Firma Boresta 2007/2009
Pino
Boresta ci ha confessato che spesso i suoi progetti nascono e
partono da una rivolta interiore a fatti che accadono intorno a lui
che fanno scattare una molla che mette in azione tutta una serie di
azione ed eventi che a tappe successive lo portano a realizzare i
suoi progetti ed azioni che spesso durano anche degli anni. Qui di
seguito l’artista ci svelerà generosamente (quello che in genere
gli artisti tendono gelosamente a non rivelare mai) come nasce il suo
lavoro durato 2 anni da lui chiamato FIRMA BORESTA.
Firma Boresta Prodromi 2005/2007
Prodromi del progetto "Firma Boresta" e le sue origini.
Qui di seguito una delle copie del
messaggio da me inviato a una molteplicità di indirizzi via email e
pubblicato in calce nella sezione riservata ai commenti alle notizie
su Exibart il giorno 23/04/2005.
Giovedì 5 maggio 2005,
12:43
Da:
"salepepe9598@libero.it"
A: "scenaverticale"
, "scgvkomel"
, "schettinom"
, "schifani.e"
, "schole"
, "S_dear" ,
"s_spaccini" , "s364"
, "sabridg30"
, "sabrinazannier"
, "sagittario"
, "sagramusicaleumbra"
, "salaespace"
, "salerno_matteo",
, "salvatie"
, "salvatorezappa"
, "salvemini"
...... altro
Oggetto: Raccolta firme x
Boresta e Sraccolta firme per il Padiglione Italia - Biennale Venezia
2005
Collezione Boresta www.placesofart.com/pino_boresta.htm -
4k
Mi permetto di segnalarvi la seguente iniziativa cui sento il
dovere di promuovere perché giustizia venga fatta.
Vi ringrazio
per il tempo che vorrete dedicarmi.
Pino Boresta
Cari
amici,
questa è una raccolta
firme per far si che all'artista Pino Boresta vengano date più
opportunità per esporre il proprio lavoro, opere, interventi urbani,
progetti sperimentali, etc. sia nelle sedi delle seguenti
associazioni; Associazione Acacia, Associazione Galleristi d'Arte
Moderna e Contemporanea, Associazione Viafarini, Associazione arte
giovani, sia in altre Associazioni, Fondazioni, Gallerie private,
Musei, o altri spazi ed enti istituzionali e non. Magari con
l'apporto e l'aiuto del curatore e critico Francesca Pasini e molti
altri. Ho intenzione di inviare ed indirizzare questo elaborato anche
a Davide Croff, attuale Presidente della Biennale di Venezia.
Mio
obbiettivo è far sì che nei mie confronti, ma soprattutto nei
confronti del mio lavoro che porto avanti da tanti anni (da molti
apprezzato ma non disposti a sostenerlo per le solite ragione che è
inutile che io ribadisca nuovamente, visto che tutti le conoscono
bene) vi sia la giusta e dovuta attenzione che ritengo meriti. Che il
Padiglione Italia torni invece a essere sede ufficiale della nostra
rappresentanza nazionale non me ne po' fregare de meno, visto che
come vanno le cose in questa nostra italietta dell'arte contemporanea
si correrebbe solo il rischio di peggiorare ulteriormente le
possibilità di un'eventuale partecipazione a coloro che lo
meriterebbero realmente. Pertanto esorto tutti coloro che hanno
ricevuto la lettera che riporto al termine della seguente a non
firmare l'appello ivi riportato ma vi consiglio invece vivamente di
sottoscrivere questo.
Perché il presente documento abbia valore
legale è necessario raccogliere un minimo di 10.000 firme. Per
questo potete preparare un foglio contenente una griglia per la
raccolta delle firme che vi prego di stampare e far compilare a tutte
le persone interessate all'argomento estendendo la sottoscrizione a
più persone possibili.
Una volta completato è fondamentale che
il foglio originale venga restituito via posta al seguente indirizzo.
Pino Boresta via Garibaldi .................. per ulteriori
informazioni chiama il 339.......
Confido nel vostro entusiasmo
per portare a compimento questa operazione che richiede grande sforzo
da parte di tutti voi, ma che sarete sicuramente contenti di
affrontare come "amanti e sostenitori dell'arte
contemporanea".
A questa iniziativa aderiranno musei,
critici, associazioni, gallerie, collezionisti e semplici
appassionati che spero confermino il loro appoggio intellettuale.
Per
ottenere 10.000 firme è sufficiente riempire 200 fogli con 50
sottoscrizioni, la matematica non è un opinione a differenza di
quello che succede in arte.
Sono quasi certo che ce la
faremo.
Grazie per il vostro contributo
Pino Boresta un
artista
Vedi:
__________________________________________________________________________
Questa la lettera a
me arrivata via email
Oggetto: Raccolta
firme per il Padiglione Italia - Biennale Venezia 2005
Collezione Peruzzi
www.collezioneperuzzi.it
Mi permetto di segnalarvi la seguente
iniziativa a cui mi sento di aderire in toto.
Vi ringrazio per il
tempo che vorrete dedicarci.
Vittorio Peruzzi
Cari amici,
vi
trasmetto il documento che - insieme all'Associazione Acacia,
all'Associazione Galleristi d'Arte Moderna e Contemporanea,
all'Associazione Viafarini e a Francesca Pasini curatore e critico -
abbiamo elaborato ed indirizzato a Davide Croff, attuale Presidente
della Biennale di Venezia. Nostro obbiettivo è far sì che il
Padiglione Italia torni ad essere sede ufficiale della nostra
rappresentanza nazionale.
Perché il documento abbia valore legale
è necessario raccogliere un minimo di 10.000 firme. Per questo
abbiamo preparato un foglio contenente una griglia per la raccolta
delle firme che vi prego di stampare e far compilare a tutte le
persone interessate all'argomento estendendo la sottoscrizione a più
persone possibili.
Una volta completato è fondamentale che il
foglio originale venga restituito via posta o via fax, al numero
02......... oppure 02........
Confido nel vostro entusiasmo per
portare a compimento questa operazione che richiede grande sforzo da
parte di tutti noi, ma che siamo contenti di affrontare come "amanti
e sostenitori dell'arte contemporanea".
A questa iniziativa
hanno aderito musei, critici, associazioni, gallerie, collezionisti e
semplici appassionati che ci hanno confortato con il loro appoggio
intellettuale.
Per ottenere 10.000 firma è sufficiente riempire
200 copie del foglio allegato!!!
Sono quasi certo che ce la
faremo.
In allegato trovate copia della lettera e scheda da
scaricare.
Grazie per il vostro contributo
Il
Presidente di Artegiovane Milano
Paolo Agliardi
Al
Presidente della Fondazione La Biennale di Venezia, Davide Croff
La Biennale di
Venezia, a differenza di quelle nate successivamente, oltre che dalla
mostra del Direttore, è caratterizzata da quelle dei Padiglioni, che
rappresentano, a tutti gli effetti, le singole nazioni.
L’Italia, in
quanto paese ospitante, aveva un Padiglione più ampio per presentare
sia gli artisti italiani, sia la mostra del Direttore, che negli anni
si è estesa alle Corderie e, dal ’99, a molti altri spazi
dell’Arsenale. Ma, dal ’99, con la prima edizione di Harald
Szeemann, il
Padiglione Italiano è confluito
nella mostra generale.
Dare più
spazio al progetto del Direttore, ha rinnovato il prestigio della
Biennale di Venezia, che è la madre di tutte le Biennali, ma
l’assenza di un nostro Padiglione ha creato una disparità nella
discussione critica, altrettanto importante, tra l’Italia e i
singoli paesi.
Tutti quelli
che hanno sede storica, ai Giardini di Sant’Elena, hanno mantenuto
il proprio Padiglione, mentre quelli che non erano rappresentati, e
che ad ogni edizione aumentano, si dotano di un Padiglione temporaneo
in città.
L’unico
paese che non ha più un proprio Padiglione è l’Italia.
Un’incongruenza
clamorosa: è
normale che vi sia particolare attenzione agli artisti del paese che
ospita rassegne quali Documenta, Manifesta e altre Biennali; invece,
a Venezia, dove ogni paese è chiamato a proporre le ricerche più
avanzate, l’Italia non ha più una sede per farlo.
Non è
una sparizione senza conseguenze:
tuttora ha grande valore il premio assegnato al miglior Padiglione,
un premio dal quale l’Italia è di fatto esclusa, visto che non c’è
un luogo adeguato, dove dar conto della propria ricerca.
La dialettica
tra le scelte del Direttore e quelle dei Commissari Nazionali non
risponde solo al modello storico della Biennale veneziana, è anche
una testimonianza del dialogo tra diverse identità nazionali, che
sta alla base dell’attuale criterio di riconoscimento artistico.
La Biennale di
Venezia è l’occasione più importante che abbiamo in Italia per
partecipare ad un simile dialogo, non possiamo sottrarci a questo
compito.
Chiediamo
pertanto al Presidente Croff:
Che
il Padiglione Italia torni ad essere la sede di rappresentanza
nazionale.
Che
venga istituita una commissione nazionale di critici, curatori,
direttori di musei e specialisti del settore che nomini, per ogni
edizione, un Commissario Nazionale al quale affidare il Padiglione
Italia, come avviene in tutti i paesi presenti alla Biennale di
Venezia.
Solo così si
può ristabilire un equilibrio nella partecipazione degli artisti
italiani, solo così le autonome scelte del Direttore e del
Commissario documenteranno un reale confronto critico sulla selezione
italiana.
Qui di
seguito la ricostruzione delle pubblicazioni su Exibart.onpaper nella
rubrica di Angelo Capasso
Exibart.onpaper
n. 23 giugno – luglio 2005
rubrica
“capasso e le stelle” sezione “Lettere”
Ciao
caro Angelo,
Sono
dei pesci ma mi sento più pollo. "Ci trattano come polli in
batteria!?" Questo gridava oggi un vecchietto del paese parlando
di politica. Questa la frase ascoltata casualmente da me oggi e che
riflette perfettamente lo stato d'animo provato quando ho ricevuto
l'e-mail "Raccolta firme per il Padiglione Italia - Biennale
Venezia 2005". Con quale coraggio questo manipolo di critici,
galleristi, direttori di associazioni che non mi ha mai cagato (e mi
conoscono bene loro come anche molti altri in Italia che sostengono
pure di apprezzare il mio operato) vengono a chiedermi di aiutarli?
Sarò pure un artista di merda, ma non sono ancora cerebroleso. Per
questo ho deciso d'intraprendere un'azione e diffusione parallela di
raccolta firme con una petizione a mio favore dove chiedo più
opportunità per presentare il mio lavoro (di cui ti ho inviato una
copia). Ebbene vorrei sapere cosa dicono le tue stelle riguardo
questa mia nuova iniziativa più drammatica che provocatoria.
Pino
Boresta
Ciao
caro Pino,
L'arte
è democratica, ma si muove su un campo di battaglia. Ognuno ha le
proprie armi e ogni vittoria si ottiene "per forza o con frode"
dice Machiavelli. O meglio "Ciascuno a suo modo" direbbe il
buon Sciascia. Non credo nella disponibilità democratica degli spazi
e degli incensamenti gratuiti. La tua iniziativa rientra in uno stile
personale che per opportuna delicatezza non intendo mettere in
discussione, anche se il "consiglio delle stelle" è
ovviamente di lasciare i polli e le lamentele tra le dentiere dei
vecchietti. La questione del Padiglione Italia è una questione seria
ed ha a che fare proprio col problema che sollevi tu: quello di
dilatare gli spazi. Ma tu non te ne sei accorto, mi pare. In questo
momento storico, da noi "sprovincializzare" significa
riuscire a guardare con un orizzonte più concentrato e ristretto per
non perdere quanto di utile esiste sul territorio. L'Italia non tanto
come stivalotto della razza italica, ma in quanto zona geografica
dove vivono e operano artisti di origini diverse. L'Italia come
"luogo d'affezione" (autocito un mio saggio di qualche anno
fa). Sarei anzi dell'idea che la stessa politica "provincialista"
(ahimé) ma provincializzante riguardasse non solo la questione
Biennale, ma anche altri anelli del sistema dell'arte: penso ad
esempio al modo con cui si superano gli imbarazzi nella scelta dei
curatori affrettandosi a tirar fuori nomi esotici; alla questione
gravissima degli spazi sulle riviste d'arte, dove gli artisti che
operano da noi esistono con un rapporto 1 a 5; o a quei comportamenti
assoggettati definitivamente allo strapotere americano del tipo "ti
racconto ogni giorno che succede a New York" in stile
emigrato-valigia-di-cartone anni '50 che ancora fa effetto su una
classe di operatori rimasti a Woody Allen (tra l'altro, lo stesso
Allen ha abbandonato New York per ambientare il suo ultimo film in
Europa). Il Padiglione Italia sicuramente favorirebbe il
collezionismo. Così come una maggiore attenzione nei confronti delle
risorse esistenti sul territorio. Non è un discorso di parte il mio.
Ti assicuro che gioisco per una bella mostra, chiunque sia a
parteciparvi o a curarla. Sono critico non per invidia, ma per amore.
È bene essere incazzati, ma attenzione alla bile.
Angelo
Capasso
Exibart.onpaper
n. 24 agosto – settembre 2005
rubrica
“capasso e le stelle” sezione “Lettere”
Caro
Capasso,
Ho
letto con attenzione la tua risposta a Pino Boresta sul numero scorso
e non sono d'accordo. Concordo invece con Boresta. È verissimo che
il comportamento abituale di questi gonzi che chiedono il sostegno
alle loro iniziative in nome della collettività alla fine fa bene
solo a loro. Non c'era mica bisogno di raccogliere le firme per dare
voce ad un dissenso che alla fine ha espresso pure Buttiglione. Se il
Ministro della Cultura del governo Berlusconi dice le stesse cose di
quelli che raccolgono le firme, la cosa mi puzza. Magari raccolgono
le firme per un Referendum e poi dicono di non andare a votare. (Ah
complimenti, per gli Interni Moderni da Volume!).
Francesca
Maglietta
Cara
Francesca,
L'affare
s'ingrossa. Sapevo che l'argomento avrebbe incuriosito molti, e ti
assicuro che sarebbe necessario un numero speciale di Exibart per
dare voce a quanti ci hanno scritto sulla questione Padiglione
Italia. "Italia si, Italia no, Italia gnam, la terra dei cachi",
la questione è complessa: mi ripeto, non so se basterebbe soltanto
rifondare uno spazio che si chiami ITALIA, per assicurare che il
successo degli artisti d'oltralpe (e poi sostanzialmente nel mondo
anglosassone) riguarderebbe anche gli Italiani solo in base ad una
casa comune. Io non sono a favore dei partiti unici. Del resto
pensaci bene: chi dice che
non si ripeterebbe per mille altre volte. Lo imponiamo per legge,
come la percentuale minima delle donne al governo. Guardati attorno.
Quanti artisti degli ultimi trentenni hanno fama internazionale? Si
contano sicuramente sulle dita di una mano (o due, magari possiamo
aggiungere un piede, ma preferisco sempre avere
un arto libero per l'arte). Siamo in un paese governato
dall'ecumenismo della Chiesa cattolica e dall'Internazionalismo
socialconfuso. Interessante il tuo riferimento all'astensionismo,
forse Rutelli e la Chiesa Cattolica dimenticano che
il primo astensionista della storia si chiama Ponzio Pilato. In
entrambi i casi, chi mi conosce sa che mi professo a favore della
monarchia inglese in Italia, da sempre, e del punk di Franco Califano
a Londra. God
Save the Queen.
Angelo
Capasso
Exibart.onpaper
n. 27 dicembre 2005 – gennaio 2006
rubrica
“capasso e le stelle” sezione “Oroscopo”
Capricorno.
In una
email collettiva, l'artista incazzato Pino Boresta chiude il suo
manifesto di guerra con "Boia chi molla", storico grido di
battaglia degli squadristi. In questa riconciliazione bipartizan
degli slogan, da tempo, vorrei istituire un "Me ne frego!"
di Sinistra.
Angelo
Capasso
Exibart.onpaper
n. 30 maggio – giugno 2006
rubrica
“capasso e le stelle” sezione “Oroscopo”
Pesci.
Se vi
sentite un pesce fuor d'acqua è per l'incontro della Luna con Marte,
ormai installato nel vostro segno da giorni. Vi sentirete anche
affaticati. Non preoccupatevi, anche l'artista incazzato di "Boia
chi molla" è sfinito, e ha mollato.
Angelo
Capasso
Articolo
pubblicato su “Juliet” n. 129 ottobre – novembre 2006
“Boia
chi molla”
é di destra o di sinistra?
Non
bisogna perdere nemmeno una opportunità per avere un po’ di
visibilità, lo sappiamo bene tutti che ogni ghiotta occasione va
sfruttata al meglio e il Giancarlo Politi è troppo furbo ed
intelligente per farsi sfuggire simili occasioni. Eppure chiamare un
esposizione “Padiglione
Italia out of biennale”
le avrà dato realmente un valore aggiunto? Inutile ciurlare nel
manico (o come si dice) perché in realtà la cosa più interessante
sono state le partecipazioni, tanto è vero che potrei spiegarvi una
per una tutte le motivazioni, da quella affettiva a quella più
squisitamente economica a quella di solo opportunismo etc., che hanno
determinato ogni singola scelta dei rispettivi curatori e i suoi
quattro moschettieri artisti (questo si che sarebbe stato un bel
titolo per una mostra “1
critico x 4 moschettieri”,
vedi bastava chiedere a me) compreso il misterioso giallo del critico
– Andrea Bellini - che ha scelto di invitarne solamente 3, poi
diventati addirittura 2. Ai più attenti non sarà di certo sfuggito.
Volete sapere perché? Non vi resta che leggere sin da questo numero
il piccolo spazio fisso intitolato proprio “Boia
chi molla”, tra le
notizie spray. Vi troverete tutto quello che avreste voluto sapere ma
che gli altri non hanno il coraggio di dirvi. Ehi ragazzi!…altro
che il libro di Damien Hirst, vi spiego io come stanno le cose. Anzi
esorto tutti coloro che abbiano nuove verità e notizie scottanti a
inviarmele in modo che questo nuovo spazio su Juliet diventi una
sorta di monitoraggio del sistema, una specie di ARTreport
che sveli arcani e misteri. Moggi, Giraudi, Artcupole dell’arte
tremate. Proviamo per una volta a smantellare e resettare quello che
oggi sembra essere diventato un clichè da rispettare? Per dirla
scientificamente, il problema dell’arte oggi in Italia è l’attuale
sistema culturale che effettua decisioni attuando una selezione
deformante sulla base del possibile sfruttamento economico sociale
dell’artista scelto come persona fisica e non nel suo lavoro.
Intendo dire che ho notato come spesso le caratteristiche ritenute
necessarie dall’art system per attrarre rapidamente l’attenzione
di tutti quei soggetti che determinano il risultato, spesso illusorio
del temporaneo successo, sembrerebbero essere considerate da un po’
di tempo sempre le stesse, e cioè la condizione economico-sociale
del soggetto. Ho notato addirittura come questo, ultimamente, avviene
spesso seguendo una regola proporzionale in base alla quale l’ascesa
è tanto più rapida quanto più forti sonno le due componenti. Ciò
determina una totale assenza di attenzione nei confronti di coloro
che non essendo sfruttabili, quindi inutili e non funzionali ai loro
programmi, vengono emarginati con una ostruzione sistematica in
quanto ritenuti anche dannosi e forvianti. Salvo essere eventualmente
riesumati postumi in caso di sopravvenuta utilità funzionale agli
interessi divenuti manovrabili. E questa la chiamano democrazia
dell’arte? Quando Angelo Capasso (su exibart.onpaper) dice che
“l’arte è democratica
ma si muove su un campo di battaglia”
si sbaglia perché oggi in Italia “l’arte
non è democrazia” ma
“l’arte è privilegio”.
Io credo che in quello che lui ha definito “campo
di battaglia” ognuno
utilizza le armi che ha disposizione tuttavia se sugli aerei non
metti i piloti più bravi ma quelli più raccomandati e ricchi, che
si sono comprarti il posto, difficilmente si può vincere una guerra,
non credete? Ma che minchia sto dicendo? Quelli furbi non fanno
neanche la guerra, vanno avanti
fino al via e ritirano le
20.000 (come diceva un famoso cartoncino degli imprevisti del
monopoli). E le nostre sconfitte in campo internazionali aumentano.
Ma
qualcuno forse se ne sta accorgendo.
Non
è un caso che l’articolo di una giornale, a forte tiratura faccia
vedere, con tanto di grafico, come il 50% di quelli che trovano
lavoro nel mondo è grazie a parenti e amici mentre in Italia questa
percentuale sale addirittura al 85%. Sarà
forse per questo che io non riesco a trovare un gallerista che mi
sostenga? Non è un caso
che finalmente da più parti si cominci a rivelare che nella totalità
dei concorsi che vengono fatti in Italia per rivestire ruoli di
ricercatore o qualsiasi altra posizione non sono mai i migliori a
vincere, e tra quelli scelti i raccomandati sono sempre oltre il 90%.
Sarà forse per questo che
l’unico premio da me vinto è un concorso anonimo dove la scelta
era determinata solo ed esclusivamente dalla qualità dell’opera?
Non è un caso se in un sondaggio di una trasmissione televisiva
quando si è chiesto se l’Italia sia il paese dei privilegiati il
95% ha risposto Si! Sarà
per questo che ogni qual volta ho proposto ad associazioni,
fondazioni ed istituzioni dei miei progetti mi sono sentito
rispondere che l’idea era interessante ma non avevano risorse da
potere mettere a mia disposizione? E
poi mi vengono a chiedere di firmare le loro petizioni!…..
Incominciavo a pensare che presto il cinismo galoppante del sistema
non mi avrebbe più dato la possibilità di lamentarmi e vi assicuro
che ne ho ben donde visto che continuano a farlo a gran voce tutti
coloro che non ne avrebbero nessun motivo. Come dici? Ecco qui
l’ennesimo sfigato? Si!…me l’ha scritto un certo Piero Golia in
risposta ad un e-mail dove vi era il link di un mio lavoro di net-art
che gli era giunto. “Sei
solo uno sfigato” mi ha
detto.
Ma chi è l’artista
sfigato?
Quanti ce ne sono stati
nella storia dell’arte?
E mi chiedo questo,
cercando di non scomodare un Piero Manzoni qualsiasi. Se un artista
come Maurizio Cattelan in un intervista afferma che considera il suo
primo periodo come quello di un artista sfigato cosa devo fare? Devo
prenderla come un complimento? Devo cercare di diventare un allievo
di Alberto Garutti? O devo pescare un altro cartoncino degli
imprevisti sperando che questa volta sia quello che dice “Andate
sino a Largo Colombo, e se passate dal Via! ritirate le 20.000 lire”
?
Pino Boresta
Sunto
tratto dal comunicato ufficiale.
Domenica
3 luglio, a partire dalle ore 11 e sino alle ore 20, al Trevi
Flash Art Museum
(Trevi PG, Palazzo Lucarini) si inaugura il PADIGLIONE
ITALIA out of Biennale.
Il PADIGLIONE
ITALIA out of Biennale
nasce come forma di protesta dimostrativa e attiva nei confronti del
Presidente della Biennale di Venezia, Davide Croff e delle due
curatrici della Biennale stessa, Maria De Corral e Rosa Martinéz,
per non aver ripristinato il Padiglione Italia che, sin dagli inizi
della storica rassegna, ha rappresentato sempre una vetrina e una
grande opportunità, sia nazionale che internazionale, per gli
artisti italiani. L'aver soppresso questo Padiglione (che sembra
venga ripristinato e, speriamo, in maniera ampia e autorevole), ha
significato un totale disprezzo nei confronti del paese organizzatore
e finanziatore dell'evento. Ha anche significato una totale mancanza
di sensibilità e professionalità da parte del nuovo Presidente
Davide Croff, certamente ottimo manager ma pessimo conoscitore del
sistema dell'arte italiano e internazionale. In ogni grande rassegna
(Documenta, San Paolo, Corea, ecc.) il paese organizzatore e
finanziatore dell'evento si ritaglia un significativo spazio per i
propri artisti. Attitudine che qualsiasi osservatore internazionale
comprende, giustifica e anzi avalla. Chi non capisce che il paese
ospitante e finanziatore abbia qualche diritto più degli altri?
Elenco curatori e artisti invitati a PADIGLIONE ITALIA out of
Biennale
LUCA
BEATRICE:
Marco Cingolani, Valentina D'Amaro, Massimo Kaufmann, Aldo
MondinoANDREA
BELLINI:
Piero
Golia, Gabriele Picco
(Gianni Caravaggio)
MAURIZIO
COCCIA:
Mario Consiglio, Giorgio Lupattelli, Elisa Macellari e Alessandro
TinelliCHIARA
LEONI:
Nicola Carignani, Deborah Ligorio, Rä di Martino, Mario
RizziGIANLUCA
MARZIANI:
Matteo Basilè, Robert Gligorov, Rafael Pareja, Adrian
TranquilliGUIDO
MOLINARI:
David Casini, Luca Trevisani, Nico Vascellari, Luca VitoneFRANCESCA
PASINI: Chiara
Camoni, Marta Dell'Angelo, Marcello Maloberti, Marcella
VanzoBARTOLOMEO
PIETROMARCHI:
Elisabetta Benassi, Rossella Biscotti, Jorge Peris, Lorenzo Scotto di
LuzioGIANCARLO
POLITI:
Carla Accardi, Getulio Alviani, Enrico Castellani, Gabo, Angelo
MoscaALESSANDRO
RIVA:
Aldo
Damioli, Marco Petrus, Luca Pignatelli, Paolo SchmidlinMAURIZIO
SCIACCALUGA:
Davide Coltro, Giacomo Costa, Fulvio Di Piazza, Federico Guida
-
solo per documentazione di riferimento -
FLASH
ART NEWSLETTER
Domenica
3 luglio, alle ore 11 si inaugura il PADIGLIONE ITALIA out of
Biennale al Trevi Flash Art Museum
All'inizio fu solo un grido, questo descritto su:
Exibart.onpaper n. 42 (speciale Granour) agosto/settembre 2007 nella pagina Fotofinish
Altro concerto ha improvvisato il sempre spassoso Pino Boresta che, non vergognandosi di essere venuto in laguna con tanto di prole, ha adocchiato una scala, vi è salito ed ha cominciato ad urlare "Invitate anche me alla Biennaleeeee".
Così scrive la redazione di Exibart.onpaper alla pagina 30 fotofinish a riferimento di una foto che mi vede abbarbicato in cima a una lunga scala infissa alle mura dell’Arsenale durate il vernissage della 52° Biennale di Venezia mentre strillavo“Voglio una Biennaleeeeee!”:
Il riepilogo di Chiara Li Volti pubblicato on line su “Culturlazio” il 29 Novembre 2007
La raccolta firme di Pino Boresta:
Accadde
nel 1999. La Biennale di Venezia, quell’anno fu l’edizione di
Harald Szeemann, “soppresse” il Padiglione Italiano, che confluì
nella mostra generale, inglobata nel progetto del Direttore, esteso
dalle Corderie fino agli spazi dell’Arsenale. L’Italia, paese
ospitante l’evento, perdeva la possibilità di concorrere al premio
assegnato al miglior Padiglione ma, cosa più importante, sembrava
definitivamente destinata ad accettare il peso storico di una
tradizione che lega il nostro paese ad un luminoso passato artistico,
cui fa da contralto quella difficoltà, riscontrata in diversi campi,
non solo culturali, di farsi driver di innovazione. Nel 2005 la
protesta. Una lettera, aperta alla firma di quanti più possibili
sostenitori - realizzata con la collaborazione di differenti
associazioni culturali, curatori e critici d’arte - venne
indirizzata al Presidente della Fondazione della Biennale di Venezia
Davide Croff. Si richiedeva specificatamente la necessità di una
rappresentanza nazionale e l’istituzione della figura di un
Commissario al quale affidare il Padiglione Italia. In mezzo a tutto
questo la richiesta apparentemente controcorrente di Pino Boresta.
Artista provocatorio, diretto e sincero, nello stesso anno scrisse
“di un’italietta contemporanea” mediocre, in cui l’animo
della rappresentanza sarebbe stata invalso a fronte di un sistema
dell’arte che fatica a premiare chi davvero meritevole di esserlo.
Chiedeva infine di non sottoscrivere il precedente appello e, al
contrario, firmare quello che avvalorava la sua stessa produzione,
più che qualificata per concorrere alla Biennale medesima. L’ultima
biennalità ha dimostrato tuttavia che a nulla è valsa la pretesa di
Pino Boresta, a dispetto di un Padiglione Italia che, con tutte le
critiche di contorno, è comunque tornato al suo posto. Ma Boresta
persiste. Sabato 1 Dicembre, in collaborazione con l’Associazione
Culturale Aevum,
inserito nel ciclo di eventi espositivi “Mario a un anno” (dal
nome del quartiere che ne è sede: Monte Mario), l’artista dà
ufficialmente il via al suo secondo tentativo: “FirmaBoresta”
è una campagna di firme in favore della sua partecipazione alla
Biennale prossima. Questa volta, alla posta elettronica, preferisce
fin da subito la Piazza reale, quella di Nostra Signora di Guadalupe.
Per la tradizionale agorà mostra un’antica predilezione, a
cominciare da quegli interventi sul suolo urbano che sono la natura
più spiccata della sua espressione artistica. Adesivi su cui
campeggiano le sue smorfie o piccoli Documenti Urbani Rettificati
sono i due esempi più significativi della sua irriverenza. Boresta
sembra voler rispolverare l’eredità di un Marcel Broodthaers nel
momento in cui sceglie l’arte per farne vettore di consenso
personalistico, quando l’artista belga ne faceva veicolo di
approvazione culturale aggirando le istituzioni ufficiali e, anzi,
emulandole, facendone il verso. Come non fare allora del progetto di
Boresta una lettura dissacrante delle ultime tendenze del fare
politica, dalla partecipazione locale ad un’interazione vis a vis
con i firmatari che, vista la sede inusuale dell’evento, si
presuppone poco abbiano a che fare con le questioni di “inclusività”
nel sistema dell’arte contemporanea. A seguire una seconda parte
dell’evento verrà inaugurata negli spazi dell’associazione: “Netart No-Logo C.U.S.”
come estesa visibilità del marchio, l’ostentazione del proprio
personalissimo brand. Pino Boresta intreccia il resoconto visivo di
uno dei suoi interventi “Cerca
e usa la smorfia”
(C.U.S.) ad alcuni brani tratti dal saggio “No Logo” di Naomi
Klein “bibbia del movimento anti globalizzazione”. Dal cittadino
che firma la sua protesta al nettadino che visita il sito in cui il
progetto “No-Logo
C.U.S.”
continuerà ad esistere, Boresta non lascia fuori nessuno.
Testo pubblicato on line sui siti Exibart, Undo.net, Teknemedia, Mentelocale, Romaguide e diversi altri ed un estratto anche sulla rivista d’arte Juliet n. 136 febbraio/marzo 2008.
Comunicato stampa della mostra “Firma Boresta” di Tania Vetromile con il resoconto e riepilogo dei fatti.
Firma Boresta inaugurazione sabato 1
dicembre – 20 dicembre 2007
Il
progetto “Firma
Boresta”,
è una campagna per la raccolta firme in favore della partecipazione
di Pino Boresta alla prossima Biennale Internazionale di Venezia.
L’operazione muove dall’esplicito diniego di Boresta a firmare e
sostenere una campagna promossa nel 2005 da alcuni noti personaggi
del sistema dell’arte italiana in favore della partecipazione di
artisti italiani all’importante kermesse d’arte veneziana.
Motivando, attraverso una lettera pubblica, con la totale sfiducia
nei confronti dei meccanismi di selezione degli artisti insiti nel
nostro sistema dell’arte contemporanea, Boresta si è lasciato
coinvolgere in un divertente botta e risposta che, fra il serio ed il
faceto, ha indotto l’artista a perorare la sua causa attraverso un
plebiscito popolare. Il progetto Firma
Boresta,
in cui è evidente un’esplicita componente di protesta, implica
ulteriori evidenze contenutistiche e formali. Il coinvolgimento dello
spettatore anzitutto, in questo caso chiamato a firmare e, se lo
desidera, a farsi fotografare - decidendo così di comparire
nell’opera che l’artista realizzerà al termine della sua
raccolta – è uno degli aspetti che contraddistingue la ricerca
artistica di Boresta, tesa ogni volta nella ricerca di nuove forme
d’interazione con lo spettatore, coopartecipe nella costruzione di
modalità alternative di vivere quotidiano. Diversi anche i rimandi
che possono essere rintracciati nell’attualità: il problema della
meritocrazia, la sensibilizzazione dei cittadini alla presa di
coscienza delle sovrastrutture di controllo, cittadini questa volta
chiamati in causa, attraverso il gioco ironico dell’artista, su un
terreno che, seppur totalmente loro estraneo per interessi e
contenuti di merito, appare viziato di insidie largamente diffuse.
Non da ultimo l’aspetto legato all’auto-referenzialità,
predominante nell’operazione artistica di Boresta e utilizzato come
elemento di rottura nei confronti della società globalizzata e
consumista/consumistica: dalle famose “smorfie adesive”,
disseminate nel contesto urbano, dei Documenti Urbani Rettificati (a
contaminare manifesti, verbali di multa, cartelli stradali) ai
piccoli adesivi in cui, sotto la propria faccia, l’artista chiede
di lasciare un messaggio. Per l’occasione è stato presentato il
progetto di Net art No-logo
C.U.S.,
ideato da Pino Boresta e realizzato in collaborazione con
l’associazione Aevum. Pino Boresta associa le immagini-documento di
uno dei suoi interventi urbani più popolari “Cerca e usa la
smorfia” (C.U.S.) a brani tratti dal saggio della scrittrice
canadese Naomi Klein No
logo,
già definito quale “bibbia” del movimento anti globalizzazione.
Il volto- smorfia di Boresta, da anni disseminato nelle strade di
Roma e di altre città italiane, inteso come ironico e irridente
“marchio” o “logo” dell’artista svincolato da qualsiasi
logica economica e di mercato, diviene mezzo di opposizione
all’invadente industria dei marchi e delle firme che
quotidianamente cerca di imporre ai “consumatori” il proprio
condizionamento pubblicitario. Con il progetto No-logo C.U.S.
destinato alla fruizione sul web, luogo per eccellenza
dell’”interconnessione”, viene innescato un possibile contatto
tra le riflessioni contenute nel testo della Klein e la possibilità,
mediante un’operazione artistica come “Cerca e usa la smorfia”
di Boresta, di riaffermare l’individualità del singolo,
riappropriandosi al tempo stesso dello spazio urbano attraverso un
intervento “disordinante”, tendente ad attivare un rapporto
diretto con l’osservatore, non più passivo
consumatore
ma partecipante
attivo
invitato a scrivere ciò che pensa riguardo alla pubblicità e alla
sua invadente presenza nella vita delle città.
Tania Vetromile
L’evento dell’artista Pino
Boresta si è svolto con una Performance alle ore 16.30 a Roma in
Piazza di Nostra Signora di Guadalupe e alle ore
18.30 con una Installazione sempre a Roma in via fratelli Gualandi n.
29. I due progetti inediti sono stati realizzati in collaborazione
con l’Associazione Culturale Aevum, a cura di Tania Vetromile,
Donatella Apuzzo e Marta Seravalli.
In foto:
Alcuni momenti dei vari eventi ed interventi nel corso dei due anni in cui il progetto "Firma Boresta" ha partecipato ufficialmente o clandestinamente, un volantino e poi ci sono delle mie Foto Composizioni di alcuni personaggi coinvolti indirettamente o citati all'interno degli articoli usciti in merito al progetto che qui riportato in ordine di apparizione : (Davide Croff e Francesca Pasini), (María de Corral e Rosa Martinez), Angelo Capasso, (Niccolò Machiavelli, Leonardo Sciascia, Franco Califano, Woody Allen), Damien Hirst, Maurizio Cattelan, Giancarlo Politi
ps
Tutto quello che è successo in seguito è ormai storia ed ampiamente documentato.
Qualche info in merito al progetto anche ai seguenti link:
Qui gli ArtBlitz correlati con il progetto "Firma Boresta" per la diffusione e distribuzione dei volanti:
Questo il progetto di Net Art No-logo C.U.S., ideato da Pino Boresta e realizzato in collaborazione con l’associazione Aevum in occasione della presentazione del progetto "Firma Boresta"