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domenica 22 febbraio 2015

Mostra di Duilio Cambellotti a Bari: l'Acquedotto Pugliese festeggia 100 anni dell'arrivo dell'acqua in Puglia


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Centenario dell'arrivo dell'acqua nelle terre pugliesi
"Duilio Cambellotti. Le grazie e le virtù dell'acqua"
27 febbraio - 14 giugno 2015


Bari, Palazzo dell'Acquedotto Pugliese
27 febbraio – 14 giugno 2015

Inaugurazione giovedì 26 febbraio 2015, ore 17.30





Monumento unico in Italia, il Palazzo dell'Acquedotto Pugliese di Bari si apre al visitatore come lo scrigno prezioso delle simbologie dell'acqua, delle sue grazie e delle sue virtù, realizzate dal genio di Duilio Cambellotti.


Dal 27 febbraio al 14 giugno 2015 il Palazzo ospita la mostra "Duilio Cambellotti. Le grazie e le virtù dell'acqua". L'Acquedotto Pugliese, la Regione Puglia, la Città di Bari, con il contributo della Banca Popolare di Bari e la preziosa collaborazione della Wolfsoniana Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo di Genova e l'Archivio Cambellotti di Roma, dedicano questa mostra a Duilio Cambellotti per celebrare il primo centenario dell'arrivo dell'acqua nelle terre pugliesi (1915-2015), con un grande omaggio alla poliedrica personalità dell'artista che ha saputo dar corpo e figura alla celebrazione dell'acqua nelle terre assetate della Puglia. La mostra è organizzata dalla società Sistema Museo.


Nell'evento espositivo la narrazione del lungo percorso artistico dell'autore, attingendo alle raccolte di materiali esistenti presso il palazzo dell'Acquedotto, musei, fondazioni, collezioni private, si compone di oltre centoventi opere in dipinti, disegni, illustrazioni, celebri sculture in bronzo come la monumentale "Fonte della Palude", ceramiche, terrecotte, vetrate, mobili e quaranta bozzetti preparatori eseguiti per il Palazzo dell'Acquedotto, in un susseguirsi di argomenti dedicati: la spiga e l'ulivo, le mille e una notte, il mondo della natura, la grazia delle donne, le virtù dell'acqua, gli stili e gli arredi.



Il poliedrico artista Duilio Cambellotti fu incaricato nel 1931 della decorazione e dell'arredo dell'intero complesso, a coronamento dell'immane impresa di ingegneria idraulica compiuta in una regione avara di acque fin da epoche antichissime. Realizzato fra il 1931 e il 1934, il lavoro che Cambellotti dedica al palazzo rappresenta la sintesi di un lungo percorso artistico che lo aveva visto protagonista nelle arti plastiche, della scultura, pittura, scenografia teatrale, ceramica, illustrazione editoriale, architettura e design, sperimentate di volta in volta con la stessa forza espressiva verso il mondo del lavoro, la terra in particolare. L'impegno assunto a favore delle scuole rurali dell'agro romano, l'insegnamento, la collaborazione con l'Umanitaria e l'Opera nazionale combattenti, la Biennale di Monza, l'esperienza di innovatore nelle illustrazioni dei libri per l'infanzia e nella grafica, sono tutti passaggi, conseguenti e intrecciati l'uno all'altro, tali da formare quel personale cammino artistico che sfocia nei lavori destinati all'Acquedotto come frutto della maturità artistica.


La passione per la cultura del passato che già dai primi anni del '900 aveva alimentato le sue esperienze in svariati campi, trova nella committenza barese una rinnovata sperimentazione nelle forme e nelle funzioni sia negli apparati tecnici che di rappresentanza. Nelle decorazioni parietali elaborate negli ambienti di lavoro e negli appartamenti privati dell'edifico, Cambellotti riprende antichi temi a lui congeniali come le fontane, il lavoro femminile, i cavalli che si dissetano alle fonti, inventando ardite sintesi tra il romanico pugliese e il déco.


Il ciclo lavorativo del maestro, infatti, articolato in diverse fasi che definiscono il disegno delle sale, le boiseries, la decorazione pittorica, i pavimenti, gli arredi, le luci, i tappeti, le maniglie, rivela un'adesione sentimentale, una sorta di amore mai obliato verso quella storia dell'antico ispirato dalle forme dei monumenti romanici pugliesi, castelli di un lontano passato cavalleresco. E come nei castelli e nelle chiese medievali la rappresentazione delle storie sacre e profane veniva affidata ad artisti famosi, a dipingere l'avvento dell'acqua in Puglia è Duilio Cambellotti, la cui carriera artistica, nata in ambito modernista, intrisa degli ideali umanitari del socialismo tardo ottocentesco, trova nelle vene pugliesi il guscio di mitologie tutte al femminile.


In questa mostra le porte del Palazzo si aprono dunque sulle stanze dove l'acqua scorre da grossi vasi dipinti, dalle stele femminili di marmo sulle pareti, quasi divinità metafisiche, ieratiche e silenziose, dispensatrici dell'acqua risucchiata dalle vene di un fiume "addomesticato", fino al trionfo del grande tubo dipinto sulle tele della Sala del Consiglio, trionfo della tecnologia idraulica accompagnata dalla danza delle lavandaie che strizzano lunghi panni bianchi mentre sugli ulivi sventolano al sole grandi bandiere di lenzuola messe ad asciugare.


Nel Palazzo delle Acque, pensato e allestito come una favola, gli arredi sono concepiti come troni di rustiche principesse, gli armadi degli uffici stilizzate dispense di tesori sui quali vegliano volti femminili dai capelli d'acqua madreperlata.






IL PALAZZO





Costruito fra  il 1925 e il 1935, il palazzo progettato dall'ingegnere ravennate Cesare Brunetti (Ravenna 1894 - Lecce 1962), si impone nel borgo murattiano per la maestosità dello stile architettonico ispirato al romanico pugliese. L'esterno del Palazzo, con i quattro piani rivestiti in pietra di Trani, contiene elementi architettonici chiaramente ispirati al vasto patrimonio civile e religioso locale. Le massicce mensole a dentelli, su cui poggiano il balcone d'angolo tra via Cognetti e via Fiume e quello che sovrasta il portale d'ingresso, evocano i sostegni scalati del pronao a baldacchino della facciata di Santa Maria del Casale a Brindisi, una delle chiese più importanti della regione, che fornisce spunti e riferimenti decorativi non soltanto architettonici.


La progettazione degli ambienti e degli arredi del Palazzo è opera del Maestro Duilio Cambellotti, eclettico artista romano fra i più geniali del Novecento italiano, che donerà al Palazzo uno stile inconfondibile, al tempo stesso severo e gioioso, facendone un vero e proprio monumento all'acqua salubre. L'impegno di Cambellotti si articola in diverse fasi che riguardano il disegno architettonico di alcune sale, la decorazione pittorica, i pavimenti, gli arredi, completati dagli apparecchi di illuminazione, i tappeti e le maniglie per gli ambienti più rappresentativi del primo piano e dell'appartamento del Presidente al secondo.


L'enorme patrimonio di mobili, conservatosi quasi integro, costituisce una preziosa testimonianza della creatività dell'artista e dell'altissima qualità delle maestranze. Originali nella forma e nella decorazione sono le scrivanie per la Sala del Consiglio e per lo Studio del Presidente: elegante la prima, con il piano ovale intarsiato, poggiato su una base ad archi; possente l'altra, che nella parte centrale semicilindrica, richiama apertamente i pulpiti romanici in marmo scolpito. Gli intarsi in legno e in madreperla propongono ancora sintetiche rappresentazioni degli alberi di ulivo, di donne con anfore e di scorci prospettici di Bari.






L'ARTISTA





Duilio Cambellotti nasce a Roma nel 1876. Nel 1896 si diploma al Museo Artistico Industriale di Roma. I suoi primi lavori sono oggetti in metallo, lampade, gioielli e manifesti. Dal 1900 inizia a frequentare il pedagogo Alessandro Marcucci con il quale sperimenta metodi educativi ispirati ai principi del socialismo umanitario. Insieme daranno vita alle letture dantesche per le quali Cambellotti disegnerà una serie di grandi carboncini. Nei primi anni del Novecento inizia ad occuparsi di illustrazione, collaborando con importanti riviste tra cui "Italia ride", "Fantasio", "Novissima" e a realizzare le prime sculture in bronzo.


Con Marcucci, Giovanni Cena, Angelo e Anna Celli, Sibilla Aleramo, s'impegna nell'opera di alfabetizzazione degli abitanti delle campagne dell'Agro romano infestate dalla malaria. Per le scuole dell'Agro, Cambellotti inventa decorazioni e illustra testi scolastici. Ancora con Marcucci e con Cena, per l'Esposizione per il Cinquantenario dell'Unità d'Italia del 1911, organizza la Mostra dell'Agro Romano progettando una grande capanna dell'Agro che arreda con mobili intagliati dai contadini e con opere di Giacomo Balla e sue sculture tra cui il grande fregio "I cavalli della palude pontina" (1910) e la "Conca dei bufali".

Dal 1905 inizia la sua attività di scenografo e costumista per il teatro, un'esperienza che lo accompagnerà per quarant'anni e che si svolgerà tra il Teatro Stabile e l'Opera di Roma, il teatro all'aperto di Ostia antica e il Teatro Greco di Siracusa, realizzando alcuni spettacoli memorabili come "La Nave" di Gabriele D'Annunzio del 1907.


Nel 1908 ha inizio l'importante esperienza legata alla rivista di taglio modernista "La Casa", che rappresenterà in ambito romano un reale tentativo di rinnovamento dell'arte e dell'architettura. Da questa esperienza nasceranno i progetti e le decorazioni dei villini romani Bellacci (1908), Vitale (1910), Pallottelli (1922) e De Grossi a Castelgandolfo (1915) e prenderà il via un vitale sodalizio tra il gruppo di artisti legati a "La Casa" e il maestro vetraio Cesare Picchiarini. Impegnato nel tentativo di ridar vita alla vetrata artistica dal punto di vista tecnico e decorativo, il gruppo esporrà i risultati di queste ricerche in due importanti mostre a Roma (1912 e 1921) ed alle Biennali Internazionali d'Arte Decorative di Monza del 1923 e del 1925.


All'attività artistica Cambellotti unisce quella di insegnante, iniziata nel 1908 e svolta all'Accademia di Belle Arti, nelle scuole di ceramica di Civita Castellana e in quella Comunale del San Michele, confluita in seguito nell'Istituto Professionale di Roma. L'interesse dell'artista per la grafica si sviluppa nella cura editoriale e nell'illustrazione di collane e di libri pubblicati dall'Istituto Editoriale Italiano, tra i moltissimi titoli: "Storie meravigliose" di N. Hawthorne (1912), "Le mille e una notte" (1912-13).


Nel 1917 inizia a lavorare nel cinema, realizzando scenografie, costumi e cartelloni per il film "Frate Sole", al quale seguiranno, tra gli altri, "Gli ultimi giorni di Pompei" (1926), "La corona di ferro" (1941) e "Fabiola" (1949), un'esperienza che si concluderà nel 1948 con gli studi per i movimenti di scena del film "Il cielo sulla palude" di Augusto Genina.


Nel 1926 interviene per la prima volta nella decorazione di un edificio pubblico decorando le Sale delle bandiere a Castel Sant'Angelo a Roma, a cui seguiranno la decorazione e gli arredi della Sala del consiglio dell'Istituto Eastman (1933), quelli per il Palazzo dell'Acquedotto Pugliese di Bari (1930-1934), della Prefettura di Ragusa (1933) e la Sala consiliare della Prefettura e l'Aula del Palazzo di Giustizia a Latina (1934-1936).


Nel 1931 viene incaricato della decorazione e dell'arredo della sede dell'Acquedotto Pugliese a Bari. La passione per la cultura del passato aveva ancorato Cambellotti ad un repertorio di forme riecheggianti comunque la classicità, escludendolo dalle rotture necessarie all'avanguardia; in questa occasione l'artista, già quasi sessantenne, riesce a rinnovarsi sia nel suo filone "studio", qui adattato a eleganti uffici di rappresentanza, sia nel suo filone "povero-popolare" che trasforma in una esemplificata modernità per gli uffici tecnici. Nelle decorazioni parietali riprende antichi temi prediletti come le lavandaie che strizzano i panni e i cavalli che si abbeverano alle fonti. Negli arredi delle stanze destinate ai dirigenti inventa arditi connubi tra il romanico pugliese e il déco. Le arcate che sorreggono l'Acquedotto e i ponti canali mantengono un riferimento alla classicità, ma la cuspide, che alludeva al tetto, diventa l'onda dell'acqua, il cui tema, nel complesso della decorazione, libera un sentimento di letizia e dinamicità.

L'acqua che scorre è resa concreta in rivoli di madreperla, marmi colorati, legni e bronzi. La varietà di soluzioni attuate dall'artista testimonia un'attenta sintonia con la contemporaneità e una professionale duttilità nella progettazione della vasta gamma gerarchica dei mobili richiesti dalla committenza. È soprattutto negli ambienti destinati ai tecnici, dove mette le forme al servizio della funzione abbandonando le simboliche ornamentazioni, che rivela un talento nuovo forse anche stimolato dalla collaborazione con le grandi industrie ebanistiche Liporesi & C. e Bega di Bologna. Quello dell'Acquedotto è un imponente corpus di circa 100 pezzi, composto da tavoli, scrivanie, poltrone, armadi, possente e funzionale, sagomato con mano sapiente, conservato pressoché intatto.


I suoi ultimi interventi sono per il Palazzo dell'Anagrafe a Roma (1938) e una grande Chimera di ceramica smaltata modellata per il Palazzo Grande di Livorno (1952). Negli anni Cinquanta l'artista continua a lavorare incessantemente, specialmente nella grafica e nel teatro.

Muore a Roma nel 1960.



Opere dell'artista, oltre che in numerose collezioni private, si conservano presso: Galleria Comunale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma, Museo Internazionale della Ceramica di Faenza, Comune di Latina, Museo Andrea e Blanceflor Boncompagni Ludovisi di Roma, Istituto Nazionale per la Grafica di Roma, Museo del Teatro dell'Opera di Roma, The Wolfsonian International University di Miami (Florida), Museo di Arti decorative di Miami (Florida), Wolfsoniana Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo di Genova.









COORDINATE  MOSTRA



Luogo: Palazzo dell'Acquedotto Pugliese, Bari

Inaugurazione: giovedì 26 febbraio 2015, ore 17.30

Durata: 27 febbraio - 14 giugno 2015

Enti promotori: Acquedotto Pugliese, Regione Puglia, Comune di Bari

In collaborazione con: Wolfsoniana Fondazione regionale per la Cultura e lo Spettacolo di Genova e Archivio Cambellotti di Roma.

Sponsor unico: Banca Popolare di Bari

Organizzazione: Sistema Museo

A cura di: Emanuela Angiuli

Orari di apertura: da martedì a domenica e festivi 10.00 – 18.00. Chiuso lunedì non festivo.

È possibile prenotare l'apertura straordinaria per visite riservate.

Tariffe: intero 6,00 euro; ridotto A 4,00 euro (gruppi di almeno 15 unità); ridotto B 3,00 euro (6-18 anni); omaggio fino a 5 anni, disabili e accompagnatore, giornalisti accreditati, dipendenti Acquedotto Pugliese e aziende controllate.

Audioguida: compresa nel biglietto.

Catalogo: Silvana Editoriale


Per informazioni e prenotazioni: Sistema Museo 199 151 123 (dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 15.00 escluso i festivi) - callcenter@sistemamuseo.it - www.mostracambellotti.it

venerdì 20 febbraio 2015

LAURA ZENI. Aromatherapy ··· Dal 27 febbraio al 25 marzo 2015 ··· Inaugurazione 26 febbraio ore 18 ··· DAI Studio - viale di Trastevere n. 143 – Roma



DAI Studio inaugura la mostra Aromatherapy. Laura Zeni a cura di Fortunato D'Amico.

L'esposizione indaga sul tema della natura, legato alla quotidianità interiore ed esteriore e presenta oggetti di design, installazioni green, opere grafiche e pittoriche che approfondiscono l'approccio dell'artista, molto sensibile al dibattito contemporaneo in corso in tutto il mondo sull'ecosostenibilità.


Orari

dal lunedì al venerdì ore 10-13/15-18 – sabato e domenica chiuso

Info al pubblico

Tel. +39 06 64561239info@daistudio.it

Ufficio stampa per Laura Zeni
IBC Irma Bianchi Communication

Tel. +39 02 8940 4694info@irmabianchi.it


www.daistudio.it
www.laurazeni.it

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PREVIEW
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COLLEZIONE AI2015.16
DA SABATO 28 FEBBRAIO A LUNEDI 2 MARZO –TORTONA 54


La sciarpa come oggetto originale, frutto di una continua ricerca. 

Dipinta a mano con colori metallici, impreziosita da balze a voile o da cimose jacquard bianco e nero, stampata sull'intera superficie con un effetto corteccia d'albero. 

Piccoli, significativi coupe de théâtre per un accessorio che diventa unico. 

Elemento eclettico e personale di definizione del look, grazie anche alla varietà delle dimensioni in collezione. 

Accanto alle 100x200, le versioni più maschili 80x200, i maxi foulard 140x140 e i foulard da collo 50x50.

Due i temi per il prossimo autunno inverno. Modern Tale e Indomitable Research. 

L'ispirazione nasce fra mercatini e archivi vintage e rielaborando stimoli e immagini attraverso chiavi di lettura inedite. 

In collezione anche sciarpe e stole gioiello, con ricami lurex e pailllettes argento e oro, create per le feste e le occasioni più importanti. 

La stagione prevede anche una capsule di abbigliamento. 

Pezzi sofisticati, liberamente abbinabili con le sciarpe.












www.corrieredelweb.it

giovedì 19 febbraio 2015

Atipografia annuncia la prestigiosa mostra FIORI VIOLENTI: Fototropismo verso la forma di Mattia Bosco, 21/3-23/5




FIORI VIOLENTI: FOTOTROPISMO VERSO LA FORMA

di
Mattia Bosco


21 marzo – 23 maggio 2015

Atipografia, Arzignano VI
Piazza Campo Marzio, 26

La programmazione di Atipografia, all'insegna del "non visibile", prosegue da sabato 21 marzo con l'inaugurazione della mostra "Fiori violenti: fototropismo verso la forma" di Mattia Bosco.

Dopo Tunnel City, di Andrea Bianconi, e le Coordinate Invisibili, tracciate da Carlo Bernardini negli spazi del nuovo centro per l'arte contemporanea, ricavato da un'antica e affascinante tipografia di fine Ottocento, nel centro di Arzignano, Mattia Bosco sonderà, con la propria esperienza e sensibilità, il tema scelto dai due fondatori Elena Dal Molin e Andrea Bianconi, come linea guida di questa prima stagione.

La mostra scultorea, a cura di Elena Dal Molin, nasce da un'operazione di recupero di alberi abbattuti all'interno del territorio del Comune di Arzignano, già sostenitore di Atipografia. Un progetto espositivo che si inserisce perfettamente nel solco tracciato dalle mostre che lo hanno preceduto e che si sono sempre distinte per il loro carattere site specific.  

Atipografia, infatti, è un vero e proprio laboratorio, che si pone come stimolo e sfida per l'artista.
Mattia Bosco si cimenterà con i grandi temi della forma e della materia, assoluti protagonisti di questa mostra, nel tentativo di riscontrare una continuità o un contrasto tra la tangibilità delle cose e la nostra stessa corporeità.

Il materiale principe di questa avvolgente installazione site specific, sarà il legno.

Una foresta di tronchi e fusti, che paiono quasi resti di un colonnato greco, come evocato da Disordine corinzio, una delle opere del percorso, andrà a ricreare all'interno delle antiche sale della tipografia una cattedrale di ossa vegetali, così come le intende Mattia Bosco, "ultimi fiori" che si dischiudono con un gesto violento, quello dello spezzare, mostrando tutto il proprio intimo mistero fatto di luce accumulata da queste travi nel corso degli anni. 

Le linee spezzate e chiuse formano dei triangoli, un simbolo sacro nato da un atto di forza compiuto dall'artista sul legno stesso, liberando la luminosità in esso contenuta e svelando così il "non visibile", la vita che si cela all'interno degli alberi.

Come ben ci ricorda Mattia Bosco <<Gli alberi seguono una legge precisa secondo la quale si sviluppano in infiniti modi, ma tutti sono ancorati al suolo, non si può dare un albero senza radici, l'albero è sviluppo verticale a partire da un punto, non può muoversi da lì se non ramificandosi, bilanciando i rami che cercano la luce con quelli che sono nel buio della terra>>.

Questo fenomeno è descritto dalla scienza proprio come "Fototropismo" che, prendendo in prestito le parole del grande matematico, filosofo e scienziato Charles Sanders Peirce, si può poeticamente riassumere come <<un ultimo slancio del legno, come materia viva, slancio cui corrisponde l'uomo con il suo fototropismo verso la verità>>, un istinto innato dunque, che coinvolge anche la natura umana.

Quattro sono le giovani voci di spicco del panorama letterario che sono state invitate dalla curatrice Elena Dal Molin a raccontare le opere di Mattia Bosco: Benedetta Tobagi, giornalista, scrittrice e membro del CdA Rai, Orazio Labbate, autore di Lo Scuru, candidato al Premio Campiello 2015, Maurizio Torchio, autore del romanzo Cattivi, e Alcide Pierantozzi, già autore di Uno in diviso, L'uomo e il suo amore e, prossimamente, in uscita con Tutte le strade portano a noi.

Insieme a loro, l'ormai preziosa e amichevole presenza del critico Luigi Meneghelli che, anche in quest'occasione, porterà un proprio contributo alla lettura delle opere di Bosco.

L'evento espositivo sarà inoltre occasione per presentare un progetto di intervento permanente, pensato ad hoc per la struttura della sede di Atipografia,  per cui l'artista ha scelto di utilizzare un altro pregiatissimo elemento naturale: il marmo. Questa pietra andrà, infatti, a modificare l'ampia terrazza della sede di Atipografia attraverso un lavoro di work in progress che si svilupperà durante tutto il periodo della mostra e oltre, per il quale l'Associazione sta attualmente raccogliendo fondi.

Se per Brancusi "la scultura è acqua", per Mattia Bosco il gesto compiuto dall'artista che lavora la materia assume anche una fondamentale e imprescindibile componente temporale.

La pietra, che conserva su di sé il passaggio di ogni singolo istante, si rivela agli occhi dell'artista come "tempo allo stato solido", un libro dalle pagine sedimentate.
Secondo l'artista la scultura diventa dunque <<un modo di affrontare questa chiusura, di dissigillare il mondo, di scalfire la sua carne, di tentare una riscrittura là dove non possiamo leggere. Si scrive per cercare di leggere, di decifrare>>.

Ed ecco che il tempo dell'uomo scultore si sovrascrive a quello della pietra, che lo accoglie, conservando però intatta dentro di sé la memoria storica del mondo: <<Il tempo passato, il tempo presente, il tempo futuro: la pietra, l'uomo, il robot. Questi sono gli scalpelli che uso>>.

L'opera proposta da Bosco, dunque, vuole proprio insistere su questo paragone tra gesto dello scultore e movimento dell'acqua che lambisce la pietra: come quest'ultima imprime ad essa la sua forma eterna, mantenendo così la propria presenza anche quando sarà completamente evaporata, così il segno di ciò che ha lavorato, come l'acqua, sarà sempre visibile, anche in assenza di chi l'ha compiuto.

L'artista milanese, inoltre, sarà prossimamente protagonista di un grande appuntamento di rilievo che lo vedrà impegnato a Basilea, al Museo Tinguely, in occasione di Art Basel, per un progetto a quattro mani con Aaron Mirza, vincitore del Leone d'Argento alla 54. Biennale di Venezia.

BIOGRAFIA ARTISTA:

Nato nel 1976 a Milano in una famiglia di pittori, Mattia Bosco arriva alla Scultura in seguito a un corso di studi in Filosofia.
Nella sua pratica scultorea parte da una considerazione della materia come già portatrice di forme e di possibilità. La forma diventa un'occasione di ripensare le potenzialità di un materiale, sia che si ponga in continuità o in contrasto rispetto ad esso. Allo stesso modo la scultura è occasione per ripensare il nostro rapporto con le cose e con la nostra corporeità stessa.

Solo shows

2013
- Limewharf, Vyner Street, London e2 9dj
- Triennale Design Museum, Milano

2012
- "New Sculptures" - Galleria Federico Luger, Milano

2008
- "L'albero della vita eterna" - Art Box, Milano
- "Il tempio è di chi lo abita" – Crocifissione - Museo Diocesano, Milano

2007
- "Il tempio è di chi lo abita" – Crocifissione - Chiesa di S. Stefano, Milano
- "Le vene del mondo" - Via Dante-Largo Cairoli, Milano; Campo S. Stefano, Venezia
Entrata dei giardini dell'arsenale, Venezia

Group shows

2014
- Database 2014, Museo del Marmo, Carrara
- 15° Premio Cairo, Museo della Permanente, Milano
- "The inner outside (bivouacs)"  - Nuovo spazio di Casso – Dolomiti Contemporanee, Casso
- "Il collasso dell'entropia" - Museo d'arte contemporanea di Lissone, Lissone

2012
- Liberi tutti!, Cantieri Culturali ex Macelli, Prato

2011
- RUN N°3, Galleria Room, Milano

2010
- "Quali cose siamo", Triennale Design Museum, Milano

2009
- "Anzitempo" - 2134 NW Miami Court, Wynwood Arts Disrtict, Miami FL
- "Sculture nella città"- Società per le Belle Arti ed esposizione Permanente, Milano

2007
- "Lincanto dell'illusione"- Giardino Argelati 47, Milano

2005
- "Art of Italian Design- Megaron Plus Museum,  Athens

Awards

2012- Premio Fondazione Henraux- secondo classificato ex aequo.
2007- "La Musa Agreste"- primo premio.


INFORMAZIONI UTILI

Inaugurazione: sabato 21 marzo, ore 18.30 - 22.00

MATTIA BOSCO | Fiori violenti: fototropismo verso la forma

Atipografia Associazione Culturale
Arzignano (VI)
Piazza Campo Marzio, 26

Mostra temporanea: dal 21/03 al 23/05

Orari di apertura: da mercoledì a domenica - dalle 15 alle 20
lunedì e martedì su appuntamento. Ingresso con tessera associativa con validità annuale al costo 5 euro.

Con il patrocinio di: Comune di Arzignano


Info e contatti:
facebook: Atipografia

ULTIMI GIORNI > ESCHER > APERTURA STRAORDINARIA FINO A MEZZANOTTE > fino a domenica 22 febbraio, Chiostro del Bramante, Roma

Visitata da oltre 200.000 persone e con più di 1500 gruppi prenotati, la mostra "Escher" entra nell'ultima settimana di apertura.

Fino a domenica 22 febbraio
la mostra prolunga eccezionalmente gli orari e sarà visitabile tutti i giorni fino a mezzanotte
(ultimo ingresso ore 23.00)

Escher
a cura di Marco Bussagli
fino al 22 febbraio 2015
Chiostro del Bramante, Roma

Maurits Cornelis Escher, Mano con sfera riflettente, 1935, litografia, 31x21,3 cm – M.C. Escher Foundation,  All M.C. Escher works © 2014 The M.C. Escher Company. All rights reserved www.mcescher.com 

Ultimissimi giorni della mostra "Escher" che da lunedì 16 a domenica 22 febbraio prolunga gli orari di apertura permettendo al pubblico di visitare la mostra fino alle ore 24.00 (ultimo ingresso ore 23.00)

Con oltre 200.000 visitatori e con più di 1500 gruppi prenotati, la mostra dedicata al genio olandese conferma il suo grande successo e si appresta ad approdare a Bologna, nelle sale di Palazzo Albergati, dal 12 Marzo al 19 Luglio 2015.

Con oltre 150 opere, tra cui i suoi capolavori più noti come Mano con sfera riflettente (M.C. Escher Foundation), Giorno e notte (Collezione Giudiceandrea), Atro mondo II (Collezione Giudiceandrea), Casa di scale (relatività) (Collezione Giudiceandrea) al Chiostro del Bramante, sarà possibile ancora per l'ultima settimana visitare la grande mostra antologica interamente dedicata all'artista, incisore e grafico olandese, che ne contestualizza il linguaggio artistico e racconta l'annodarsi di universi culturali apparentemente inconciliabili i quali, grazie alla sua arte e alla sua spinta creativa, si armonizzano, invece, in una dimensione visiva decisamente unica.
Prodotta da DART Chiostro del Bramante e Arthemisia Group e, in collaborazione con la Fondazione Escher, grazie ai prestiti provenienti dalla Collezione Federico Giudiceandrea, curata da Marco Bussagli, con il patrocinio di Roma Capitale, la mostra Escher vuole sottolineare l'attitudine di questo intellettuale - perché il termine artista, nell'accezione con cui siamo abituati ad usarlo, pare in parte inadeguato - a osservare la natura in un altro modo, con un punto di vista diverso, tale da far emergere in filigrana quella bellezza della regolarità geometrica che talora diviene magia e gioco.

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