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mercoledì 19 ottobre 2016

Mostra storica "Istat da 90 anni connessi al Paese"


20 OTTOBRE 2016 - 7 GENNAIO 2017
ROMA | MONUMENTO A VITTORIO EMANUELE II - VITTORIANO | SALA ZANARDELLI

MOSTRA STORICA
"ISTAT. DA 90 ANNI CONNESSI AL PAESE"




Giovedì 20 ottobre alle ore 10.30 il presidente dell'Istat Giorgio Alleva alla presenza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini e del vice sindaco di Roma Daniele Frongia dà avvio all'inaugurazione della mostra "Istat. Da 90 anni connessi al Paese". 

La mostra si svolge al Vittoriano - Monumento a Vittorio Emanuele II, uno dei siti gestiti dal Polo Museale del Lazio, ed è strutturata in un percorso che si snoda su due livelli narrativi paralleli che ripercorrono le principali tappe della storia dell'Istituto nazionale di statistica e quelle del Paese, a partire dal 1926.

Apre il percorso un video che illustra sinteticamente la storia dei novant'anni dell'Istat: dalla prima presidenza affidata alla personalità di Corrado Gini, cui si deve il noto indice per la misura della disuguaglianza nella distribuzione del reddito, fino a quella odierna di Giorgio Alleva 

Al primo piano della Sala Zanardelli, i visitatori possono seguire un itinerario (La storia dell'Istat) dedicato all'attività dell'Istituto attraverso materiali d'archivio che illustrano non solo gli eventi salienti della vita dell'ente ma anche le innovazioni e i cambiamenti metodologici e tecnologici che nel corso del tempo hanno caratterizzato i censimenti, le rilevazioni, la raccolta, l'elaborazione, la diffusione e la comunicazione dei dati.   

La sezione è arricchita dall'esposizione di volumi di pregio (Atlanti e Annuari statistici) fin dagli anni immediatamente successivi alla fondazione dell'Istat, di documenti selezionati dall'Archivio storico dell'Istituto, dall'Archivio Centrale dello Stato e dell'Università di Roma Sapienza

Inoltre, sono presenti rari macchinarialcuni risalenti al periodo precedente l'informatizzazione, utilizzati per la produzione statistica tra cuicomptometer, selezionatrici e perforatrici.

A chiudere il percorso è un video su come si realizza fase dopo fase una rilevazione statistica.

Il secondo itinerario  della mostra  (Narrare il Paese) è caratterizzato da grandi pannelli con foto di contesto, video, grafici e infografiche, che sintetizzano momenti significativi degli ultimi 90 anni della storia dell'Italia attraverso la chiave di lettura di sei diverse generazioni

La prima è quella della Ricostruzione del secondo dopoguerra; seguono le due generazioni del baby boomquella dell'Impegnoprotagonista delle grandi battaglie e trasformazioni culturali degli anni Settantaquella dell'Identità, chiamata cosi per il forte senso di appartenenzapolitica che ha caratterizzato le scelte di molti giovani di quegli anni e la realizzazione di obiettivi strettamente personaliperseguita invece da altri coetanei. 

La generazione di Transizione segna invece il passaggio tra il secolo scorso e quello in corso. 

Il panorama si chiude con altre due generazioni, in ordine cronologico quella del Millennio e quella delle Reti

Se la prima è la generazione dell'Euro e della cittadinanza europea, la seconda è costituita da coloro che sono nati e cresciuti nell'era di Internet, i cosiddetti nativi digitali "sempre connessi".

A condurre il visitatore in questa sezione sono quattro donnenate in differenti periodi storici: Maria, Anna, Francesca e Giulia; un espediente narrativo che consente di far vedere come la statistica sia in grado da raccontare storie e percorsi in cui è possibile riconoscersi anche individualmente. 

La mostra resta aperta dal 20 ottobre 2016 fino al 7 gennaio 2017, tutti i giorni, dalle ore 9.30 alle ore 19.00. L'ingresso è gratuito


Maggiori informazioni su:
www.istat.it/it/archivio/191024



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martedì 18 ottobre 2016

Alessandra Baldoni | A debita distanza | 27.10.2016 h18




                                                           


Alessandra Baldoni

A debita Distanza | A suitable Distance


Per la sua prima personale nella Galleria Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea Alessandra Baldoni presenta un progetto liberamente tratto dai Racconti di Franz Kafka a cura di Angela Madesani .

For the Alessandra Baldoni's first solo exhibition at Sabrina Raffaghello Arte Contemporanea we present a project freely adapted by Franz Kafka's tales by Angela Madesani.

















A debita distanza | di Angela Madesani

A debita distanza è il titolo della mostra di Alessandra Baldoni. Il riferimento è in primis a un modo di porsi dell'artista e quindi di chi guarda, è una sorta di auspicio. Sono lavori, realizzati nell'ultimo anno, dedicati alla prosa di Franz Kafka, ad alcuni racconti, lunghi, brevi e a un romanzo. La prima facile, quanto errata lettura, potrebbe essere quella di trovare nelle immagini un'illustrazione dei testi dello scrittore praghese: Un digiunatore, La metamorfosi, La tana, Alberi, Davanti alla Legge, Il cavaliere del secchio, Il messaggio dell'imperatore, Nella colonia penale, Il processo.
L'immagine, invece, nasce per un bisogno intimo, prepotente dell'artista di riuscire a rendere quanto ha metabolizzato, ha fatto proprio di una serie di scritti di uno dei più complessi scrittori del XX secolo. Baldoni non segue pedissequamente una traccia scritta. Non le interessa. «Cerco sempre di appendermi alle parole come un'acrobata e portarmi via delle visioni, dei sentimenti. Chiuso, infetto, solitudine, abbandono, musica, tempo fermo, tempo rotto, mela, rovina. Queste sono alcune delle parole sopra a cui ho poggiato le immagini». Attraverso il racconto, Kafka riesce a darci degli spaccati esistenziali, impensabili da restituire semplicemente con delle immagini. Bisogna tenersi, appunto, a debita distanza, farli propri e quindi sviluppare, come ha fatto Baldoni, delle immagini che evochino, che diano vita ad atmosfere, a spaccati. Il racconto dal quale è partita è Un digiunatore[1]. Un uomo digiuna per mestiere, per emozionare un pubblico, alla ricerca di sensazioni forti. È un circense, un cosiddetto fenomeno da baraccone, vive in una gabbia. Un impresario si arricchisce alle sue spalle.
Ma la gente, si sa, si stanca presto e piano piano il pubblico passa davanti al suo abitacolo senza accorgersi di lui. La reazione dell'uomo è quella di spegnersi giorno dopo giorno, come una candela per poi scomparire. Ci si chiede: cosa lo ha spinto a diventare un digiunatore? Il fatto che nessun cibo gli piacesse. La risposta è surreale, incredibile. Vi è un'ironia di fondo che troviamo in molti frangenti kafkiani. Quando il digiunatore muore, la gabbia resta vuota e al suo posto arriva una pantera, che, invece, mangia di grande appetito. In più di un punto dello scritto torna la parola malinconia. È la malinconia del quotidiano, dell'inesorabile ossessione dell'esistenza che segna la vita di alcuni di noi. Il racconto è particolarmente attuale, in fondo parla di audience, di successo e di abbandono. Mi torna in mente un personaggio tragico di Charlie Chaplin, il clown Calvero di Luci della ribalta, prima acclamato e poi dimenticato dal pubblico capriccioso.
L'impresario è presente solo nelle prime due foto. Nell'ultima rimangono dei residui di porte, finestre e un orologio. Sono messinscena garbate, pochi gli elementi, ma essenziali, immediatamente riconoscibili.
Quando viene pubblicato La metamorfosi, il suo racconto più noto, nel 1915, dall'editore Kurt Wolff a Leipzig, lo scrittore preferisce che non venga illustrato in copertina il grande insetto come del resto all'interno del volume. Nelle foto di Baldoni tutto è coperto con del cellophane, è una sorta di presa di distanza dalle cose. Un personaggio vestito con un abito da sera nero popola le scene. Non sempre si riesce a dare una spiegazione delle cose. Il vero protagonista è il tempo, quello inesorabile dell'esistenza. Una sveglia scandisce i nostri attimi. In fondo il nostro non è che un cammino verso la morte: ed è subito sera. Così Salvatore Quasimodo.
Nei suoi set i racconti sono messi in scena in una chiave del tutto personale, simbolica.
«Sono solita dire che scrivo piccole sceneggiature per uno scatto, la scrittura è il diario di
carta da cui si animano le visioni. Sono sostanzialmente una narratrice, amo le storie, le cerco, le rubo, le mescolo le scompongo. La scrittura è l'ossatura che sostiene le immagini»[2].
I personaggi sono vestiti in maniera particolare con abiti d'epoca, ma la sua non è una ricostruzione filologica. Qualcosa deve essere lasciato all'immaginazione di chi guarda, non tutto va svelato. Lo spettatore ha un ruolo attivo.
Alcuni lavori sono costituiti da una serie di immagini, altri da una sola. Così per il racconto lungo La tana. Un animale, un uomo, non è dato saperlo, vive in una tana che si è costruito. Ma percepisce rumori molesti, che non riesce a distinguere. Si avverte la presenza di una bestia, che scappa. È una metafora anche qui dell'umana condizione, di certi esseri che vivono lontani, protetti dal mondo all'interno della loro tana, timorosi di avvertire altre presenze. Un braccio fuoriesce da una sorta di costruzione bianca. È un lavoro che presenta pochi trucchi. È tutto molto semplice, senza esasperazioni di sorta.
Tra i lavori più intensi, quello dedicato al brevissimo racconto Alberi del 1903-1904, quasi in forma di poesia, che accenna all'apparenza, come i tronchi nella neve stanno gli esseri umani. Parrebbe che un solo alito di vento possa spazzarli via. Invece non è possibile, perché essi sono saldamente attaccati al terreno. Ma è certo? Perché anche questa è, forse, soltanto apparenza. Un giovane è all'angolo di una stanza segnata dal corso del tempo. Non alza gli occhi allo spettatore, ai suoi piedi sono due fustelli di legna, leggeri e facilmente rimovibili.
Davanti alla legge del 1914, è un racconto parabola, che verrà poi inserito ne Il processo,
qualche anno più tardi. È il tentativo da parte di un uomo di campagna di arrivare alla legge. Per farlo deve varcare un portone, davanti al quale è un guardiano che lo spaventa spiegandogli che, varcata la soglia, è ancora più difficile arrivarvi. L'uomo decide di attendere, ma il tempo passa. Un attimo prima di morire il guardiano gli rivela che: «Qui non poteva entrare nessun altro, poiché questa porta era destinata a te, e a te soltanto. E adesso me ne vado e la chiudo». È la storia di ciascuno di noi. Non siamo che dei "soli", parafrasando il titolo di una bella canzone di Giorgio Gaber.
Il cavaliere del secchio è costituito da una serie di quattro fotografie. La prima e l'ultima sono dei paesaggi desolati, malinconici. Un uomo povero chiede un secchio di carbone al carbonaio per riscaldarsi. Quando la moglie del commerciante si accorge che l'uomo non ha soldi per pagare, gli nega il carbone. L'uomo se ne va a cavallo del suo secchio vuoto, probabilmente verso la morte. Sono immagini malinconiche sui toni freddi del grigio, del blu, del celeste. Anche qui il protagonista è l'uomo nella sua condizione di animale solo.
Per certi versi vicino a quest'ultimo è la serie di immagini su Il messaggio dell'imperatore, un racconto del 1917. L'imperatore sta morendo, una folla assiste alla sua morte, ma ugualmente affida a un messaggero un messaggio da consegnare a un "miserabile suddito". Messaggio che non arriverà mai a destinazione, perché il messaggero si perde nei meandri del maestoso palazzo imperiale. Mi pare di potere riscontrare dei riferimenti con il tramonto dell'impero asburgico. Francesco Giuseppe è morto nel 1916, confinato nel semplice letto di ferro della sua stanza del palazzo in stile pompier, costruito per celebrare un fasto ormai agli sgoccioli. Nelle immagini di Baldoni è come un blow up, un avvicinamento al dettaglio: un paesaggio con un albero e una figura lontana, quindi il volto dell'imperatore, un giovane, per poi focalizzarsi su un guanto di ferro, circondato da fiori e da un rotolo di carta, che presumibilmente contiene un messaggio.
Baldoni va oltre l'apparenza della scrittura, cerca di cogliere i significati reconditi. Se la macchina per la tortura potrebbe apparire il fulcro di Nella colonia penale. Così non è per lei, che legge tutto questo come un espediente spettacolare che sceglie di non rappresentare. Il soggetto del racconto è, piuttosto, la colpa, la condanna senza appello in un iniquo quanto soggettivo sistema giudiziario, in cui a dominare è la frustrazione dell'uomo. Nelle foto sono persone, paesaggi. «Ho sovrapposto la figura del soldato condannato e dell'ufficiale. Nel racconto ad un certo punto i ruoli si invertono, l'ufficiale (che per due volte si lava le mani) libera il soldato condannato e si mette al suo posto.
Il soldato partecipa nel far funzionare la macchina, non scappa, scampata la morte. Resta lì, dentro lo show incomprensibile della morte. In fondo sono entrambi condannati da una colpa senza nome, come tutti noi, ciò che conta è solo che carne e sangue siano il pegno da pagare ad un verdetto superiore».
Una serie di immagini sono dedicate anche al romanzo Il Processo, uscito incompiuto nel 1925, dopo la morte dello scrittore, che desiderava venisse bruciato. Vi sono qui due atteggiamenti, uno di passiva accettazione del non funzionamento, privo di qualsiasi logica, l'altro di razionalità e lucidità da parte di Josef K., accusato, arrestato e processato per motivi misteriosi. Immagini straordinarie di quest'opera sono quelle realizzate da Orson Welles[3] nel suo film dedicato all'opera di Kafka. Sono immagini di angoscia, di chiusura, proprio come quelle di Baldoni.
Baldoni riesce a sottolineare la surrealtà, l'assurdità della situazione. Il protagonista delle immagini è coperto da una maschera di carta, che gli impedisce di guardarsi attorno per essere finalmente collocato in una grande stanza con le mani e i piedi legati, sempre privo di uno sguardo. È impossibile fare chiarezza, riuscire a districarsi. Tutto è troppo volutamente complesso. Dare un senso alla nostra esistenza è spesso fallimentare, ingoiati quotidianamente in un meccanismo dal quale è difficile, forse, impossibile uscire.

[1] Uno dei pochissimi che Kafka non chiede di distruggere dopo la sua morte all'amico Max Brod.
[2] A.Baldoni in M.Cresci, Mitdenken Un pensiero per Alessandra Baldoni, 2009 Bergamo.
[3] Il processo, 1962, regia di Orson Welles.



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sabato 15 ottobre 2016

Dal 21 ottobre alla Fondazione Pasquinelli la mostra "Geometrie e Lirismi intorno al 1930"

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21 ottobre – 3 dicembre 2016

GEOMETRIE E LIRISMI INTORNO AL 1930

Alla Fondazione Pasquinelli di Milano
opere di Kandinsky, Klee, Mirò e Prampolini.

Con la mostra d'autunno dedicata all'astrattismo europeo ritorna il consueto appuntamento con L'arte in una stanza, il ciclo di esposizioni d'arte ideato e organizzato dalla Fondazione Pasquinelli di Corso Magenta, che offre al pubblico piccole e curatissime mostre con opere della collezione privata Antognini.

Geometrie e Lirismi intorno al 1930, a cura di Antonello Negri, dal 21 ottobre al 3 dicembre raccoglierà in una stanza quattro nomi fondamentali del panorama artistico del Novecento. Un'occasione preziosa di vedere sotto lo stesso tetto Kandinsky, Klee, Mirò e Prampolini, maestri della pittura che hanno condiviso l'esperienza dell'astrattismo, anche di persona come Kandinsky e Klee, che abitarono sotto lo stesso tetto durante la loro docenza al Bauhaus.

Sono ormai due anni che i milanesi scoprono volta per volta i capolavori privati della collezione Antognini, che la presidente della Fondazione Pasquinelli ha deciso di offrire al pubblico in un percorso attraverso autori sempre nuovi. 


Da Boccioni, a Carrà, da Modigliani a Balla, passando per Rousseau, Picasso e Magritte: come a voler racchiudere gran parte del panorama artistico del Novecento in un'unica stanza. "Proprio come piaceva a mio marito, il Maestro Pasquinelli, a cui la Fondazione è dedicata"- racconta Pina Antognini – "Raccogliere opere tra loro varie e anche molto differenti, ma ciascuna significativa nel percorso dell'artista".

Tutto nasce nella Parigi del 1925: nella capitale francese si respirava un clima intellettuale nuovo, favorito dal convergere di diverse avanguardie artistiche che videro nell'astrazione la nuova linea direttiva: da una parte l'astrattismo di Mirò e Prampolini, più lirico, che si allontanava dalla figurazione con una progressiva astrazione delle forme naturali; dall'altra la pittura geometrica che partiva dalla linea, dal punto e dal cerchio per arrivare ad una nuova realtà, come nelle opere di Kandinsky e di Klee.

Geometrie e lirismi intorno al 1930, che prosegue fino al 3 dicembre, espone Divenire (1925), tela dipinta dal 'maestro della forma', Kandinsky, utilizzando un vocabolario geometrico e cromatico familiare al pubblico, ma di difficile interpretazione: il pittore non copia la natura ma propone una serie di segni in sintonia con l'animo umano.

Come lui anche Paul Klee desiderava mostrare l'invisibile agli occhi, portando sulla tela un mondo immaginario, che ha perso le coordinate tradizionali in favore di spazi atmosferici evocativi accompagnati da segni grafici, che rompono la lettura lineare dell'opera. 


Ne è un esempio Regìa nella tempesta, esposto in mostra, dove numeri, linee e semicerchi circondano una figura a cavallo al centro della tempesta, resa attraverso l'uso sapiente delle pennellate e del colore.

Il pittore è regista di un nuovo mondo anche nell'astrattismo più lirico e naturale di Mirò e Prampolini, che guardavano il mondo attraverso la forza sintetica del colore e delle linee morbide, fino e dipingere singoli elementi in reciproca relazione. 


Come in Donna (1932) dell'artista spagnolo, dove il corpo umano conserva la morbidezza delle forme femminili anche se sottoposto a continuo cambiamento e a una costante evoluzione.

La stessa idea di metamorfosi guida l'opera in mostra di Enrico Prampolini dal titolo Paesaggio femminile (1929): l'artista, che visse in prima persona il clima artistico parigino degli anni '30, lavorò sul tema del divenire della materia; nel quadro le forme piene contornate da linee curve perdono qualsiasi contatto con la realtà contingente e danno origine a una composizione astratta, quasi un'arte pura.

Prampolini fu la figura di riferimento per i rapporti tra l'astrattismo internazionale presentato a Parigi nel 1925 e l'ambiente artistico italiano, in quegli anni rappresentato dalla milanese Galleria il Milione.

Tra il 1929, quando aprì, e il 1937, la Galleria ebbe un ruolo fondamentale nella promozione della giovane arte sia attraverso esposizioni all'avanguardia, che con pubblicazioni periodiche di grande qualità; i bollettini esposti in mostra sono la testimonianza di una disponibilità non comune negli anni '30 verso le giovani avanguardie europee.

La mostra viene accompagnata da tre incontri, sempre alle 18.30, tenuti da Antonello Negri - mercoledì 2 novembre - Silvia Bignami – mercoledì 16 novembre – e Andrea Kerbaker – mercoledì 30 novembre – che mettono a fuoco aspetti particolari della stagione storica dell'astrattismo.

Per tutta la durata della mostra, la sezione didattica propone ai bambini dai 6 ai 10 anni delle scuole primarie, dal lunedì al venerdì mattina: Ci sono un russo, uno svizzero, uno spagnolo e un italiano…

Mentre per le famiglie gli appuntamenti sono sabato 22 ottobre, 12 e 26 novembre e sabato 3 dicembre dalle 16.00 alle 17.30. 


I laboratori sono a entrata libera su prenotazione obbligatoria: www.larteinunastanza@fondazionepasquinelli.org

Geometrie e lirismi intorno al 1930 – Le opere

Wassily Kandinsky
Divenire (Werden, Devenir, Becoming, Growing)
1925

Il titolo del quadro suggerisce un'idea di crescita: la tensione verso l'alto nasce alla base della composizione e viene prodotta da due forme triangolari concatenate i cui angoli acuti puntano in su, mentre i rettangoli neri allungati in verticale confermano un'impressione di stabilità. 

La composizione è tuttavia complicata dalle sottili strisce oblique di diversa inclinazione in accentuazione od opposizione rispetto alle spinte dinamiche dei rettangoli. Le forme tondeggianti e spigolose, e i numerosi cerchi di diverse grandezze sono l'immagine di un'instabile mancanza di peso che fa da contrappunto ai triangoli saldamente ancorati alla base del quadro. 

È un classico esempio di equilibrio di forme colorate godibile come un brano musicale, ottenuto attraverso relazioni tra tensioni opposte: peso e leggerezza, stabilità e instabilità e così via.
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Paul Klee
Regìa nella tempesta
1938
Il quadro risale all'ultimo difficile periodo della vita di Klee, incominciato con il ritorno forzato in Svizzera a seguito della presa di potere nazista del 1933. Il prevalere di figure e segni neri di considerevole spessore rispetto ai più leggeri sistemi grafici sviluppati negli anni precedenti è una scelta stilistica tipica di quegli anni.

La tempesta del titolo si manifesta in un movimento vorticante intorno al centro restituito da un'alternanza di colori bianchi e verdastri che fanno immaginare ventate turbinose e scrosci di pioggia, evocati da punti e tratti neri che convergono a gran velocità verso il personaggio a cavallo al centro della scena. 

Per la rappresentazione di quest'ultimo Klee passa a un segno grafico nero, marcato, con il quale delinea figure che ricordano una decorazione parietale arcaica, preistorica. Si tratta di una tempera eseguita su un supporto d'occasione, carta di giornale, che s'intravvede sotto il colore.
Joan Miró
Donna (Une femme)
1932

Il quadro appartiene a una serie di dipinti su tavola intorno al tema della figura femminile cominciata da Miró nel gennaio 1932 a Barcellona

Nell'opera le forme ora biomorfiche, ora geometriche, introducono a fantasmagoriche proiezioni di una fantasia in assoluta libertà,  come fossero singoli elementi in reciproca relazione, tra astrazioni assolute e allusioni antropomorfiche.

Donna appartiene al periodo della cosiddetta "concentrazione plastica" caratterizzata da grande forza sintetica, basata su nette e sonore campiture cromatiche e forme essenziali chiaramente definite.
…" Vedendo il coordinamento dei colori e delle forme dei suoi quadri – osserva il coreografo Léonide Massine – si prova in maniera del tutto involontaria un sentimento di gioia e un bisogno di danzare…"; infatti il quadro possiede un intrinseco dinamismo: la figura è sottoposta a una deformazione che pare prodotta da un movimento selvaggio, da una danza estatica.

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Enrico Prampolini
Paesaggio femminile
1929 c.


Il Paesaggio femminile di collezione Antognini esemplifica alla perfezione la fase matura dell'evoluzione artistica di Prampolini, che egli stesso definì "realismo astratto o idealismo cosmico".
Il primo elemento paesaggistico "realista" del dipinto è il cielo azzurro segnato da qualche nuvola; ancor più realista è una forma a triangolo irregolarmente frastagliata con evidente allusione alla Sicilia. 

Tuttavia la somma dei due fattori porta a un risultato "astratto" (un'isola che vola nel cielo), ulteriormente rafforzato da segni curvilinei e retti e dal torso femminile nudo sovrastante la Sicilia.
Il carattere visionario della composizione è accentuato dalla morbida finestra, allungata e tondeggiante, che si apre sullo spettacolare scenario cosmico dove sembra proiettarsi questa sorta di "nascita di Venere". 

L'idea della visione zenitale della Sicilia è legata alle esperienze aeropittoriche di Prampolini, che era stato tra i firmatari del futurista Manifesto dell'aeropittura; ma un'immagine come questa è un risultato del tutto mentale, poiché una prospettiva di questo tipo era impossibile con gli strumenti dell'epoca.
Geometrie e lirismi intorno al 1930 - Le conferenze del mercoledì alle 18:30
Oltre alla mostra, un ciclo di conferenze mette a fuoco aspetti particolari della stagione storica dell'astrattismo: la sua fortuna milanese negli anni Trenta, gli scambi tra Russia, Germania e Francia attraverso la figura di Kandinsky, e lo stretto legame tra il surrealismo e le poesie di Prévert.

1 L'ASTRATTISMO E LA GALLERIA DEL MILIONE A MILANO
Antonello Negri
mercoledì 2 novembre 2016, ore 18,30

2 WASSILY KANDINSKY. DALLA RUSSIA CON AMORE
Silvia Bignami
mercoledì 16 novembre 2016, ore 18,30

3 MIRÒ, PRÉVERT E GLI ALTRI POETI
Andrea Kerbaker
mercoledì 30 novembre 2016, ore 18,30


Geometrie e lirismi intorno al 1930 - La didattica
La sezione didattica della Fondazione Pasquinelli è dedicata a un pubblico dai 6 ai 10 anni e offre ai bambini la possibilità di avvicinarsi all'arte contemporanea divertendosi.

Per le scuole primarie:
CI SONO UN RUSSO, UNO SVIZZERO, UNO SPAGNOLO E UN ITALIANO…
Dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 11.00
Visita guidata di un'ora e mezza alla scoperta dei diversi astrattismi
di Kandinsky, Klee, Miró e Prampolini.

Per bambini e famiglie:
"I MIEI DISEGNI POSSONO VOLARE!"
Sabato 22 ottobre, 26 novembre e 3 dicembre dalle 16.00 alle 17.30.
Un pomeriggio alla scoperta dell'universo fantastico di Paul Klee.

I COLORI DELLA MUSICA
Sabato 12 novembre 2016 dalle 16.00 alle 17.30.
Dopo una breve visita guidata alla mostra, i bambini della PYO – Pasquinelli Young Orchestra- diretti dal Maestro Carlo Taffuri, intratterranno il giovane pubblico con esecuzioni di brani riferiti ai quattro artisti.

Entrata libera su prenotazione obbligatoria:
didattica@fondazionepasquinelli.org oppure 3481946932
(lunedì - venerdì, 9.00 - 13.00 / 14.00 - 16.00)

Geometrie e lirismi intorno al 1930
21 ottobre – 3 dicembre 2016  Apertura lunedì – venerdì 15:00 – 19:00; sabato 10:00 – 12:00
Inaugurazione giovedì 20 ottobre ore 18.00
Fondazione Pasquinelli - Corso Magenta 42, Milano
www.larteinunastanza.fondazionepasquinelli.org - www.fondazionepasquinelli.org –
Per maggiori informazioni: info@fondazionepasquinelli.org - 02.45409551




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VISITFLANDERS partner della nuova mostra dedicata a Rubens a Milano

Pietro Paolo Rubens La scoperta di Erittonio fanciullo_ particolare Vienna, Palazzo Liechtenstein - The Princely Collections





VISITFLANDERS – Ente del Turismo delle Fiandre partner della nuova mostra dedicata a Rubens al Palazzo Reale di Milano

Dal 26 ottobre il consueto spazio espositivo milanese del Palazzo Reale ospita una nuova mostra: Pietro Paolo Rubens e la nascita del Barocco. 

VISITFLANDERS – Ente del Turismo delle Fiandre, rivolgendosi a un target di viaggiatori mosso da forti motivazioni culturali sempre di più al centro della strategia, sarà partner di questa grandiosa rassegna espositiva che evidenzia lo stretto rapporto tra il pittore di Anversa e la tradizione espressiva e figurativa italica.







Ente del Turismo delle Fiandre
Piazza Santa Maria Beltrade 2
20123 Milano

T +39 02 97 38 17 53
www.turismofiandre.it
info.italy@visitflanders.com






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