Presso Il Circolo La Scaletta - in via Sette Dolori 10, nei Rioni Sassi di Matera - il 29 novembre alle ore 18 si inaugura la mostra dell'artista pugliese Severina Di Palma, Auto-biografismi, presentata da Katia Ricci. Resterà aperta fino al 13 dicembre.
Le opere in carta, materiale prediletto da Severina Di Palma, hanno uno spessore tale da produrre effetti plastici, come se fossero quasi bassorilievi dalla superficie increspata con rilievi, tagli e buchi, cuciture e strappi dagli orli sfrangiati.
Nelle sue ultime opere usa una tavolozza variegata, che ha sostituito il bianco dei lavori precedenti. "Fare arte-dice Severina Di Palma- è una sorta di autocoscienza che fa emergere un mondo in cui prevalgono i rossi, gli azzurri, i verdi e i gialli, i colori della mia terra colma di sole e di fatica, dove non c'è posto per tinte opache, neutre, distaccate. Il nero non è mai presente perché per me è negazione. Negazione della vita! La vita, invece, è comunque bene e gioia".
Partendo dal dato che il mondo è abitato da donne e uomini, inserisce nei suoi lavori simboli femminili e maschili, a volte tratti dalle ceramiche e dalle stele di cui abbonda la Daunia, sua terra natale: triangoli e campane, spirali e cerchi, si alternano a linee verticali variamente combinate.
Pur eseguendo opere astratte, non rinuncia mai a descrivere il suo rapporto con il mondo e a far emergere la consapevolezza di essere donna prima che artista, atteggiamento questo tutt'altro che scontato ancora oggi. Severina Di Palma non è mai stata femminista, anzi si è tenuta lontana da gruppi, ideologie, manifestazioni di carattere politico, ma ha da sempre intrecciato le pratiche artistiche con la riflessione sulla propria differenza femminile. "Ho lottato molto-ricorda-per affermare la mia indipendenza e libertà attuale.Gli stereotipi di ragazza colta presenti nel mio paese, all'epoca, vedevano la donna solo come maestra. Riuscii a convincere i miei genitori, parlando loro della mia passione per il disegno e la pittura, a farmi frequentare una scuola d'arte."
Alla concezione dell'opera come un oggetto che ha una sua forma definitiva, conclusa e chiusa, Severina, come tanti altri artisti di oggi, oppone e sostituisce l'idea di una ricerca artistica legato alla quotidianità e che di questa conserva i ritmi e i tempi ineguali, perché dettati da situazioni a volte improvvise e impreviste, proprie di un organismo vivente.
Le superfici delle carte variano continuamente, diventando luogo di invenzione: pieghettature e trafori a tratti si addensano in elementi riconoscibili come merletti, ma subito si distendono quasi per negare la qualità decorativa e consolatoria dell'arte, privilegiando, invece, il piano concettuale e comunicativo.
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