Rui Chafes
Entrate per la porta stretta
A cura di Giacomo Zaza
Sabato 26 Novembre 2011 ore 18:30
Convicinio di Sant’Antonio, Parco della Murgia, Musma – Matera
La mostra personale “Entrate per la porta stretta” di Rui Chafes, consiste in un itineraneo di sculture pensato in conformità con i Sassi di Matera, in particolare per gli spazi del complesso chiesastico “Convicinio di Sant’Antonio” e del Parco della Murgia Materana ed un nucleo di disegni per il MUSMA, Museo della Scultura Contemporanea. Il progetto espositivo a cura di Giacomo Zaza, è promosso dalla Provincia di Matera insieme all’Ambasciata del Portogallo, all’Instituto Camões, e ai Consolati del Portogallo di Napoli e Bari, patrocinato dal Consiglio Regionale della Basilicata.
Le opere di Rui Chafes sottostanno continuamente ad un progetto di dialogo con lo spazio e il contesto architettonico. Esse agiscono in luoghi differenti, dall’antro della galleria e del museo agli scenari naturali del parco o della spiaggia oceanica. Questa volta Chafes concepisce un itinerario progettato al di fuori dei canoni della scultura, secondo una sorta di “anti-scultura”, oscura e indecifrabile, che “prende parte” al luogo espositivo. Le opere per Matera diventano delle anime vaganti, presenze inquietanti all’interno di un sito arcaico, mitico e umano al tempo stesso. Dentro l’architettura liturgica (nicchie e nervature, calotte absidali e volte a crociera, o a tenda) queste “anti-sculture” agiscono in osmosi con l’interno e l’esterno dello spazio, nonché in simbiosi con l’umano e il sacro.
Spesso le sculture eteree e dinamiche di Chafes rammentano dei corpi astratti e organici, avvicinabili alla metamorfosi degli esseri. A volte la loro presenza fisica trasmette la sensazione di un pulsare vivo che stabilisce un legame intimo e magico con lo spazio circostante. Il materiale utilizzato dall’artista è sempre l’acciaio, che, dipinto di nero, conferisce alle opere un aspetto “visionario”, generato da relazioni con un discorso interiore, in controtendenza rispetto alla dimensione fluida del mondo globale in cui prevale la rapidità e la scomparsa dello spazio-tempo.
A Chafes viene in mente il connubio tra divino e terreno setacciato da Pier Paolo Pasolini nel film “Il Vangelo secondo Matteo”. Pensando a Pasolini Chafes intitola la mostra Entrate per la porta stretta (in riferimento alle parole del Cristo: “Quanto é stretta la porta e angusta la strada che conduce alla vita e pochi quelli che la trovano”). Questo progetto chiama in causa da una parte i “principi etici” che Pasolini ha rivendicato nel suo film (il Cristo che, nella sua lotta contro l'ipocrisia religiosa e la brama di potere, si spinge a porsi come “figlio di Dio”, affermazione punita con la morte), dall’altra l’architettura religiosa e civile di Matera, con i suoi antri ancestrali, con i “suoi labirinti umani fatti di sassi e isolamento”. Simile ad un volatile che attraversa il cielo senza lasciare traccia, a Matera l’opera di Chafes diventa divina apparizione così come divino e mitico appare il Cristo di Pasolini.
Nel “Convicinio di Sant’Antonio”, complesso composto da quattro chiese rupestri [Sant’Antonio, San Donato, Sant’Eligio, San Primo o Tempe Cadute], Chafes elabora una ricca scena di opere: Inerme, quattro sculture simili a letti di ferro, letti di ospedale, oppure esseri animali, ciascuna nascosta in ogni ambiente sotterraneo - forse cripte o cappelle scavate nella roccia - delle quattro chiese; Mondo misterioso, due coppie di sculture che sembrano strumenti per camminare più in alto, “stampelle” o trampoli; Il tempo è il mio unico amico, quattro “scatole” nere in ferro, o meglio quattro parallelepipedi rettangoli inseriti perfettamente in vasche scavate nel suolo (probabili sepolture). Qui le scatole misteriose che si sollevano di poco dal pavimento non solo esprimono “pulsioni” di morte, ma anche la forma geometrica regolare in dialogo con lo spazio informe delle Chiese, in generale dei Sassi, e il tempo sospeso e fermo, una base meditativa, metafora dell’arte. Ed ancora, tra le navate arcuate e le cavità lenticolari (presbiteri laterali e vestiboli), appaiono Luna morta di freddo, un corpo sferico che si protrae al di là di una vasca in pietra; Il silenzio di Giorgio De Chirico e Il labirinto di Giorgio De Chirico, due sculture sospese dal soffitto, eco del mondo arcaico di De Chirico, Della povertà e della morte, piccole sculture come cucchiai o utensili per mangiare, senza una vera finalità d’uso, dalle sembianze zoomorfe, che intaccano lo spazio, agganciate ad alcune aperture che attraversano le pareti. Il titolo Della povertà e della morte deriva da Rainer Maria Rilke. Queste piccole sculture sembrano forme oniriche ossessive e terrifiche, quanto la malattia e la morte. Invece le tre lamiere di ferro incastonate nelle finestre, intitolate Lama, possiedono dei piccoli fori che “filtrano” la luce e rendono l’ambiente più scuro. Attraverso i piccoli fori delle lamiere si può scrutare la valle calcarea del Parco della Murgia Materana di fronte al Convicinio di Sant’Antonio.
La scena continua con Quel che è virtù per la società è dissolutezza per il santo, una scultura con due elementi concavi verticali simili a cucchiai che, dietro una parvenza di simmetria e regolarità, nasconde squilibrio e scompenso (uno stato di insicurezza), poi segue La vostra allegria è la vostra tristezza senza maschera, opera caratterizzata da una forma organica, ricordo del mondo animale, visione illogica e irrazionale, ed infine, posizionati di fronte al complesso chiesastico, L’oggi così lento e lo ieri così breve, due grandi coni neri, di circa 2,50 metri, posti sulla terra acre e rocciosa della valle. Due coni isolati e “metafisici” da osservare in lontananza: due corpi astratti che diventano forme alchemiche e “neo terrestri” da indagare.
Del progetto di Matera lo interessa quella temperatura metafisica della scultura in relazione al luogo, la connessione della ambigua profondità dello spazio alla sostanza misteriosa dei suoi interventi plastici, per i quali il visitatore giunge a spiare, nel caso di Lama, la steppa della valle esterna quasi fosse un interno segreto da conoscere. L’arte di Chafes innesca un processo di riverberi tra i diversi livelli di lettura e appropriazione da parte del fruitore, costringendolo ad un “viaggio” dall’esistenza ordinaria al mondo fantasticante. Su questa via il luogo espositivo perde i connotati di contenitore ospitante convenzionalmente neutralizzato per divenire esso stesso ambito attivo dell’opera: il luogo, gli artifizi plastici, tutto si fa opera in una trama correlata di rimandi, livelli di memoria subconscia (sogno, morte, dolore) e introiezione.
Cenni Biografici
Rui Chafes è nato a Lisbona nel 1966. Dal 1984 al 1989 frequenta il corso di Scultura della Facoltà di Belle Arti di Lisbona, tra il 1990 e il 1992 studia con Gerhard Merz alla Kunstakademie di Düsseldorf. Chafes entra in contatto con un ground culturale: il Romanticismo tedesco, il medioevo gotico e tardo (il ruolo della luce, del peso/forza, l'equilibrio delle forme, il rapporto con la natura, con lo spazio circostante e con l'Uomo), i romantici tedeschi, quali Novalis, Goethe, Kleist, fino allo scultore gotico Tilman Riemenschneider e Andrej Rubliov. Durante il suo soggiorno in Germania, traduce i Frammenti di Novalis (Novalis’ Fragmentos). Inoltre è affascinato da Andrej Tarkowsky, Friedrich Hölderlin, Rainer Marie Rilke, Nietzsche, Beckett, ecc. Nel 1995 Chafes rappresenta il Portogallo alla Biennale di Venezia (con José Pedro Croft, Pedro Cabrita Reis) e nel 2004 partecipa alla Bienal de Sao Paulo. Tra le mostre personali ricordiamo: Würzburg Bolton Landing, Centro de Arte Moderna da Fundação Calouste Gulbenkian, Lisboa, 1995; Durante o fim, Sintra Museu de Arte Moderna Colecção Berardo, Palácio Nacional da Pena, Parque Histórico da Pena, Sintra, 2000; Kranker Engel, S.M.A.K., Stedelijk Museum voor Actuele Kunst, Gent, 2001; nel 2002, El alma, prisión del cuerpo, Galeria Juana de Aizpuru, Madrid; Leçons de ténèbres, Galerie Cent8- Serge Le Borgne, Paris; Ash flowers, Esbjerg Kunstmuseum, Esbjerg, 2003, nel 2004, Ash flowers, Kunsthallen Nikolaj, Copenhagen, Danmark, nel 2005, Comer o coração (com Vera Mantero), Centro Cultural de Belém, Lisboa; Augenlicht, Museum Folkwang, Essen; Fora! (com Pedro Costa), Museu de Arte Contemporânea de Serralves, Porto; nel 2007, Onde estou?, Fondazione Volume!, Roma, Italia; Nocturno, Fundação Eva Klabin (Projeto Respiração), Rio de Janeiro, Brasil; Eu sou os outros, Galeria Graça Brandão, Lisboa, A mesma origem nocturna, Jardim Botânico, Coimbra, 2008