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Made in Slums - Mathare Nairobi
26 settembre – 8 dicembre 2013
Triennale Design Museum, CreativeSet
Dopo le mostre dedicate a Cina, Corea e India, Triennale Design Museum con Made in Slums continua a indagare e a esplorare i territori più inattesi del nuovo design internazionale.
Questa volta i fari del CreativeSet sono puntati su una piccola realtà locale – lo slum di Mathare, a Nairobi, individuato come paradigma della capacità di una comunità di dotarsi di propri strumenti funzionali e simbolici, realizzati in un originale processo di autoproduzione a partire da pochi materiali presenti nel territorio.
La mostra - curata da Fulvio Irace - nasce prima di tutto dal lavoro svolto sul campo dall'ONG Liveinslums, impegnata da due anni in un progetto di cooperazione allo sviluppo che ha incoraggiato la costruzione di una scuola di strada e l'avviamento di un progetto agricolo comunitario nello slum di Mathare.
Mathare è un agglomerato urbano situato a circa 5 km dal centro di Nairobi in Kenya. Con una popolazione di circa 500.000 abitanti è, per ordine di grandezza, la seconda baraccopoli d Nairobi: forse la più antica, certamente quella con peggiori condizioni di vita. È una ex cava che si estende per un'area di circa 3km per 1,5km, in cui i residenti hanno sviluppato una strategia informale ma efficace di economia su piccola scala che si svolge per lo più in precarie case -bottega e in luoghi malsani.
"Come nell'isola di Robinson Crusoe – scrive Fulvio Irace – lungo le frontiere di una spiaggia virtuale che circonda il cuore dello slum, la marea deposita ogni giorno gli scarti della capitale: pezzi di legno, insegne pubblicitarie, tavole e lamiere e soprattutto bidoni, l'elemento base di un progetto di riciclo minuzioso ed efficace.
In simili condizioni, dunque, l'ingegnosità della comunità supplisce alle gravi carenze del territorio, e risponde ai propri bisogni recuperando e trasformando materia di scarto in oggetti a elevato gradiente estetico".
Come afferma Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum: "Senza avere la pretesa di attribuire a questa piccola esperienza locale un valore simbolico eccessivo, è tuttavia evidente che le pratiche creative messe in atto a Mathare trascendono l'orizzonte puramente locale e assumono un senso e un valore più generale".
L'associazione ha coinvolto nel progetto il giovane designer italiano Francesco Faccin, proponendogli di realizzare arredi e attrezzature della scuola utilizzando materiali e mano d'opera del luogo. Dall'osservazione dell'ambiente Faccin ha sviluppato l'intuizione di trovarsi di fronte a un sistematico e straordinario catalogo di oggetti realizzati artigianalmente ma pensati in una logica di produzione di piccola serie: coltelli, scarpe in gomma, pentole, un carretto per la vendita di cibi da strada, ecc, che costituiscono il nucleo della mostra al Triennale Design Museum.
Per narrare la storia di questi oggetti i fotografi Francesco Giusti e Filippo Romano hanno realizzato un reportage fotografico che restituisce la complessità del contesto e i volti dei protagonisti. La sezione video in mostra, di Silvia Orazi e Fabio Petronilli, è dedicata al tema delle auto-produzioni e ai mestieri informali presenti nello slum.
Made in Slums - Mathare Nairobi
26 settembre – 8 dicembre 2013
Triennale Design Museum, CreativeSet
A cura di Fulvio Irace
Ideazione e Coordinamento Generale
Liveinslums NGO (Silvia Orazi – Gaetano Berni – Maria Luisa Daglia)
Ricerca e Selezione Oggetti Francesco Faccin
Foto di Francesco Giusti – Filippo Romano – Post Produzione immagini oggetti Pedro Almeida
Progetto di allestimento Luca Astorri – Maria Luisa Daglia – Francesco Segre Reinach
Progetto Grafico Paolo Giacomazzi – Claude Marzotto
Realizzazione Bollate Lab
Video Silvia Orazi – Fabio Petronilli
Catalogo Corraini Edizioni
Triennale Design Museum
© Galleria Giuseppe Pero - Via Porro Lambertenghi 3 - 20159 Milano - Italia - info@giuseppepero.it
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Ludovica Gioscia
Vermilion Glow Bleeds Rust
Preview 25 Settembre 2013 h. 18.30
26 Settembre – 31 Ottobre 2013
L'artista sarà presente alla preview
La Galleria Riccardo Crespi presenta Vermilion Glow Bleeds Rust, mostra personale dell'artista italiana Ludovica Gioscia.
Il riferimento linguistico riecheggia i nomi altisonanti ed iperbolici ma spesso completamente privi di logica di alcune categorie di beni di consumo, in particolare i cosmetici: l'artista infatti colleziona ossessivamente da molti anni materiali collegati ai fenomeni che intende indagare, dalla subcultura dei Paninari alla pubblicità, dalle carte da parati alle riviste.
Gli interessi principali di Ludovica Gioscia sono i meccanismi di vendita e l'antropologia sociale: le opere che ne risultano sono ibridi all'interno di un'estetica d'intrattenimento di massa. Fortemente legata ad un'idea barocca, la sua pratica esplora l'edonismo attraverso la Storia e mostra le nostre dinamiche dalla compulsione per la distruzione, che permette al ciclo del consumo di esistere, alla pornificazione dei media, in cui è sempre più presente un'estetica ai confini con la scatologia.
Fulcro dello spazio inferiore della galleria è il nuovo "campscape" Description de l'Egypte, che prende il titolo da un'omonima raccolta di litografie compilata da artisti e studiosi inviati da Napoleone a documentare scientificamente l'antico e il moderno Egitto tra il 1798 e il 1801 e trae ulteriore spunto dalle novelle di JG Ballard, in particolare Hello America del 1981, in cui l'autore descrive il panorama di un'America desolata con banche e shopping malls sommersi da sabbia di ruggine, creata dalla polverizzazione di decenni di macchine abbandonate.
Quella che Ludovica Gioscia propone è una nuova archeologia: il campscape è infatti una particolare tipologia di lavoro che si ispira ai complessi allestimenti di presentazione dei prodotti nei centri commerciali. In questa nuova opera, l'artista utilizza come supporto tavoli usati da anni nel suo studio e che hanno accumulato anni di stampe, tagli, buchi, cui ha aggiunto altri oggetti provenienti da ulteriori archivi di packaging, un vero e proprio paesaggio archeologico in cui prodotti attuali vengono nascosti per essere riscoperti da futuri scienziati.
Sempre più presente nel lavoro della Gioscia il bisogno di rapportare il corpo umano all'universo degli scarti, qui l'atto del consumo è inscindibile dalla dinamica dell'ingerire – digerire – espellere. A tal proposito, come il corpo si serve di organi, l'artista ha costruito strutture e dispositivi che permettano alle sue opere di esercitare le medesime dinamiche.
Completa la mostra una sorta di campionario di carte da parati ideate e realizzate interamente dall'artista secondo una procedura che le è ormai connotante, in cui la Gioscia ricerca e "digerisce", semplificando e ripetendo, immagini complesse, rendendole quasi un logo improntato al marketing.
L'operazione ha ancora una volta un riferimento archeologico, benché si tratti qui di archeologia industriale: i centri di produzione artigianale intorno alla zona di Calasetta in Sardegna, futura meta di residenza dell'artista presso la Fondazione MACC.
Ludovica Gioscia, nata a Roma nel 1977, vive e lavora a Londra.
Alcune mostre: 2013 Liquid Sky Fits Heaven, House of Peroni, London; I killed my father…., Allegra LaViola Gallery, New York, a cura di Invisible-Exports 2012, Forecasting Ouroboros, MACRO, Roma; Cast Contemporaries, Edinburgh College of Art, Edinburgo, a cura di Chris Dorsett e Margaret Stewart (parte del festival di Edinburgo); Preposterous, La Scatola Gallery, London; Product Placement, Angus-Hughes Gallery, London, curated by Mark Selby; Dreaming Beauties, Galleria Riccardo Crespi, Milano; Material, Salon 94, New York, a cura di Duro Olowu; 2011 Two Peacocks, Gallery North, Newcastle; Never Talk to Strangers, Edel Assanti, London, a cura di Charlotte Artus; Apocalypstick, The Nunnery Gallery, London; The Shape of Things, Ferrate Gallery, Tel-Aviv 2010 Paninaro, The Agency, Londra; Wild Boys, Vitrine Gallery, Londra; Going International, Flag Art Foundation, New York; Carte Blanche, Analix Forever, Ginevra, a cura di Michele Robecchi; Murals, Fundació Miró, Barcelona, a cura di Martina Millà; Playboy Bunny Redux, The Andy Warhol Museum, Pittsburgh, a cura di Eric C. Shiner, Aaron Baker and Ned West 2009 Papered Portraits, The Andy Warhol Museum, Pittsburgh; Tiger Economy, Sara Tecchia Roma New York & The Agency, New York e Londra; 2008 The Krautcho Klub,176 London, curated by 176/Zabludowicz collection and Anna-Catharina Gebbers;The Agency, Londra; Wanderlust, Srinakharinwirot University, Bangkok, Il Rimedio Perfetto, Galleria Riccardo Crespi, Milano, a cura di Marco Tagliafierro;2007 The Weasel, South London Gallery, curated by Kit Hammonds; Yourlineismakingmesowetiloveit, Sara Tecchia Roma New York, New York; Sequence & Repetition, Jerwood Space, London 2006 Are you experienced?, FuoriUso 06 – Ex Mercato Ortofrutticolo, Pescara / WAX, Budapest / MNAC, Bucharest. Mostra itinerante a cura di Paolo Falcone e Nicolas Bourriaud.
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