pur trattandosi dei luoghi dove è nato e cresciuto, operando nell’oscurità della notte. In questa condizione di voluta cecità l’artista accede alla realtà in un modo nuovo, mediante lo scatto fotografico notturno e mediante lo sviluppo della pellicola nell’oscurità del laboratorio.
Rafael Y. Herman produce così una realtà “ricreata”, decontaminata da qualunque preconcetto soggettivo, offrendo allo spettatore paesaggi che esistono solo nelle opere stesse. L’artista sviluppa la propria ricerca notturna attraverso la scoperta di tre diversi ambienti: la Foresta della Galilea, i campi dei Monti della Giudea e il Mar Mediterraneo. Le sue immagini ci invitano a riflettere sull’invisibile o, come l’artista usa definirlo, il “non visto”; sulla differenza che si dischiude fra ciò che è reale e ciò che invece è solo percepito. Il risultato è straordinario nella cromia innaturale, e nelle forme evanescenti che sembrano emergere da un luogo e un tempo altro dove i colori non sono reali, il tempo sembra essere dilatato e le immagini appaiono oscure. O forse abbaglianti.
La mostra è patrocinata da: Ambasciata d’Israele in Italia–Ufficio Culturale, IIFCA–Fondazione Italia-Israele per la Cultura e le Arti, AMATA–Amici del Tel Aviv Museum of Art e Cité Internationale des Arts de Paris.
In occasione della mostra verrà presentato il libro d’artista, edito da Mousse, con testi critici di Giorgia Calò, Stefano Rabolli Pansera, Chiara Vecchiarelli e Arturo Schwarz.



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Image
Rafael Y. Herman, Somnum Rubrum, 2012, 71x90inch
Rafael Y. Herman
The Night Illuminates The Night
Curated by Giorgia Calò and Stefano Rabolli Pansera

MACRO Testaccio
Piazza Orazio Giustiniani, 4 – Roma
Pavilion A
25 January – 26 March 2017
Press Preview
Tuesday, January 24th 2017, 11 AM | RSVP press@larafacco.com
Opening
Tuesday, January 24th 2017, 5.30 PM – 7.30 PM

From 25 January to 26 March 2017 MACRO – the Museum of Contemporary Art of Rome – hosts a solo show by Rafael Y. Herman entitled The Night Illuminates The Night, curated by Giorgia Calò and Stefano Rabolli Pansera, and supported by Roma Capitale, Department of Cultural Growth - Superintendent Capitolina of Cultural Heritage.
The exhibition at MACRO Testaccio takes the form of a large environmental installation in which the works emerge from the darkness of the space like revelations. The poetics of Rafael Y. Herman develops in this dialectic between darkness and light. The artist’s gaze reveals a new approach to reality born and structured in darkness.
The Night Illuminates The Night features works that began in 2010 and was completed in 2016. During this period Herman established a dialogue with the great masters of the western tradition who have depicted the Holy Land across the centuries without ever having been there, relying on biblical and literary sources. Herman traces back through this tradition using his own method: nocturnal photography, without electronic aids or digital manipulation, showing only what is visible to the naked eye. Like the great masters of the past, operating in the darkness of the night Herman puts himself in the condition of not being able to see the landscape, even in these places where he was born and raised. The intentional blindness enables the artist to gain access to reality in a new way, through nocturnal photographs and the developing of the film in the darkroom.
Rafael Y. Herman thus produces a “recreated” reality, purged of any subjective preconceptions, offering the viewer landscapes that exist only in the works themselves. He develops his nocturnal research through the discovery of three different environments: the Forest of Galilee, the fields of the Judaean Mountains, and the Mediterranean Sea. His images encourage us to reflect on the invisible or – as the artist calls it – the “non- seen”; on the difference that unfolds between what is real and what is only perceived. The resulting unnatural hues and evanescent forms are extraordinary, seeming to emerge from a place and time where colors are not real, time is stretched and images become obscure or – perhaps dazzling.
The exhibition is supported by: the Israeli Embassy in Italy, Department of Culture; IIFCA, the Italy-Israel Foundation for Culture and the Arts; AMATA: Friends of the Tel Aviv Museum of Art; Cité Internationale des Arts de Paris.
In coordination with the exhibition, an artist’s book will be presented, published by Mousse, with critical writings by Giorgia Calò, Stefano Rabolli Pansera, Chiara Vecchiarelli and Arturo Schwarz.



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