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I disegni di Branco, artista semianalfabeta, originario dello Stato di Alagoas, sono il suo linguaggio. Considerato un outsider artist, il suo modo di leggere il mondo e di raccontarlo è una sorta di iconografia spontanea, decifrabile soltanto dalle anime più sensibili. Uno scavo profondo in quello che siamo stati, che siamo e che saremo. Evocazione di una terra che un tempo è stata sorella dell'uomo, una fratellanza perduta. Branco è capace di ascoltarla ancora, come se avesse il mandato di rappresentarla e di restituircene, con i suoi segni, l'eterna bellezza.
Le opere di Branco rappresentano un'espressione spontanea d'arte, generata da un profondo desiderio di comunicazione che non può essere soddisfatto attraverso i canali usuali, come la parola, ma prende voce attraverso i segni di pennellate che danno vita ad un mondo che riposa nell'inconscio dell'artista, per realizzarsi nel quotidiano in opere di coinvolgente esuberanza. Branco non è scolarizzato, ma il suo mentore, Tonico Mendonça, è l'artista che per primo lo mette in contatto con il mondo creativo e gli mostra una base da dove partire. Da lì tempera e pennello sono in contatto diretto con la sua fantasia e i suoi pensieri più ancestrali; la sua limitata capacità espressiva diventa da ostacolo a porta, permettendo il dialogo con uno stato di coscienza ancora non corrotto dalla sovraesposizione a strutture moderne. Quello che ne risulta sono opere su tela dai colori naturalmente vivaci, che rappresentano il caos della vita stilizzato in segni bianchi e neri. Reminiscenze quasi rupestri che mai quanto oggi riconnettono alla più verace natura dell'essere.
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César Meneghetti trascorre metà della sua vita tra Europa e Brasile. Si è laureato in Comunicazione visiva all'università FAAP di San Paolo, in Fine Arts (Mixed Medias) alla London Metropolitan University e si è diplomato al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Artista e film-maker, il suo lavoro ruota attorno alla riflessione sociale attraverso un'estetica sperimentale. La sua interazione dei media connette Nord e Sud. I temi sono la migrazione e il concetto di confine individuale e politico. Ha partecipato alla Biennale di Venezia nel 2015 e nello stesso anno ha esposto al Maxxi di Roma.
Il filmato LES TERRA'S DI NADIE è un discorso politico tramutato in arte, che utilizza il video come mezzo per narrare la tragedia in maniera poetica, come una sorta di poesia in immagini e parole, grazie ad un mix di grafiche che genera una fitta trama di segni. Le immagini che compongono il filmato sono documenti di repertorio della dittatura cilena e brasiliana, che si incrociano creando una sequenza di immagini potenti. LES TERRA'S DI NADIE" ("le terre di nessuno", 5 lingue in un'unica frase) è un non luogo dove imperano violenza e oppressione. In un periodo ben definito, ma anche atemporale, la rappresentazione visiva si fonde con la poesia del cileno Antonio Arevalo, ripercorrendo l'11 settembre 1973, giorno del colpo di stato in Cile, e il 31 marzo 1964, giorno del colpo di stato in Brasile. Immagini e brani lirici si susseguono, si accumulano, si accavallano. Più spesso si completano. La Storia si fa unica, un intero continente dialoga. Tutti gli uomini, di tutti tempi condividono la stessa esperienza. Un'opportunità per rivivere una delle pagine più oscure nella storia del nuovo mondo.
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Christian Cravo coglie tutta l'afro-brasilianità del Brasile nella serie Rome- Noir. Una miscela di corpi, credenze e costumi svelano la magia di Bahia: città di sorrisi e pigrizia, nell'incantesimo delle sue mille chiese, dei riti, delle melodie, dei miti, dei profumi. Cravo è stato premiato dal Museo di Arte Moderna di Bahia, dal Mother Jones International Found per Documentary photography e ha ottenuto una borsa di studio dalla Fondazione Vitae e dalla Fondazione John Simon Guggenheim per la sua ricerca sul Nordest brasiliano. Ha concorso al premio Paul Huff, Olanda 2007, fra i 100 fotografi più promettenti. È stato segnalato, unico sudamericano, per il Prix Pictet, Regno Unito 2008, la più importante rassegna fotografica sul tema della sostenibilità.
Gli scatti raccontano di un Brasile che l'artista ha conosciuto nei suoi primi anni di vita, per poi assimilarlo in lontananza e solo in seguito riscoprirlo, questa volta con i mezzi e la forza di documentarlo. La macchina fotografica riporta in sfumature di grigio il mondo visto dai suoi occhi, quel mondo che lo ha accolto alla sua nascita e a cui è per sempre rimasto inesorabilmente legato. ROME NOIR è la collezione di fotografie scattate nella città natale dell'artista, Salvador de Bahia, che mostrano uno spaccato della quotidianità che lascia intravedere, nelle sue sfumature, abitudini che diventano rituali e riti che sono ormai abitudini, dove nascondere personali interpretazioni di realtà. Le immagini invitano l'osservatore a scovare la propria interpretazione, a svelare la magia che si cela dietro alla forma.
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Luiz Martins è un artista in forte connessione con la cultura primitiva brasiliana. Nelle sue opere è intrinseco il legame viscerale con segni e simboli tratti dalle forme più ancestrali di comunicazione ed espressione grafica. Forme rubate ai dipinti rupestri, simboli indigeni primordiali vengono rielaborati attraverso materiali carichi di energia. Lui stesso si definisce "archeologo urbano". Vaga tra le periferie alla ricerca di materiali carichi di storie che portano con sé un´energia vitale. Una sua opera è nella collezione del MAC di San Paolo, il più importante museo d'arte contemporanea del Sudamerica. Il suo colore distintivo è il rosso. Per questo nel 2016 è stato scelto da CAMPARI per una serie di installazioni dedicate all'evento CAMPARI RED EXPERIENCE, che si svolgerà anche nel 2017 nelle principali città brasiliane.
Luiz Martins poterà in scena a Milano proprio una delle sue installazioni rosse parte del percorso sensoriale che ha realizzato per Campari Brasile. L'artista è un vero e proprio sperimentatore, che indaga la sua terra, dalla sua cultura primitiva fino ai giorni nostri e oltre, per scoprire i legami costanti e invariabili che da tempo immemore fanno parte dell'inconscio del suo Paese, in grado di trasmettere verità fondamentali e perenni. Il rosso è uno dei mezzi fondamentali per connettere cultura ancestrale e moderna, con un carico di energia, passione, luce e forza primordiale che vincono le barriere temporali e impregnano gli animi del popolo da secoli.
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Gli scatti di Monica Silva, brasiliana di nascita ed europea di adozione, sono lo sguardo di chi cerca nella terra d'origine le proprie radici. Oscilla tra ricchezza e degrado, colori e sfumature, suoni e silenzi, fede e superstizione. Il ritorno alla dimensione primordiale di profonda purezza e intimità con la natura sovverte la nostra percezione della vita. Nel 2016 espone "Lux Et Filum – Una Visione contemporanea di Caravaggio" al Mia Photo Fair di Milano. È stata la fotografa ufficiale di Eicma 2015/2016, realizzando inoltre la campagna per l'edizione 2016. La sua foto intitolata "Missing you" è stata finalista tra oltre 5.000 artisti di tutto il mondo al concorso on line Saatchi Art New York Scope. Organizza workshop e performance sulla psicologia del ritratto in Italia.
Monica Silva vive ormai da molti anni a Milano, dove attualmente lavora per esposizioni e per riviste di tutto il mondo. In Europa ha riscritto il suo futuro, lasciando alle spalle una situazione familiare a São Paulo molto difficile, di cui non poteva più sentirsi partecipe. Nei suoi scatti è costante la ricerca psicologica che va ad indagare gli antri più nascosti del sé. Ispirandosi ai grandi del passato come Marcel Duchamp, Salvador Dalì, Caravaggio e Andy Warhol, le sue opere elaborano i soggetti che di volta in volta ritrae, lasciandone scaturire l'essenza nascosta, spesso con un sapiente tocco di ironia. Le fotografie del suo paese di origine espongono tutta la vivacità e i colori della sua terra, insieme ad un forte attaccamento per la tradizione e il culto. Campi da indagare, mai scontati, che fanno parte del suo sangue e dei suoi antenati della tribù indigena Tupi Guarani.
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