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mercoledì 2 settembre 2015

Design e arte al Vittoriale: in mostra dal 13 settembre l’omaggio scultoreo al panismo e all’orientalismo dannunziani

Nell'ambito dell'evento semestrale d'Annunzio e i Giardini di Pan, il 13 settembre s'inaugura la mostra Il Tuono di Pan tra Arte e Natura.
Artisti e designer internazionali (vedi oltre) reinterpretano i grandi corni interattivi di Italo Rota ispirati dall'orientalismo dannunziano.
Un omaggio al Vate in un museo a cielo aperto – la rinata valletta dell'Acqua Savia - attraversato dal 'suono del cemento'.

Fabrizio Musa

Shuhei Matsuyama

Dario Ballantini


Sonja Quarone

Vincenzo del Monaco

Carla Tolomeo
Al Vittoriale, Oriente e panismo dannunziani celebrati da nuove installazioni d'autore site-specific interattive in un percorso sensoriale inedito.

È Il Tuono di Pan tra Arte e Natura, la mostra scultorea nell'ambito dell'evento semestrale d'Annunzio e i Giardini di Pan:
Dario Ballantini, Vincenzo Del Monaco, Setsu & Shinobu Ito, Shuhei Matsuyama, Fabrizio Musa, Sonja Quarone e Carla Tolomeo, sollecitati dall'orientalismo dannunziano, reinterpretano i grandi corni acustici di Italo Rota e rendono omaggio al Vate in un museo a cielo aperto attraversato dal 'suono del cemento'

Italo Rota

I grandi corni - realizzati da Italcementi con i.design EFFIX, un prodotto per il design ad alto contenuto estetico, e arricchiti dalle potenzialità decorative delle resine Gobbetto - incastonati nella meravigliosa cornice della nuova valletta dell'Acqua Savia daranno vita dal 13 settembre a un vero e proprio percorso sensoriale, visivo e sonoro: le installazioni diffonderanno brani dannunziani, creando una sinestesia tra opere, voce narrante e percezione delle nuove visuali del parco.

La seconda edizione di D'ANNUNZIO E I GIARDINI DI PAN, l'evento diffuso che caratterizza gli spazi interni più intimi e segreti della meravigliosa residenza del Vate e il suo straordinario parco, propone così un dialogo serrato tra interni ed esterni del Vittoriale, ritmato da richiami simbolici, mistici e storici in un continuo gioco di rimandi tra oggetti e luoghi, suoni e natura, poesia e vita.

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IL TUONO DI PAN TRA ARTE E NATURA
13 settembre 2015 – 31 agosto 2016

Nell'ambito di:
D'ANNUNZIO E I GIARDINI DI PAN:
INEZIE SQUISITISSIME. Nutrire la mente e il corpo tra Oriente e Occidente
Gardone Riviera (BS), Il Vittoriale degli Italiani (via Vittoriale 12)

Orari: tutti i giorni, dalle 8.30 alle ore 19.00. Chiusura ore 20.00

Informazioni: Tel. +39.0365.296511; vittoriale@vittoriale.it
                               Tel. +39.02.45485169; info@enspace.eu
#iGiardinidiPan
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d'Annunzio e i Giardini di Pan
Promosso da:
EN SPACE network e Fondazione Il Vittoriale degli Italiani
Presidente Fondazione Il Vittoriale degli Italiani:
Giordano Bruno Guerri
Direttore Generale EN SPACE network:
Sabina Antonini
Curatore mostre:
Alessandra Coppa

6/9 Orto botanico di Pavia: inaugurazione mostra "Seduzione repulsione. Quello che le piante non dicono"


I fiori, le piante e il mondo animale. In mostra negli Orti botanici della Lombardia i sottili giochi di prestigio della natura 
La Rete degli Orti botanici della Lombardia organizza una mostra itinerante, dal titolo "Seduzione Repulsione. Quello che le piante non dicono". Dal 6 al 18 settembre sarà in scena presso il chiostro dell'Orto botanico di Pavia, per proseguire negli altri sei Orti botanici lombardi fino al 2016. La seconda tappa sarà presso l'Orto botanico Lorenzo Rota di Bergamo a partire dal 4 ottobre, in occasione della manifestazione "Bergamo Scienza".

-L'esposizione, ad ingresso gratuito, è dedicata ai complessi meccanismi di seduzione e repulsione a fini riproduttivi e di sopravvivenza, messi in atto dal mondo vegetale. Un viaggio per conoscere i giochi di profumi e forme, l'uso di nettare e veleni per affascinare gli impollinatori e respingere gli aggressori.


2 settembre 2015 -
La Rete degli Orti botanici della Lombardia inaugura il 6 settembre presso il chiostro dell'Orto botanico dell'Università degli Studi di Pavia, la prima tappa del tour di "Seduzione Repulsione. Quello che le piante non dicono", la mostra itinerante che proseguirà per tutto il 2016 nei sei Orti botanici lombardi. Saranno organizzate visite guidate e un incontro con i curatori in occasione del congresso della Società Botanica Italiana, che si svolgerà a Pavia dal 14 al 18 settembre. 
 
La seconda tappa sarà l'Orto botanico di Bergamo, dove l'esposizione sarà presente a partire dal 4 ottobre durante "Bergamo Scienza" e vi resterà fino al 10 gennaio. Successivamente sarà la volta dell'Orto di Toscolano Maderno (Bs), del Giardino botanico di Villa Carlotta a Tremezzina (Co), dei due Orti botanici dell'Università degli Studi di Milano Brera e Città Studi e del Giardino botanico Alpino "Rezia" di Bormio (So).

Un'occasione per conoscere i segreti e le sottili tecniche di attrazione e di inganno delle piante attraverso una visione fitocentrica, ossia al di fuori della relazione con l'uomo. La mostra consiste in
dieci sezioni espositive e una parte dedicata all'interazione con il pubblico, coinvolto nel dire la sua su questo spettacolo della botanica.

Come fanno le piante a sedurre gli impollinatori e respingere gli aggressori? Ognuna ha un suo modo, ognuna una sua caratteristica peculiare con cui si approccia al mondo esterno. Spine, peli, profumi, rotondità, forme curiose, ingannevoli e colori, che per l'uomo sono pura realizzazione estetica, hanno uno specifico motivo di esistere. Ci sono poi vere e proprie collaborazioni tra piante e animali, frutto dell'evoluzione di strategie riproduttive e di sopravvivenza.
L'esposizione inviterà a scoprire quelle più curiose messe in atto dalla pianta, per permettere l'ottimizzazione delle proprie risorse.Tra i grandi prestigiatori della natura c'è l'orchidea, nelle sue diverse varietà dalle forme sinuose e colorate, di cui ogni strana geometria ha un senso pratico. Molte specie di orchidee del genere Ophrys seducono e ingannano: sono prive di nettare ma la forma del labello, una sorta di petalo modificato, imita nel disegno e nella pelosità l'addome della femmina delle specie impollinatrici e addirittura emettono un feromone che inganna l'insetto. 
 
Un'altra orchidea, Dracula chesteronii, simula la forma e il profumo di un fungo per attirare insetti che hanno questa golosità. Esistono anche fiori più generosi, come la Strelitzia che offre ghiotto nettare ad alcuni volatili e per evitare di avere i petali rovinati dalle loro ali, offre una vera e propria sporgenza di supporto dove questi possono appoggiarsi e cibarsi comodamente.

"Seduzione Repulsione. Quello che le piante non dicono" svela ai suoi visitatori queste dinamiche segrete e invita all'ascolto dei messaggi silenziosi del mondo naturale. Alcune
citazioni letterarie e poetiche coinvolgono lo spettatore fornendo uno spunto ulteriore di riflessione sui temi trattati.
La
Rete degli Orti botanici della Lombardia racconterà, con questa esposizione al pubblico, anche la sua visione di seduzione e repulsione nei confronti del mondo delle piante: cosa affascina e cosa mette in allerta gli studiosi? La ciclicità e il rigenerarsi del mondo vegetale è il più grande fascino, mentre il rischio da cui difendersi è la perdita della biodiversità causata anche dalla presenza nel territorio di piante invasive non autoctone. L'esposizione affronterà questo aspetto, invogliando il pubblico a orientarsi verso un giardinaggio sostenibile e nella acquisizione di conoscenze in merito grazie alla visita degli Orti botanici delle loro città.
Silvia Assini, presidente della Rete degli Orti botanici della Lombardia afferma: "Sono fermamente convinta che dalla conoscenza e dalla conservazione delle piante, e delle relazioni che esse instaurano con l'ambiente e con gli altri organismi viventi, deriveranno opportunità irrinunciabili per garantire un futuro al nostro pianeta".
Gelsomina Fico, curatrice scientifica, vede la mostra come "un invito ad osservare il mondo vegetale dal punto di vista delle piante: una pianta è immobile, non scappa di fronte ad un predatore ma lo dissuade dall'avvicinarsi; non insegue un fascinoso impollinatore ma lo seduce con una fine strategia".

Per tutte le informazioni specifiche e per il calendario del tour fare riferimento al sito www.reteortibotanicilombardia.it o scrivere a segreteria@reteortibotanicilombardia.it

La Rete degli Orti botanici della Lombardia nasce nel 2002 e si costituisce associazione nel 2009. Ha come scopo la tutela, la conoscenza, la promozione e la valorizzazione del patrimonio degli Orti botanici, della natura e dell'ambiente, con particolare attenzione alla conservazione delle piante. Cardini dell'associazione sono la promozione della cultura e della ricerca scientifica e il perseguimento di iniziative condivise per favorire la collaborazione con enti pubblici e privati in Italia e all'estero. La Rete degli Orti botanici della Lombardia comprende sette realtà tra giardini e Orti botanici regionali. Ne fanno parte l'Orto botanico di Brera - Università degli Studi di Milano, l'Orto botanico dell'Università di Pavia, l'Orto botanico di Bergamo Lorenzo Rota con la nuova sezione di Astino "La Valle della biodiversità", l'Orto botanico di Città Studi dell'Università degli Studi di Milano, il Giardino botanico alpino "Rezia" di Bormio (So), il Parco botanico di Villa Carlotta di Tremezzina (Co) e il Giardino botanico sperimentale G.E. Ghirardi di Toscolano Maderno (Bs).

martedì 1 settembre 2015

35 anni mica briciole...



J U L I E T  35   YEARS

parla Roberto Vidali

direttore di JULIET art magazine





Da quali esigenze nasce “Juliet art magazine”?
L’atto di fondazione del marchio “Juliet” risale al lontano 1980 e il primo fascicolo della rivista vede la luce nel dicembre di quell’anno. Via via a questo piccolo corpo informe e quasi privo di sostanza di rivista in bianco e nero si è aggiunta la carne e il muscolo. Si sono aumentate le pagine, si è aggiunto il colore, sono stati realizzati innumerevoli fascicoli ed extra issues, è stata messa a regime l’uscita di cataloghi di mostre d’arte, l’edizione di un calendario con quadri di artisti e la pubblicazione di un supplemento dedicato alla fotografia. Non pago di questa frenetica attività, lo staff di Juliet, negli anni ha impiantato una attività espositiva di tutto rispetto, realizzando mostre di Piero Gilardi, Maurizio Cattelan, Claudio Massini, Aldo Mondino, Massimo Giacon, ecc. L’esigenza di tutto ciò? Visto che nessuno ci pagava per farlo possiamo concludere che solo la passione per le immagini ci spinse a muoverci in questa broda bollente…



Come giudica i trentacinque anni di Juliet che si stanno per concludere?
Sono stati anni faticosi, ma anche di grande soddisfazione. Vede, procedere nella realizzazione di una molteplicità di prodotti editoriali (riviste, cataloghi, extra issues) significa convivere all’interno di una famiglia allargata: non si è mai soli e non si resta mai inattivi.


La sua attività di critico è cresciuta di pari passo con il giornale; lei si riconosce nel lavoro svolto?
Mi riconosco nel lavoro di artisti che rispetto e che seguo già da molti anni, autori di cui ho organizzato molteplici mostre e che ho ripetutamente pubblicato sulle pagine della rivista Juliet.


Lei si riconosce nella definizione di scopritore di giovani talenti?
Negli anni Settanta, quando ero giovane e operavo come direttore della sezione arti visive del Centro La Cappella, organizzando mostre di Giuseppe Desiato, Riccardo Dalisi, Stefano Di Stasio, Zivko Marušic, e così via, probabilmente avevo anche l’ambizione di essere uno scopritore, ma probabilmente c’era anche il vezzo di sentirmi parte di un flusso generazionale. Oggi, col ruolo editoriale che rivesto, non credo che questo sia il mio compito.


Quali sono gli artisti italiani che oggi maggiormente le interessano e perché?
Io non so, in campo artistico, quale sia lo spartiacque che divide la gioventù dalla maturità: Cattelan lo si può reputare un giovane artista? Un po’ sì e un po’ no, forse. Comunque, il lavoro di Maurizio Cattelan, il suo nascondersi e il suo usare la stupidità degli altri per autoaffermarsi, mi incuriosisce, mi diverte, e mi mette addosso allegria; il lavoro di Claudio Massini, iperdecorativo in assoluto, mi affascina e se potessi riempirei la mia casa con le sue opere; i quadri di Antonio Sofianopulo, lirici e fantasiosi, mi commuovono e mi incuriosiscono sempre. Ma non sono una persona dalle vedute ristrette, di artisti se ne potrebbero nominare molti altri.


Quali porte ha trovato chiuse nella sua attività promozionale a favore delle nuove espressioni artistiche?
Le porte che di solito stanno chiuse sono quelle dell’ottusità, della poca propensione al dialogo e all’ascolto, dell’incapacità di mettersi in discussione; tutte qualità che a Trieste (ma non solo) non mancano di certo.


C’è un sogno nel cassetto che lei vorrebbe realizzare?
I miei sogni li realizzo giorno per giorno, costruendo fantasie editoriali e organizzando mostre d’arte: a dicembre tocchiamo il traguardo del fascicolo numero 175 e le mostre da me organizzate viaggiano attorno a quota trecento. Mica posso pretendere di sognarmi Claudia Schiffer che mi prepara il cappuccino?


Il suo tempo libero come lo trascorre?
Debbo farle una confessione: io sono un prigioniero del tempo! Comunque, comprendo la sua domanda e mi adeguo: nei piccoli spazi che talvolta mi rimangono leggiucchio qualche pagina di Kundera o del Circolo Pickwick di Dickens. In rare occasioni gioco a dama con l’artista Claudio Massini: non per imitare la filosofia comportamentale di Duchamp (che giocava a scacchi), ma solo per desiderio di sana competizione.


Ma perché proprio Kundera e Dickens?
Le dirò, Kundera è un occhio vigile e dilatato sul presente dato che ogni sua descrizione, osservazione o sentimento sono profondi e motivati. Riguardo a Dickens, poi, questa mi pare la strada migliore per avvicinarsi al lavoro spropositato e particolarissimo di autori come John Currin e Sean Landers. E poi, scusi, non penserà mica che in un momento di pausa si possa leggere un testo di Francesco Bonami?



Lei ha compiuto i suoi studi di formazione presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli; quelli sono stati anni divertenti?
Gli anni della gioventù, visti con il senno del poi, sono sempre entusiasmanti, travolgenti e meravigliosi. Debbo però sottolineare che per me, gli anni passati a Napoli, tra il ‘74 e il ‘78, sono stati qualcosa di più. In quegli anni a Napoli succedevano cose incredibili: si incontravano gli artisti più importanti di quel momento storico (da Nitsch a Kounellis, da Fabro a Oppenheim, da Warhol a Beuys) e si poteva assistere a conferenze mirabolanti, ponendosi in confronto diretto con autori della statura di Filiberto Menna, Giulio C. Argan, Achille Bonito Oliva, Enrico Crispolti.


Quale è il libro che le ha cambiato la vita?
Molti sono i libri che cambiano la vita, non posso che fare un piccolo elenco. La Bibbia, la Divina commedia, la maggior parte dei testi di Shakespeare, i racconti e i saggi di Borges, alcuni passi di Oscar Wilde, il pessimismo di Cioran, le metafore taoiste, “Gödel, Escher, Bach” di Hofstadter, “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Mark Haddon, e si potrebbe continuare, dato che la vita continua a cambiare, poco per volta, giorno dopo giorno. Comunque, il libro d’arte della mia formazione giovanile è stato: “Arte povera” di Germano Celant.


Com’è stato l’avvio del progetto editoriale “Juliet”?
Una grande palestra operativa è stata, tra il 1975 e il 1985, la Cappella Underground: centoventi metri quadri di spazio espositivo: un rettangolo bianco e nitido. È lì che ho imparato a lavorare con gli artisti senza avere un adeguato budget finanziario a disposizione. L’illusione era che tutto potesse cambiare, che tutto potesse essere travolto, mentre a conti fatti si vede che nel deserto è davvero difficile piantare i ciclamini. Sul finire degli anni Settanta, dopo aver avviato delle sporadiche collaborazioni con la rivista Questarte, assieme a uno sparuto gruppo di amici (gli artisti Oreste Zevola e Antonio Sofianopulo, il promotore Rolan Marino, l’architetto Davio Fabris e la collezionista Giuliana Ferrara) mi sono inventato, nel 1980, questa bella avventura della rivista. La presunzione di inventarsi un prodotto editoriale, senza l’appoggio delle solite consorterie, fu di certo enorme, eppure il risultato è sotto gli occhi di tutti: cinque numeri all’anno di 112 pagine cadauno, un extra issue a tema libero, numerosi supplementi, allegati e cataloghi d’arte.


Il mercato dell’arte come ha recepito questa “invenzione” editoriale?
Pur tra mille ammiccamenti e affermazioni sarcastiche, il sistema dell’arte alla fine è stato costretto a recepire la proposta: è nella durata che si vede il fiato del maratoneta... mi pare...


In Italia, quanto è valorizzata e sostenuta l’arte contemporanea?

Sappiamo che le leggi italiane sono penalizzanti, sia a livello di IVA e sia a livello di defiscalizzazione. Credo non sia necessario tornarci sopra. Si tratta di cose risapute. D’altronde il nostro patrimonio storico è immenso e non riusciamo a custodire nemmeno quello. Molti nostri musei sono porti delle nebbie, luoghi morti dove non viene la voglia di entrare. Peraltro una insana legge ha deciso che i bookshop dei musei debbono essere dati in gestione a ditte esterne, ma nessuna ditta può pensare di sopravvivere quanto un museo conta diecimila visitatori all’anno, ecco perché molti nostri musei sono così tristi e sguarniti di qualsiasi offerta, sia questa un libro, una maglietta o una cartolina ricordo. Figuriamoci se in Italia è pensabile di dare una personalità giuridica a un museo o se un museo possa progettare di vendere una sua opera minore per poter finanziare una qualche ristrutturazione. Questo non è uno sproposito: altre legislazioni e altri paesi lo permettono. Ecco, l’Italia è un cantiere infinito e irrisolto, figuriamoci se di fronte a questi problemi colossali l’arte contemporanea possa avere un ruolo da leone. In Italia, fortunatamente abbiamo alcune grandi istituzioni, come la Biennale di Venezia che rimane un faro di luce girato verso il mondo. Ma a parte questo, la mancanza di una reale collaborazione a livello di rete museale davvero spaventa.


Oggi, come giudica il risultato raggiunto?
Beh, a posteriori è fin troppo facile emendarsi degli errori che si sono commessi o autoflagellarsi per gli artisti a cui si è dato spazio in eccesso. Preferisco, invece, ricordare i progetti più belli che sono riuscito a realizzare e cioè gli extra issues che in maniera forte hanno caratterizzato il lavoro editoriale di Juliet, dal 1985 in poi. Ecco una rosa ristretta di titoli: “Amazonas” (1990), “Bestio!” (1993), “Libellule” (1995), “Giungla” (1999), “No, non è lei” (2003), “Mamma, vogghiu fa’ l’artista” (2007).


Le pagine di “Juliet” danno spazio anche alla moda e al lavoro di ricerca di alcuni stilisti come forma di comunicazione d’arte?
Quando abbiamo potuto l’abbiamo fatto, anche perché d’altra parte, nel corso di questi trentacinque anni di attività editoriale, ci siamo occupati di tutto ciò che attiene alla sfera dell’immagine: dal fumetto al design, dall’architettura alla fotografia, dalla computer art al video, dal cinema a internet, dalla filosofia all’epistemologia della scienza, dalla pittura alla scultura, e così via.


Come immagina che sarà il made in Juliet fra altri trent’anni?
Mi auguro in piena espansione.


Perché crede che un cittadino di media cultura dovrebbe leggere la rivista Juliet?
I contenuti di Juliet art magazine sono molto vari: le pagine della rivista ospitano saggi, interviste e articoli su arte, design, fotografia, architettura, new media. Qualsiasi persona che desidera essere informata sulle tendenze figurative contemporanee non dovrebbe mancare di custodirla negli scaffali della propria biblioteca.


Infine un’ultima domanda proprio su... Juliet: perché è stato scelto un nome così atipico per intitolare una testata dedicata all’arte figurativa?
Il logo della testata fu scelto da Oreste Zevola, un bravissimo artista napoletano, prematuramente scomparso, e che in quegli anni risiedeva proprio a Trieste. Egli scelse un logo che ambiguamente potesse collocare la rivista tra la moda e le arti visive e che ci distinguesse a livello immediato da altre pubblicazioni più datate come ArtforumKunstforum o Flash Art  che sempre anteponevano alla fantasia interpretativa l’austerità del lemma ‘arte’. Debbo dire che negli anni questa intuizione ha retto bene e ci ha accattivato le simpatie di un pubblico molto vario.



In foto:
Roberto Vidali e Antonio Sofianopulo



Artisti contemporanei in dialogo con Aligi Sassu

Besana Brianza, 1.09.2015 - Dal 12 settembre al 25 ottobre 2015, in concomitanza con la chiusura di Expo 2015, l'Associazione Amici dell'Arte di Aligi Sassu presenta una mostra che vedrà protagoniste opere di sei pittori e cinque scultori contemporanei, chiamati a dialogare con l'opera di Sassu, anch'essa esposta. Con il patrocinio del Consiglio della Regione Lombardia, Provincia di Monza Brianza, la città di Besana in Brianza e l'Archivio Aligi Sassu; progettata da Carlos Julio Sassu Suarez, curata da Giammarco Puntelli, tale iniziativa si prefigge di riproporre e rinnovare l'opera di Aligi Sassu attraverso il confronto e dialogo con una selezione di artisti contemporanei che hanno sviluppato la propria ricerca pittorica su simili tematiche e visioni artistiche.

L'inaugurazione della mostra si terrà sabato 12 settembre alle ore 17.00 presso Villa Filippini a Besana in Brianza (MB) dove rimarrà in scena fino al 25 ottobre con ingresso libero e i seguenti giorni e orari di apertura: sabato e domenica dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 15.00 alle ore 18.00, nei giorni feriali su appuntamento.

Pittori protagonisti: 

Mauro Capitani, una cui opera è copertina del Catalogo di Arte Moderna e Contemporanea "Gli artisti dai primi del Novecento a oggi" di Editoriale Giorgio Mondadori per l'edizione 2014. Il maestro Capitani, già docente di Storia dell'Arte alle scuole superiori, porterà la sua recente realizzazione dedicata al tema del bestiario come pratica e disciplina pittorica dialogando su simile sintassi artistica con il maestro Sassu.

Domenico Monteforte, pittore toscano. Attualmente negli Stati Uniti con una nuova mostra e in copertina della rivista Arte In, dialogherà con il Sassu paesaggista portando una serie di interpretazioni del paesaggio toscano con inserti multidisciplinari legati alla letteratura (in alcune opere vi sono citazioni poetiche) e alla musica (alcune opere sono su carta da musica). 

Armando Xhomo, cittadino italiano e albanese, ha esposto, fra le varie, nelle location di palazzo Medici a Firenze e nel Battistero del Duomo di Spoleto. In lui quel simbolismo fra storia e psicologia legato alla figurazione, in piena corrispondenza pittorica con buona parte della ricerca artistica del maestro Sassu.

Pietra Barrasso recentemente ha esposto all'Accademia Egizia davanti alla Galleria d'Arte Moderna di Roma. A lei è affidata, anche in situazioni informali, la pratica del colore, che ha caratterizzato il lavoro del maestro in tutta la sua produzione.

Silvia Caimi. Silvia Caimi nel 2015 rappresenta l'arte italiana negli Stati Uniti e in varie manifestazioni legate a Expo 2015. In lei il disegno come arte che rivela figurazione, fra movimento e leggerezza. A lei il dialogo con Sassu proprio in uno dei luoghi pittorici essenziali del maestro: il disegno.

Maria Conserva. Nel giugno 2015 (in contemporanea con Expo 2015) sarà protagonista di una personale nel museo della Scienza e dell'Arte di Milano. Conserva dialogherà con Sassu sull'uso del colore in chiave narrativa nelle opere d'arte, il colore che diventa possibilità di apertura di nuovi orizzonti e non definizione di chiusura.

Scultori partecipanti

Luciano Preti, docente di Tecnica della Scultura all'Accademia di Belle Arti di Firenze, già rappresentante dell'Italia con il suo lavoro presso le istituzioni d'Europa. Dialoga con le figurazioni di Sassu fra storie e leggende.

Giuliano Ottaviani, ambasciatore artistico dell'Italia in Brasile e in Cina dove è presente in vari musei. Dialoga con Sassu sul celebre tema del cavallo.

Amerigo Dorel, autore del monumento pubblico al Carabiniere e di numerose altre opere pubbliche in piazze italiane e straniere. Come Ottaviani, dialoga con Sassu sul tema del cavallo.

Alba Gonzales. La sua arte nell'estate 2014 è stata protagonista di una delle mostre più importanti in Italia, i suoi giganti e metamorfosi erano disseminati lungo il Tevere nei pressi di Castel Sant'Angelo; in lei il dialogo con Sassu sul tema del cavallo e di uno studio sugli aspetti primitivi dell'essere umano.

Michele Zappino, già docente di Scultura presso l'Accademia di Belle Arti di Brera e autore di vari monumenti in piazze pubbliche. Allievo di Francesco Messina all'Accademia di Belle Arti di Brera.

lunedì 31 agosto 2015

Mostra di Roberto Sala a Pineto (TE) “Oltre il confine chissà”

Dal 6 al 12 settembre 2015 gli spazi dell'ottocentesca Villa Filiani di Pineto (TE), accoglieranno "oltre il confine chissà", personale del fotografo e grafico ROBERTO SALA, il cui paradigmatico titolo, scelto per l'esposizione, nella diretta citazione di un verso della canzone La casa di Hilde di Francesco De Gregori, condensa il contenuto poetico dei suoi scatti, definendone al contempo l'ambito tematico di ricerca.

Le sue fotografie, espressione della sua presenza in luoghi e città simbolo del mondo dell'arte contemporanea e anche testimonianze del suo vivere, legate alla sua particolare professione, invitano, infatti, lo spettatore a interrogarsi sulla questione della labilità dei confini e del loro superamento.

Le immagini proposte sono luoghi tanto reali quanti ideali, dove l'obiettivo di Sala, nel mettere in evidenza le geometrie che caratterizzano i paesaggi urbani, edifici e monumenti che li identificano, e che sono anche la sua cifra compositiva, sfuma verso il concetto di attraversamento. Un confine, dunque, può diventare permeabile, ampliarsi, addirittura annullarsi.

Valicando le soglie della visione, Sala da un'immagine ne ricava di diverse e di nuove, ponendo in tal senso la coscienza individuale su ciò che sta al di là di un'ipotetica linea, e che pertanto presuppone il riconoscimento dell'identità dell'altro. Il luogo stesso che accoglie la mostra, Villa Filiani, si fa emblema di un'entità espansa, che vede nell'oltreconfine un'intenzione, una spinta verso il futuro. "oltre il confine chissà" è curata da M. Letizia Paiato, ed è promossa dal Comune di Pineto in collaborazione con l'associazione Yoruba diffusione arte contemporanea di Ferrara.

 
ROBERTO SALA (Lanciano 1965), dal 1990 è fotografo, grafico editoriale e art director della rivista Segno. Dal 2013 insegna Tecniche espressive integrate (grafica) per il biennio di Terapeutica Artistica presso l'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Le sue opere fotografiche sono esposte per la prima volta nel 2009 con Lightscape Pescara, una serie d'immagini della città adriatica a corredo dell'omonimo volume di Andrea Mammarella pubblicato fra il 2007 e il 2008. Nel 2011 la personale A sort of Homecoming / Come un ritorno a casa è esposta alla Galleria Marconi di Cupra Marittima (AP), a Il ritrovo di Rob Shazar di Sant'Agata de' Goti (Bn), da Piomonti a Roma, a Per Mari e Monti a Civitanova Marche (Mc), alla Galleria Verrengia di Salerno, e presso Usomagazzino di Pescara. Infine, una selezione di suoi scatti sono esposti alla collettiva Vedute, vedere e sentire organizzata da Marche Centro D'Arte a San Benedetto del Tronto (AP) nel 2014 e nello stesso anno è presente a Setup Contemporary Art Fair, fiera d'arte indipendente di Bologna. www.robertosala.com

Ufficio Turismo tel +39 085 9491745
Sede: Villa Filiani, Via Gabriele D'Annunzio 175, 64025 Pineto (TE)
Orari: tutti i giorni dalle ore 20.00.
Dal 6 al 12 settembre 2015.
INAUGURAZIONE Domenica 6 settembre ore 19.00.

Tutti i Giovedì dal 3 Settembre al 1 Ottobre visite speciali alla GAM di Milano | Don't Shoot the Painter. Da Bellini a Basquiat: Incontri Interculturali

L'arte come elemento di scambio interculturale

Don't Shoot the Painter.
Da Bellini a Basquiat: Incontri Interculturali 
nell'ambito della mostra che raccoglie oltre 100 dipinti dalla
UBS Art Collection

A partire dal 3 Settembre e fino al 1 Ottobre, tutti i Giovedì dalle 19 alle 21, alla GAM un'occasione imperdibile per vedere la mostra Don't Shoot the Painter. Dipinti della UBS Art Collection attraverso il racconto di dieci ospiti molto speciali che rivestiranno il ruolo di guide. Saranno infatti Carmen, Daniela, Darius, Elvis, Fatima, Geanina, Lilly, Miriam, Sara, Zhaid - provenienti da Paesi diversi e da differenti esperienze di migrazione - a far conoscere al pubblico una selezione di opere fra quelle dei 91 artisti internazionali presenti in mostra, offrendo una rilettura personale e strettamente collegata alle rispettive culture, esperienze e provenienze.

Don't shoot the Painter. Da Bellini a Basquiat: Incontri Interculturali si colloca all'interno dell'ampio programma di Community Affairs che UBS promuove in tutto il mondo. Attraverso collaborazioni con enti e istituzioni a sfondo sociale, UBS instaura veri e propri programmi di partnership per la realizzazione di progetti concreti di istruzione e imprenditorialità, con finalità di inclusione sociale.

Il progetto, sostenuto e voluto da UBS e patrocinato dall'Assessorato alle Politiche Sociali e Cultura della Salute del Comune di Milano, è stato ideato con la collaborazione di Connecting Cultures e Associazione Comunità Nuova Onlus e consiste nell'incontro tra le opere d'arte e persone di provenienza multietnica che avranno la possibilità di offrire al pubblico nuove chiavi di lettura raccontando storie, emozioni e ricordi legati al loro vissuto e connessi alle opere presenti. Non a caso, il titolo "Da Bellini a Basquiat: Incontri Interculturali" richiama idealmente sia le opere che verranno raccontate nell'ambito delle visite, sia la sede dello Sportello Sociale di Comunità Nuova situato in via Gentile Bellini, nel quartiere Giambellino.

domenica 30 agosto 2015

Gustare l’Arte, visioni e sapori della via Francigena a Berceto in provincia di Parma

Una delle opere esposte - Rino Sgavetta per il Comune di Fidenza

È stata inaugurata nei giorni scorsi al Museo Pier Maria Rossi di Berceto in provincia di Parma la mostra “Gustare l’Arte, visioni e sapori lungo la Via Francigena”. Un viaggio alla scoperta degli artisti contemporanei e della cucina del loro territorio suddiviso in quarantaquattro tappe francigene dalla Valle d’Aosta a Roma. L’iniziativa patrocinata dall’Associazione Europea delle Vie Francigene e da ventisei Comuni lungo il percorso, vede la partecipazione di oltre quarantacinque Comuni in questo primo step e quarantasette artisti in esposizione.
L’Associazione Culturale “Sentieri dell’Arte” e il Museo Pier Maria Rossi di Berceto rappresentati da Giuseppe Bigliardi hanno illustrato l’iniziativa che è volta alla valorizzazione dell’antico cammino della via Francigena e propone uno scambio di saperi e sapori tra il cibo e l’arte contemporanea. L’intero progetto avrà una durata triennale e prenderà in considerazione tutto il tracciato dell’antico percorso da Canterbury a Roma.




Per l’anno in corso i temi sono legati ad Expo, in particolare alla necessità di nutrire il pianeta, non solo di cibo, ma anche di arte, cultura e sapere.Agli artisti selezionati nel tratto italiano del Nord, dalla Valle d’Aosta a Roma, è stato chiesto il loro contributo creativo per una visione molto fresca e contemporanea del significato che oggi ha il cammino, tra storia, fede e tradizioni.Le loro opere, lungo un percorso di oltre settecento chilometri, ci portano alla scoperta dei sapori del luogo d’origine e della ricetta tipica che meglio rappresenta la tappa di appartenenza.Un’iniziativa studiata per nutrire l’anima e solleticare il palato valorizzando il passato e il presente di uno storico percorso che conserva ancora oggi tradizioni millenarie e spesso sconosciute a molti. In quanto strada Romea, la via Francigena è infatti parte di un cammino più che millenario comune all’Europa intera, che attraversando Paesi e Nazioni ha favorito intrecci e scambi culturali.Fino al 13 settembre arte e cibo si incontrano quindi a Berceto e danno inizio ad una mostra itinerante arricchita da diversi eventi collaterali, come conferenze, proiezioni e degustazioni. Nella sala superiore del museo ora si può visitare la mostra collaterale “Pellegrini a passo di… patchwork” in collaborazione con l’associazione Parma Patchwork Club.
La collaterale è il risultato di un lavoro d’indagine filologica e d’interpretazione di affreschi, sculture, architetture, paesaggi, relativi all’area parmense della via Francigena, tradotti dalle quilter su tessuto in suggestioni di forme, luci e colori utilizzando le tecniche del patchwork.


Da sx Giuseppe Bigliardi, Marzio Dall'Acqua, Lucia Baracchini e Luigi Lucchi


All’inaugurazione sono intervenuti il Sindaco di Berceto Luigi Lucchi, Lucia Baracchini nella doppia veste di Sindaco di Pontremoli e delegata AEVF – Associazione Europea Vie Francigene - e Marzio Dall’Acqua, storico d’arte, che ha sapientemente introdotto la mostra indicandone natura e finalità, ed ha ricordato come “il pellegrino, anche moderno, che si muove per altre pulsioni da quella medievale, porta con sé i sapori del proprio luogo e, per quanta strada faccia, non si libera mai del tutto da quello che ha lasciato alle spalle: “omnia mea mecum porto”, ogni mio bene porto con me, dicevano gli antichi”.
Uno scambio di saperi e sapori quindi che sarà ampiamente documentato attraverso una pubblicazione, al momento in preparazione, destinata a diventare una guida a colori di oltre trecento pagine che illustrerà Comune dopo Comune, tappa dopo tappa, le caratteristiche peculiari dei territori toccati attraverso la storia, l’arte, la cultura e l’enogastronomia.
La mostra è visitabile fino al 13 settembre, nel mese di agosto dal martedì alla domenica dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 16.00 alle 20.00, al lunedì solo al pomeriggio, mentre nel mese di settembre da venerdì a domenica sempre negli stessi orari. 


di Francesca Caggiati

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