La mostra prevede l'esposizione di una decina di opere che esplicano il salto dell'artista da un ciclo pittorico più istintivo e passionale, ad un altro ciclo più maturo e consapevole. Infatti parliamo di una salto mentale, quasi quantico, che racconta una sorta di maturazione, non solo pittorica dell'artista e della sintesi che egli stesso mette in atto negli anni che intercorrono fra i due stessi cicli: Angel de Tierra e Telline.
Ecco come Marco Stoppa articola la sintesi:
"La consapevolezza che ogni piccolo evento può cambiare la nostra vita è maturata nella mente di Paolo Loschi fin dai suoi esordi. Momenti o persone in apparenza insignificanti possono inconsapevolmente indicarci la strada da percorrere. Questo è quello che è accaduto all'artista durante il suo soggiorno a Cadice, in Spagna, dal quale hanno preso vita nel 2006 la serie Angel de Tierra, un angelo che non può volare perché ha una missione da compiere sulla terra: elevare il comune sentire".
Passando per i vari cicli che caratterizzano i sette lunghi anni che dividono gli Angel de Tierra da Telline, "la pittura di Loschi passa da un fare che potremmo definire "espressionista", composta da violenza gestuale e cromatica che a tratti oltrepassa l'immagine figurale, ad un linguaggio maggiormente descrittivo concentrato sulla figura umana, attorno alla quale si sviluppa la poetica del rinnovamento inteso come rinascita mentale e fisica, che rianima il corpo di nuova energia.
Una metamorfosi interiore irreversibile, raccontata con uno stile grafico incisivo e tagliente.
Ecco come l'artista stesso racconta del suo approdo a Telline:
"Risvegliato improvvisamente da un sogno agitato, mi ritrovo a osservare il mio cervello adagiato sul lavandino del bagno. Al posto dei lobi cerebrali una fitta colonia di tentacoli di attinia emanano un tripudio di colori ancestrali e quasi impalpabili: il verde malachite, il blu del cielo e del mare, la purezza del bianco, la forza viscerale del rosso. Incastonate nella materia mi accorgo della presenza di tre telline. Spinto da una forza risolutrice, le estraggo come una scheggia dalla pelle e mi lascio andare a un sospiro di sollievo e di rinnovamento. Non mi rimaneva che raccogliere il cervello così purificato e indossarlo nuovamente, con la speranza che tutto funzionasse".
"Non si tratta di un racconto di E. A. Poe" continua Stoppa, "né di un'allucinazione di H.P.Lovecraft, ma di un sogno raccontato dall'artista Paolo Loschi che svela la natura subconscia del recente ciclo di opere intitolato: Telline. Un sogno interpretato dall'artista come monito, risveglio della propria coscienza, punto di svolta per approdare a un rinnovamento interiore e creativo, al superamento di una forma mentis quotidiana e metodica. Una rivelazione che libera le forze sepolte dell'interiorità e le riversa di getto sul foglio di carta in una sorta di automatismo psichico dal sapore surrealista".
Paolo Loschi è nato a Treviso nel 1966. È da sempre artista, per vocazione: riflettendo sulla sua storia, emerge con evidenza come per lui l'arte sia davvero un destino ineluttabile, dal quale, anche se lo volesse, non ha proprio via di scampo. L'arte in senso lato, prima che la pittura. Loschi, infatti, non ha seguito studi artistici nel settore grafico-pittorico, nel quale è autodidatta, bensì in quello musicale. Un'esperienza che senz'altro ha contribuito a determinare l'impronta sinestetica della sua creatività. In questa sua sinestesia si fondono suoni, odori che divengono memoria (come quello, assurto a feticcio, dell'olio di lino dei suoi primi infantili esperimenti pittorici), e una concezione del colore sia visiva, sia tattile che materica.
Le parole dell'artista raccolgo e sintetizzano tutti i concetti:
"Dopo gli studi musicali ho dedicato la mia attenzione alle arti figurative. La mia formazione è avvenuta frequentando gli ambienti veneziani nell'ambito pittorico e grafico, per poi approfondire l'uso del colore nel sud della Spagna. Tuttora sono molto legato al mondo musicale con il quale intesso collaborazioni quali action painting e scenografie. Come pittore ho un buon orecchio".
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