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lunedì 9 gennaio 2017

Roma, Eataly - 10 gennaio: mostra Scarcity Waste di Syngenta

Eataly ospiterà a Roma Scarcity-Waste - Syngenta Photography Award

10 gennaio - 9 febbraio 2017, Eataly Roma Ostiense

Le contraddizioni di un pianeta malato di spreco
nelle immagini del premio fotografico internazionale Syngenta.

Roma, 9 gennaio 2016 - Da martedì 10 gennaio 2017Eataly Roma Ostiense ospiterà la mostra Scarcity-Waste - Syngenta Photography Award, esposizione itinerante che racconta la drammatica contrapposizione tra scarsità e spreco di risorse naturali attraverso le immagini premiate all'edizione 2015 del prestigioso concorso internazionale di fotografia promosso da Syngenta.

Scarcity-Waste - Syngenta Photography Award torna in Italia dopo essere stata esposta a Milano (Piazza Gae Aulenti) durante il semestre di EXPO 2015 e a Cremona nel Museo Civico Ala Ponzone. 

La mostra fotografica, che sosterà a Roma sino a giovedì 9 febbraio 2017 con accesso gratuito, sbarca nella Capitale in una collocazione particolarmente significativa: il grande centro enogastromico Eataly di Roma Ostiense, tempio della valorizzazione delle eccellenze agroalimentari made in Italy e  della cultura enogastronomica nazionale.

Si tratta di un'associazione forte e del tutto pertinente, dato che il percorso espositivo di Scarcity-Waste - Syngenta Photography Award è una riflessione per immagini sul tema, attualissimo, dello spreco delle risorse planetarie, con tutto ciò che comporterà sulla disponibilità futura di acqua e cibo e sulle nostre abitudini alimentari. 
Entro il 2050, infatti, la domanda di cibo è destinata a raddoppiare

Ogni anno, tuttavia, circa 1/3 dell'intera produzione alimentare viene sprecato e ogni secondo si perdono superfici coltivabili delle dimensioni di un campo di calcio a causa dell'erosione del suolo e dell'urbanizzazione.

La mostra affronta la tematica attraverso la forza evocativa delle immagini selezionate dalla giuria del Syngenta Photography Award, premio organizzato annualmente da Syngenta per promuovere il dialogo e creare consapevolezza sulle sfide che il pianeta deve gestire. 

L'allestimento presenta la rosa dei progetti fotografici migliori tra quelli presentati da oltre 2.000 fotografi professionisti e amatoriali di tutto il mondo, tra cui il primo premio 2015 nella categoria professionisti, assegnato al documentarista Mustafah Abdulaziz per la serie "Water", e la foto "Shijazhuang AQI 360, 2014" del tedesco Benedikt Partenheimer, vincitrice nella categoria amatoriale.

"La presenza della mostra a Eataly Roma Ostiense testimonia l'attenzione e la vicinanza della nostra azienda, interamente dedicata all'agricoltura, alla tematica della disponibilità di cibo di qualità e in abbondanza per le generazioni a venire" - spiega Luigi RadaelliAmministratore Delegato di Syngenta Italia. "Si tratta di un argomento che interroga e chiama in causa anche la filiera delle produzioni agroalimentari italiane di eccellenza, di cui Eataly è un'espressione autorevole e di successo." 



Syngenta
Syngenta è una delle principali aziende dell'agro-industria mondiale. Il gruppo impiega più di 28.000 persone in oltre 90 paesi che operano con un unico proposito: Bringing plant potential to life (Sviluppare il potenziale delle piante al servizio della vita). 

Attraverso l'elevata competenza scientifica, la presenza su scala mondiale e l'impegno nei confronti dei clienti e dei partner, contribuiamo ad accrescere la produttività delle colture, a proteggere l'ambiente e a migliorare la salute e la qualità della vita. 

Per maggiori informazioni su Syngenta potete consultare i siti web www.syngenta.com  www.syngenta.it e www.goodgrowthplan.com

Per ulteriori informazioni sul Syngenta Photography Award, visitare il sito: www.syngentaphoto.com

Segui il Syngenta Photography Award  

INFORMAZIONI SULL'ESPOSIZIONE 
Date: 10 gennaio – 9 febbraio 2017
Indirizzo: Eataly Roma Ostiense - Piazzale 12 Ottobre 1492, 00154 Roma
Orari di apertura: tutti i giorni da lunedì a domenica 9 - 00


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domenica 8 gennaio 2017

Inaugurazione mostra SOTTOPELLE di Rachele Moscatelli



Teatro comunale San Teodoro di Cantù

RACHELE MOSCATELLI

SOTTOPELLE



a cura di Elisa Fusi

Inaugurazione: domenica 15 gennaio 2017 ore 19


In mostra fino al 10 febbraio 2017


Il Teatro comunale San Teodoro di Cantù è lieto di presentare SOTTOPELLE, mostra personale dell'artista Rachele Moscatelli (Cantù, 1993) a cura di Elisa Fusi. 



Dal 15 gennaio al 10 febbraio 2017 gli spazi del teatro canturino presentano la recente produzione della giovane artista: tredici opere di medie e piccole dimensioni realizzate su carta e tela, appartenenti alla serie Collezione di Madonne; una grande installazione fotografica dal titolo Nuotare è come volare; un'installazione site-specific allestita sul palco del teatro esclusivamente per la serata di inaugurazione, che metterà in scena una Crocifissione al femminile ambientata in un salotto borghese.

L'esposizione testimonia l'interesse dell'artista per la rappresentazione della figura femminile indagata da un lato come icona di bellezza pubblicitaria e dall'altro come depositaria dell'affetto ma anche deldolore materno, come avviene nell'iconografia sacra


Nella volontà di unire apparenza e sostanza, contemporaneità e tradizione, voleri e valori, Moscatelli affronta con un linguaggio semplice e diretto l'aspetto estetico, sociologico e antropologico della questione dell'identità femminile, accantonando gli ideologismi a favore di una presa diretta con la realtà e l'esperienza personale.


La mostra si apre con la serie Collezione di Madonnesei opere realizzate tra il 2015 e il 2016 con il collage, la stampa digitale e la stampa calcografica su carta. 


Come il ragno perde la sua pelle e il baco da seta il suo involucro, queste Madonne nate dalla contemporaneitàperdono le loro sembianze per diventare simboli di maternità e disofferenza. 



Sono figure perturbanti ed enigmatiche, prelevate dalle pagine patinate delle riviste di moda e dalle pubblicità e poi manipolate e distorte nella loro fisionomia attraverso diverse tecniche tra cui l'incisione e il collage per far emergere il dolore del loro vissuto. 

Soffocate, lacerate e incise in superficie, si ergono solitarie in primo piano con colli allungati, sorrisi stridenti e sguardi insani.


Una sofferenza del tutto femminile che caratterizza anche l'installazione che trova luogo sul palco del teatro:  una Crocifissione che rovescia la tradizionale iconografia mostrando come il dolore della vergine per la morte del figlio sia così forte da diventare lei stessa oggetto dellacrocifissione. 


La crocifissione è però un'allusione simbolica e metaforica: non siamo su un monte e non ci sono croci, ma pochi elementi ambientano la scena all'interno di un salotto; non ci sono personaggi dalle sembianze umane ma una serie di fantocci realizzati dall'artista con calzamaglie ricolme di ovatta o di bachi da seta ormai estinti (il protagonista), quali interpreti della fecondità materna ma allo stesso tempo dell'aborto

La loro disposizione richiama la Crocifissione di Matthias Grünewaldun'opera del Cinquecento che colpisce per la resa efficace dell'agonia dei personaggi, e di cui troviamo un dettaglio tra le pagine del libro d'artista Rachele aperto al centro del palco

Si tratta di un libro di memorie, appunti e paragoni visivi che racchiude l'intero processo di ideazione di questa mostra e l'indagine svolta negli anni sull'identità femminile. 

Ed è da queste pagine, dall'associazione visiva tra una Crocifissione dipinta da Francis Bacon e una statua raffigurante la Madonna sofferenteche nasce l'idea di una crocifissione al femminile, in cui il dolore della Madonna diventi altrettanto forte e universale

Un intreccio di riferimenti iconografici storico-artistici ma anche autobiografici, nati da una presa diretta con la realtà. 

Su un secondo piano di lettura, infatti, l'approccio alla sofferenza è intimo e personaleproveniente dalla perdita di una familiare. E quindi il body, il cassetto, le fotografie: elementi di una storia privata che circoscrivono all'ambito personale un'iconografia di portata universale.


La sofferenza trova infine pace nell'ultima opera, una composizione di grande formato che chiude concettualmente la mostra proponendo una sorta di catarsi, di resurrezione. 

Nuotare è come volare è un'installazione composta da una sequenza di 30 fotogrammi prelevati in ordine non consequenziale dal cortometraggio The land of men(1966) del regista armeno Artavazd Peleshyan

Con il procedimento della cianotipia, i fotogrammi prescelti sono stati impressi dall'artista mediante la luce solare su carta fotografica scaduta, poi fissata in camera oscura. 

La disposizione finale dei fotogrammi propone un'analogia visiva tra le immagini di nuotatori, paracadutisti e un astronauta immersi nell'acqua o nell'aria, circondati dal vuoto

E con questa condizione di leggerezza si chiude la mostra, aprendo una via verso l'ascensione e la ricongiunzione con qualcosa che era primalontano e inafferrabile.


Note biografiche

Rachele Moscatelli è nata a Cantù (CO) nel 1993. Dopo essersi diplomata all'Istituto d'Arte Fausto Melotti di Cantù, si laurea in Grafica all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove attualmente frequenta il biennio di specialistica nello stesso indirizzo di studio. 

Ha partecipato a diverse mostre collettive e collaborato con studi di visualdesign per installazioni e progetti espositivi. Questa è la sua prima mostra personale.


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Rachele Moscatelli
SOTTOPELLE
a cura di Elisa Fusi
Inaugurazione domenica 15 gennaio 2017, ore 19
In mostra fino al 10 febbraio 2017
Teatro Comunale San Teodoro, via Corbetta 7, Cantù (CO)
Ingresso libero
La mostra è visitabile negli orari di apertura del teatro, in presenza di spettacoli teatrali e durante gli aperitivi della domenica. 
www.teatrosanteodoro.it | www.rachelemoscatelli.it
Mail. mostre@teatrosanteodoro.it | Tel. 347 8086566


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sabato 7 gennaio 2017

Quando c'era "ARIA"

Quando c'era "ARIA" una rivista che non era come tutte le altre, che non faceva quello che fanno tutte le altre, che non si finanziava come tutte le altre, che non sceglieva chi pubblicare come tutte le altre, la cui redazione non era composta come tutte le altre, che non mostrava le opere come tutte le altre, che non mostrava gli artisti di tutte le altre, che non parlava come tutte le altre. Una rivista d'arte che non si presentava mai come tutte le altre, ma che era fatta sopratutto per tutti gli altri, per tutti quegli altri artisti che questo lo hanno capito e per questo ci hanno apprezzato.


Non-si-sa-poi-cosa



All’inizio fu “Rosso” poi “Non-si-sa-poi-cosa” questi i temi dei primi 2 numeri della nuova rivista “ARIA underground” che è stata presentata alla Fondazione Volume a luglio. 

Questa iniziativa editoriale nata dal gruppo ARIA “Artisti Romani Riuniti in Assemblea” riunitosi intorno a due artisti romani (Alfredo Pirri e Cesare Pietroiusti), ha deciso di portare avanti il proprio progetto anche quando del gruppo ARIA non-si-è-più-saputo-nulla. 

I componenti della redazione quasi tutti artisti (Angelo Bellobono, Arianna Bonamore, Pino Boresta, Tania Campisi, Carlo De Meo, Franco Nucci, Cristiana Pacchiarotti, Gianni Piacentini, Mario Tosto) sono presenti tra le pagine della rivista a dire ogni volta la loro con immagini, brevi testi o altri linguaggi insieme a tutti gli artisti di cui sono state selezionate le opere tra le molteplici spedite alla redazione, senza discriminazioni di sorta e nel tentativo di dare spazio ai lavori migliori. 

È questa una rivista dove a farla da padrone è l’immagine e le parole e i testi non mancano ma anzi sono ricercati e voluti, l’unica cosa che viene evitata sono le pippe mentali dei critici che spiegano quanto è bella e importante una certa opera. 

In questa rivista invece sono gli artisti (più o meno famosi) a dire la loro, a parlare di arte con scritti ed immagini inviando il loro inedito contributo in linea con il tema ogni volta scelto. 

Si vengono così a formare delle pagine magistralmente composte che sono quasi delle opere assestanti a tiratura limitata ed in alcuni casi addirittura uniche, come per le dieci copie riprodotte su lucido dove su una pagina predisposta viene chiesto di volta in volta ad altrettanti generosi artisti affermati di realizzare un intervento unico. 

È questa, infatti, l’unica fonte di sostentamento dato che la rivista viene distribuita gratis e in alcuni casi spedita a musei fondazioni e gallerie. 

Titolo e tema del prossimo numero “A reason to go out of home”, spedite il vostro lavoro (redazionearia@gmail.com) e non siate permalosi se non verrete scelti al primo tentativo perché chi la dura la vince (così almeno dicono). 

pino boresta



































Pubblicato su;  ("Juliet" n. 198  October - November  2012)



















































In foto: 
- Invito della Presentazione di ARIA alla Fondazione Volume.
- Presentazione del primo numero di ARIA al MACRO. 
- Pino Boresta durante la presentazioni di un nuovo numero di ARIA.
- Fotocomposizione dei componenti della redazione di ARIA in ordine da sinistra a destra: I fondatori, Tania Campisi, Arianna Bonamore, Pino Boresta, Gianni Piacentini (non fondatore), Cristiana Pacchiarotti, Carlo De Meo, Giorgio de Finis (non fondatore). Mancano Mario Tosto socio fondatore ritiratosi, e mancano Angelo Bellobono, Franco Nucci e Roberto Piloni che in qualche modo hanno collaborato per un breve periodo.
- Alcune foto della redazione finale durante un incontro al MAAM.

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