Mostra Collettiva Internazionale
dedicata al Selfie e alla ricerca
dell’identità
Quale
identità ?
Mai prima d’oggi l’uomo
si era trovato di fronte a una situazione di “s-naturazione totale” come ai
nostri giorni. La civiltà tecnologica ha sconvolto il normale rapporto
uomo-natura, frantumato il consueto concetto di spazio/tempo e consolidato il
senso della perdita. La rapidità e l’accelerazione della nostra esistenza ha
condizionato negativamente tutta la civiltà moderna. L’isolamento del nostro
tempo da quello della natura, il movimento continuo e nomade dei nostri
spostamenti è diventato un elemento essenzialmente “artificiale” non più legato
ai normali ritmi. La dimensione spazio-tempo della terra e dell’universo si è
contratta a tal punto da cedere il passo alla velocità della trasmissione
televisiva in tempo reale in una dimensione essenzialmente “immateriale” e
inoggettiva. Una società capitalistica che
ha perso i consueti punti di riferimento e ha creato la costrizione e il grande
vuoto dell‘uomo contemporaneo; ormai nulla è misurabile, non esistono più
neanche modelli stabili. Viviamo in una situazione molto precaria dove gli
spostamenti, le comunicazioni in tempo reale, la televisione, l’uso distorto
dei social come Facebook, Instagram, il
paranoico e maniacale selfie fotografico, assieme ad altri fattori contingenti
hanno modificato e cancellato l’identità di ognuno di noi. Spesso cambiamo
l’identità di ciò che siano a seconda, del contesto in cui ci troviamo
utilizzando gli stessi gesti e lo stesso linguaggio, forse per paura di essere
emarginati; abbiamo paura di apparire “diversi” dagli altri e quindi guardiamo
l’altro” nel tentativo di essere la stessa persona. In questo confronto vi è
l’urgenza di ridisegnare i contorni dell’io, l’io e l’altro sono continuamente
coinvolti e condizionati in un processo
trascorrente e indeterminato di definizione e rimodulazione. L’alterità
significa confronto tra l’io e l’altro e ci suggerisce somiglianza, differenza
e modo di stabilizzare un’identità. Inoltre,
è anche la capacità di cambiare, di attraversare i confini certi e
diventare “altro”. Con l’alterità si creano nuovi confini, ma anche nuovi
limiti. Con l’assimilazione e la simulazione si tende a eliminare la
distinzione e la diversità in un processo in base al quale l’alterità
dell’altro (o la nostra), viene chiamata ad uniformarsi. Per certi versi,
l’uomo contemporaneo perpetua i concetti di assimilazione, di somiglianza e di
diversità. Tuttavia, “essere” significa non uniformarsi a nessuno; non
desiderare di raggiungere la somiglianza in alcuna cosa. La perdita
dell’identità dell’uomo contemporaneo ormai assuefatto a modi precostituiti e
imposti dal sistema sociale genera confusione e
dissociazione in questa società carica di profondi cambiamenti
culturali, sociali e politici, segnata dall’alterità e dai nuovi e possibili
modi nella costruzione dell’io, smantellando
i consueti concetti tradizionali
sostituiti da nuove e provvisorie percezioni e dal nuovo modo di
relazionarsi; non più l’immagine di come siamo, ma come possiamo “essere”
sostituendo all’immagine di se stesso quella riflessa e appetibile dell’altro.
Tutto ciò fa apparire l’uomo complicatamente inespressivo e inutile. Solo
l'artista, da bravo e curioso analista, mette a nudo l’uomo di fronte a se
stesso, al suo specchio culturale e sociale, facendo intendere come la
tecnologia odierna abbia sconvolto definitivamente in nostro vivere. Con ciò
non desidera affatto costruire l’io come registrazione del bello, bensì come
possibilità per accedere ad un livello più profondo di coscienza nella realtà,
definendo un modello molto più concreto rispetto alla convinzione di un modello
stereotipato e anonimo dell'attuale presente, imposto e condizionato attraverso
la pubblicità e gli strumenti di persuasione occulta. Viviamo in un'epoca uniformata con esseri profondamente
omologati e scissi, caratterizzati da
una profonda dissociazione dalla realtà che condiziona pesantemente il nostro vivere. L’uomo potrà tentare di
superare i suoi limiti e le sue certezze ma, non dovrà perdere la coscienza di
sé, del suo “io personale” e la differenza “dell’altro”. L'essere ridotto a una dimensione evidenzia in modo problematico la propria fragilità
condividendo la similitudine, la ripetitività, la somiglianza dell'altro e
negando la conoscenza di un io che non riesce e non desidera definirsi e
consolidarsi in forme più stabili. Di certo, questi condizionamenti accettati
ormai per consueti e normali
smantellano la costruzione di un io personale accettando passivamente i luoghi comuni e
preferendo un falso modo di essere nel tentativo estremo di appropriazione di
una pseudo unità per trovare se stesso. Non
è un caso, se abbiamo utilizzato volutamente, per la prima volta in una nostra
mostra virtuale, una ricercata cornice di grande fattura e bellezza, ciò vuol
far riflettere sulla precaria condizione del singolo individuo che demanda
supinamente all’apparenza dell’altro, in questo caso la cornice, il ruolo
prioritario di gestire e dare corpo alla
propria visibilità. Un’individualità del tutto lacerata che non riesce a
ritrovare una sua dimensione logica. Nel sentirci smarriti e indifesi siamo tutti
costretti a scrutarci allo specchio del nostro “io impersonale” alla ricerca di una qualsiasi identità
anonima e sterilizzata, ma perfettamente
aderente alla precarietà del nostro esistere e di come siamo diventati. Sandro
Bongiani
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